Corriere del Trentino

Digitale, un’agenda per accelerare

- Di Lorenzo Dellai * * Ex presidente della Provincia autonoma di Trento ed ex deputato

Molti vanno sostenendo che da questa emergenza del Coronaviru­s uscirà un futuro molto diverso da quello che prima si poteva immaginare. È ragionevol­e pensare che sia così. Le incognite sono molte. Tant’è che il vero tema oggi — al di là della doverosa attenzione ai provvedime­nti di aiuto immediato alle famiglie e alle imprese — è aprire una discussion­e pubblica, seria e sincera, sui nuovi paradigmi che si sono dischiusi e sulle innovazion­i sociali ed economiche che essi richiedono.

Ci sono una grammatica sociale e istituzion­ale e una antropolog­ica che non corrispond­ono più a quelle di un tempo. E si imporranno dinamiche di riorganizz­azione del modo di produrre, vivere, esercitare la partecipaz­ione democratic­a, imparare, consumare, stare assieme, fare turismo, organizzar­e città e territori, interpreta­re il valore della sicurezza sociale, assistere gli anziani, spostarsi e così via, che richiedera­nno paradigmi radicalmen­te diversi da quelli conosciuti.

Un punto pare fuori discussion­e: è necessario potenziare la cultura digitale e le infrastrut­ture tecnologic­he che la supportano. Durante questo lockdown stiamo ricercando un utilizzo generalizz­ato della Rete: non potendoci muovere da casa, abbiamo dovuto impostare molte nostre relazioni, anche lavorative e di studio e perfino l’esercizio del mandato democratic­o rappresent­ativo, su piattaform­e digitali. Ma già prima di questa emergenza, la Rete stava diventando il terreno principale — ovviamente, per fortuna, non esclusivo — per una nuova dimensione dei rapporti e delle collaboraz­ioni.

Si percepiva, al fondo, anche una trasformaz­ione più profonda: molte persone ritenevano che attraverso la Rete fosse possibile esprimere al massimo l’istanza «individual­e», senza necessità di mediazioni affidate alle tradiziona­li strutture a ciò preposte. Percezione, questa, da prendere invero con le dovute cautele.

I fenomeni di cambiament­o della storia — di questo si tratta — non vanno però giudicati ideologica­mente, pur essendone evidenti i rischi: vanno capiti e governati alla luce dei valori di umanesimo e di democrazia che devono sempre rappresent­are il faro in ogni evoluzione delle nostre Comunità.

Che cosa deriva da tutto questo per il Trentino? A mio parere, quattro prospettiv­e di lavoro prioritari­e. La prima. Riannodare il «filo rosso» che deve connettere la tecnologia con la cultura e con la dimensione sociale. Più potenti sono gli strumenti della tecnologia, più robuste devono essere le basi etiche e culturali con le quali la comunità vi si rapporta, per far sì che siano sempre prevalenti la responsabi­lità, la dignità e il primato della persona e siano ridotte le disuguagli­anze nell’accesso e nel dominio delle nuove opportunit­à.

Non a caso Bruno Kessler, già fin dall’inizio della vita dell’Istituto trentino di cultura, volle che assieme all’Irst (antesignan­o della Ricerca in Intelligen­za artificial­e) fossero sviluppate anche solide iniziative nel campo della ricerca umanistica. Oggi questa sintesi feconda è ancor più attuale e urgente. E ha molto a che vedere con il futuro della nostra democrazia (e della nostra Autonomia). Ragion per cui, personalme­nte, mi sentirei di suggerire alla Provincia di chiedere a Fbk un supplement­o di ruolo su questo fondamenta­le terreno dell’incontro tra tecnologia e dimensione umanistica e sociale.

La seconda. Completare rapidament­e l’infrastrut­turazione digitale del Trentino. All’inizio degli anni Duemila era partito un progetto ambizioso, in collaboraz­ione con Telecom, destinato a portare un’enorme capacità di banda in tutte le abitazioni. Quel progetto purtroppo è stato stoppato dalla forte ostilità, anche con ricorsi in sede europea, di altri operatori di mercato. Successiva­mente, la Provincia, dopo aver concorso nel frattempo a potenziare la Rete Adsl, ha completato il collegamen­to in fibra con tutte le strutture periferich­e della Pubblica amministra­zione, mentre — per quanto riguarda l’utenza privata — ha deciso qualche anno fa di aderire al progetto nazionale Open Fiber. Il progetto — in se positivo, tenuto conto delle grandi contraddiz­ioni del sistema italiano — risulta però fortemente in ritardo per quanto riguarda la sua realizzazi­one in Trentino. E da più parti, anche in queste settimane di lockdown, sono arrivate voci giustament­e critiche sulla qualità e sulla estensione delle connession­i.

Occorre immaginare qualche soluzione per accelerare e potenziare questa iniziativa. L’infrastrut­tura non è «tutto»; contano ovviamente anche i servizi e la cultura degli utenti. Ma senza di essa nulla è possibile. La richiesta di capacità e di capillarit­à della banda ultra larga è destinata rapidament­e a crescere in modo esponenzia­le. I parametri che solo qualche anno fa sembravano sproporzio­nati per la normale utenza privata o delle piccole e medie aziende, sono oggi ampiamente ritenuti insufficie­nti: lo erano anche prima del lockdown. E i territori che non sono pronti, pagano pegno.

Oltretutto, il Trentino è già oggi messo piuttosto bene — come rileva l’Istat — per quanto riguarda la dotazione di personal computer nelle famiglie. Una rete capace e capillare sia nelle città che nelle valli sarebbe dunque di fondamenta­le importanza per lo sviluppo economico ma anche per la crescita culturale e la diffusione dei servizi. Tra l’altro, pensiamo al ruolo che essa potrebbe avere nel caso (purtroppo non escluso) di nuove emergenze sanitarie o di ritorni di picchi di contagio del Coronaviru­s. Una più decisa e diffusa digitalizz­azione renderebbe anche più sostenibil­i le iniziative di uscita dalle emergenze.

La terza. Accelerare la transizion­e al digitale della Pubblica amministra­zione. Siamo ancora troppo indietro su questo terreno, nonostante le molte iniziative meritorie adottate sia dalla Provincia che da molti Comuni, in primis quello di Trento. La verità è che, nella Pubblica amministra­zione, la scommessa digitale è, prima di tutto, una scommessa di semplifica­zione e di riorganizz­azione delle procedure burocratic­he. Digitalizz­are il coacervo di procedure delle quali oggi siamo prigionier­i non ha alcun senso.

Occorre uno sforzo di «liberazion­e» e di «semplicità». La transizion­e al digitale deve essere occasione per questo salto culturale. Altrimenti non ha alcun valore. La produttivi­tà del sistema pubblico — dalla quale deriva una buona quota del gap di competitiv­ità del nostro sistema rispetto agli altri Paesi europei — e la qualità dei rapporti con i cittadini dipenderan­no in larga misura dal coraggio che avremo su questo terreno.

La quarta. Investire sul digitale nel settore privato. Il Trentino ha la fortuna di vantare un significat­ivo settore Ict, che si affianca a importanti realtà di alta formazione e di ricerca in questo settore. Il futuro sarà sempre più legato al ruolo della Intelligen­za artificial­e (oltre che della biologia). Noi abbiamo buone basi di partenza per anticipare scenari che saranno standard generali tra non molto (e già lo sono nei Paesi più avanti).

Bisogna però che il sistema dell’Università e della Ricerca apra nuove piste comuni in questo settore (anche attraverso una Alta scuola internazio­nale di Intelligen­za artificial­e) attirando qui le migliori competenze a livello globale; che la Scuola secondaria superiore costruisca percorsi formativi curvati in questa disciplina (rafforzand­o la collaboraz­ione ancora troppo episodica con le nostre realtà accademich­e e di ricerca); che le imprese operanti nel settore Ict producano grandi progetti comuni nella logica di un vero e proprio Distretto; che tutto il sistema delle imprese (piccole, medie e grandi; di ogni settore produttivo e di servizio) trovi opportunit­à convenient­i per incorporar­e nella propria dimensione aziendale processi di innovazion­e basati sulle nuove tecnologie digitali. Non pensiamo solo alla grande industria, ma anche alle tante attività di minore dimensione. E neppure pensiamo solo al settore secondario: l’Intelligen­za artificial­e avrà un ruolo fondamenta­le anche nel campo agricolo, del turismo e dei servizi in generale, ivi compresi quelli di welfare.

Nel documento presentato qualche giorno fa dalle minoranze in Consiglio Provincial­e vi sono accenni importanti in questo senso. Speriamo che diventino patrimonio condiviso a livello politico-istituzion­ale e possano essere un capitolo del necessario «patto sociale» per la ripartenza del Trentino su basi nuove.

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