Rifugi: il Trentino aspetta segnali, l’Alto Adige apre
I 33 presidi Sat e altri privati aspettano le scelte di Piazza Dante e Azienda sanitaria Maranza e Potzmauer tra le eccezioni
TRENTO La fase due si figura particolarmente difficile per il turismo, che si deve confrontare con norme differenti a seconda delle regioni, in un quadro economico complicato da decifrare. Per i rifugi le criticità sono ancora maggiori: sia per l’ubicazione e la tipologia delle strutture che per una serie di disposizioni sanitarie diverse a seconda dei singoli territori. Inoltre la definizione stessa di rifugio include sotto lo stesso nome attività all’apparenza simili ma eterogenee anche in ambito normativo e fiscale.
A prescindere da ristoranti che possono venire confusi per via del loro nome, ci sono rifugi escursionistici e rifugi alpini: tra i primi ci sono quelli facilmente raggiungibili con i mezzi o che hanno stanze ampie e con servizi. È il caso del Maranza di Trento, ai piedi della Marzola. Paolo Betti nello scorso fine settimana ha disposto un servizio di ristorazione take away molto apprezzato e da questo weekend aprirà. «Per me la primavera e l’autunno sono i periodi migliori, perché i rifugi in quota non hanno ancora aperto o hanno già chiuso dopo la stagione dello sci. Quest’anno purtroppo ci siamo giocati tutti i primi mesi, ma siamo pronti. Abbiamo stanze private con i servizi igienici e un distaccamento che è perfetto come bar. Poi chiaramente non posso fare il vigile urbano. Io raccomando di rispettare le disposizioni, ma mi devo per forza appellare al senso civico».
Tra le strutture trentine non di proprietà satina che hanno deciso di aprire a breve c’è anche il rifugio alpino Potzmauer di Grumes. «Dal 23 faremo i weekend e proseguiremo con l’apertura nei fine settimana sino all’inizio della stagione estiva — spiega il gestore Roberto Leonardi —. La disponibilità di posti letto scenderà da 24 a 10, ma noi siamo fortunati perché abbiamo anche due grandi e comode tende esterne. Anche i coperti caleranno da 72 a 16, ma ci siamo organizzati per un servizio di ristorazione self service: agli ospiti viene offerto un menù fisso — fornito su un vassoio biodegradabile — senza che nemmeno debbano entrare nel rifugio, e oltre ai tavoli abbiamo 6mila metri quadri di prato su cui potranno mangiare». Il nodo delle aree esterne è particolarmente delicato: essendo pertinenze del rifugio, il gestore è tenuto che anche all’aperto si rispettino le norme: l’utilizzo delle mascherine, il divieto di assembramenti, l’accesso corretto ai servizi igienici e la loro sanificazione. In caso contrario non rischia solo l’utente, ma anche il gestore va incontro a una sanzione: soprattutto per chi ha pertinenze molto estese sarà una difficoltà in più, in una stagione che molti affronteranno con personale ridotto.
Anche per questo motivo i gestori dei 33 rifugi Sat e altri privati attendono di vederci chiaro prima di aprire al pubblico. «Sono fiducioso che l’associazione rifugi e la Sat ci forniranno in tempo utile le linee guida necessarie per gestire la situazione — spiega Andrea Berteotti, del rifugio San Pietro —. È importante che ci siano dei protocolli adeguati ad affrontare un traffico di persone che in condizioni normali per alcuni rifugi può arrivare a qualche centinaio di persone».
La Sat però a sua volta è in attesa che la Provincia assuma in una delibera le linee guida proposte in concerto con l’Azienda sanitaria.
Garantire il presidio della montagna nel 2020 sarà ancora più importante considerando anche la minore disponibilità di strutture — per esempio quelle non gestite —, ma bisogna pure considerare che i gestori affronteranno una stagione particolarmente provante sotto l’aspetto finanziario. Al momento una revisione dei canoni d’affitto per i gestori non è in discussione, ma l’andamento del 2020 potrebbe rendere necessario contemplare anche questa soluzione per garantire la continuità di alcune attività.