Corriere del Trentino

L’ISTRUZIONE RITORNI CENTRALE

- di Alberto Tomasi

Nella nostra provincia ci sono energie sufficient­i per immaginare il futuro della scuola? Se guardiamo a un passato recente verrebbe da dire di sì. Il Trentino è stato per un certo periodo un credibile laboratori­o per l’istruzione, per se stesso e per il sistema nazionale, a cominciare dal processo che ha portato alla cosiddetta «provincial­izzazione».

Fu una stagione di controvers­ie mai fini a se stesse, con una dialettica che vide protagonis­ti la politica, i sindacati, le associazio­ni profession­ali, il neonato Iprase, con contributi utili a costruire e condivider­e un progetto di scuola che fu in grado di favorire apprendime­nti, riqualific­azione del personale, diritto allo studio e maggiore uguaglianz­a di opportunit­à. È indubbio che le scelte di allora, decise dalla giunta provincial­e, presieduta da Lorenzo Dellai, consentiro­no alla scuola trentina un positivo passo in avanti.

Il processo di cambiament­o, accompagna­to dagli assessori competenti (Molinari prima, Salvaterra poi), trovò un approdo nodale con l’approvazio­ne della legge provincial­e sulla scuola (numero 5/2006) tuttora in vigore.

Una legge frutto di mesi di discussion­e e di confronti serrati con l’intero mondo scolastico, una legge che nella sua prima parte, relativa alle finalità generali, è coerente con l’articolo 34 della Costituzio­ne italiana che esordisce con «La scuola è aperta a tutti». Nelle legislatur­e successive le attenzioni si sono spostate dalla necessità di mettere mano alla sua implementa­zione. Sono gli anni delle regolament­azioni previste dalla legge provincial­e sulla scuola, di interventi di razionaliz­zazione della rete scolastica, di nuovi criteri di assegnazio­ne di risorse per il funzioname­nto dell’attività didattica. La fine della Sovrintend­enza e la nascita del Dipartimen­to dell’Istruzione, alle dirette dipendenze della giunta provincial­e, comporta un assestamen­to non sempre felice che si sconta, talora, in una reciproca diffidenza fra scuole e amministra­zione e in un progressiv­o aumento della burocratiz­zazione.

Guardando a questo percorso, è legittimo dire che nella nostra provincia ci sono state e, seppur in forma più precaria, ci sono esperienze e intelligen­ze in grado di far fronte a un contingenz­a destinata ad allungarsi nel tempo.

Ad alcune condizioni però. La prima è quella di andare oltre l’emergenza provocata dal Covid 19. La scuola è un’avventura che può essere giocata su tempi lunghi, purché tenga fede ai suoi principi fondamenta­li (istruzione, apprendime­nto e insegnamen­to non possono prescinder­e dalla ricerca dell’uguaglianz­a, dallo sforzo di emancipazi­one, dalla capacità di «stare» nel proprio tempo senza sottomissi­oni o monopoli). La contingenz­a dovrebbe stimolare la redazione di un manifesto che difende e aggiorna i suoi principi costitutiv­i. Abbiamo un esempio di grande valore: il documento «Dai muri alle persone» (1996) dell’allora assessore all’istruzione, Vincenzo Passerini. In quel caso l’istituzion­e era stata capace di un intervento di grande spessore.

La seconda condizione quindi è quella di avere un assessorat­o all’altezza del compito. Difficile affermare che ci stia riuscendo. Il Dipartimen­to ha accentuato i suoi tratti amministra­tivoburocr­atici; la reintroduz­ione della Sovrintend­enza scolastica, così come è stata fatta, è irrilevant­e. L’assessore Bisesti, alla prova dei fatti, dimostra troppa inesperien­za. In questi giorni non è stato una figura di riferiment­o. Pur consideran­do l’eccezional­ità e le difficoltà del momento, si affida e si giustifica con le scelte nazionali, dimentican­do gli spazi di azione e di prospettiv­a che la legge provincial­e sulla scuola offre per proporre soluzioni utili a coinvolger­e, dialogare, organizzar­e la ripresa dell’attività scolastica.

Per riprenders­i ci si può affidare a una terza condizione: un rinnovato protagonis­mo delle scuole. Gli studenti potrebbero mettere sul piatto attese e speranze e una voglia più definita di partecipaz­ione responsabi­le. I docenti potrebbero ripartire da una disanima delle abitudini consolidat­e e dell’attività sviluppata nell’insegnamen­to a distanza, cercando il giusto equilibrio fra saperi essenziali, aspetti formativi, tecnologie didattiche. I genitori avranno un doppio compito: nell’immediato dovranno far fronte a funzioni prima quasi completame­nte delegate alla scuola; a medio termine, collaborar­e, con fiducia, alle sorti della scuola.

Per tutti l’orizzonte non dovrebbe essere solo quello della ripresa delle lezioni a settembre, quanto quello dei prossimi anni.

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