L’ISTRUZIONE RITORNI CENTRALE
Nella nostra provincia ci sono energie sufficienti per immaginare il futuro della scuola? Se guardiamo a un passato recente verrebbe da dire di sì. Il Trentino è stato per un certo periodo un credibile laboratorio per l’istruzione, per se stesso e per il sistema nazionale, a cominciare dal processo che ha portato alla cosiddetta «provincializzazione».
Fu una stagione di controversie mai fini a se stesse, con una dialettica che vide protagonisti la politica, i sindacati, le associazioni professionali, il neonato Iprase, con contributi utili a costruire e condividere un progetto di scuola che fu in grado di favorire apprendimenti, riqualificazione del personale, diritto allo studio e maggiore uguaglianza di opportunità. È indubbio che le scelte di allora, decise dalla giunta provinciale, presieduta da Lorenzo Dellai, consentirono alla scuola trentina un positivo passo in avanti.
Il processo di cambiamento, accompagnato dagli assessori competenti (Molinari prima, Salvaterra poi), trovò un approdo nodale con l’approvazione della legge provinciale sulla scuola (numero 5/2006) tuttora in vigore.
Una legge frutto di mesi di discussione e di confronti serrati con l’intero mondo scolastico, una legge che nella sua prima parte, relativa alle finalità generali, è coerente con l’articolo 34 della Costituzione italiana che esordisce con «La scuola è aperta a tutti». Nelle legislature successive le attenzioni si sono spostate dalla necessità di mettere mano alla sua implementazione. Sono gli anni delle regolamentazioni previste dalla legge provinciale sulla scuola, di interventi di razionalizzazione della rete scolastica, di nuovi criteri di assegnazione di risorse per il funzionamento dell’attività didattica. La fine della Sovrintendenza e la nascita del Dipartimento dell’Istruzione, alle dirette dipendenze della giunta provinciale, comporta un assestamento non sempre felice che si sconta, talora, in una reciproca diffidenza fra scuole e amministrazione e in un progressivo aumento della burocratizzazione.
Guardando a questo percorso, è legittimo dire che nella nostra provincia ci sono state e, seppur in forma più precaria, ci sono esperienze e intelligenze in grado di far fronte a un contingenza destinata ad allungarsi nel tempo.
Ad alcune condizioni però. La prima è quella di andare oltre l’emergenza provocata dal Covid 19. La scuola è un’avventura che può essere giocata su tempi lunghi, purché tenga fede ai suoi principi fondamentali (istruzione, apprendimento e insegnamento non possono prescindere dalla ricerca dell’uguaglianza, dallo sforzo di emancipazione, dalla capacità di «stare» nel proprio tempo senza sottomissioni o monopoli). La contingenza dovrebbe stimolare la redazione di un manifesto che difende e aggiorna i suoi principi costitutivi. Abbiamo un esempio di grande valore: il documento «Dai muri alle persone» (1996) dell’allora assessore all’istruzione, Vincenzo Passerini. In quel caso l’istituzione era stata capace di un intervento di grande spessore.
La seconda condizione quindi è quella di avere un assessorato all’altezza del compito. Difficile affermare che ci stia riuscendo. Il Dipartimento ha accentuato i suoi tratti amministrativoburocratici; la reintroduzione della Sovrintendenza scolastica, così come è stata fatta, è irrilevante. L’assessore Bisesti, alla prova dei fatti, dimostra troppa inesperienza. In questi giorni non è stato una figura di riferimento. Pur considerando l’eccezionalità e le difficoltà del momento, si affida e si giustifica con le scelte nazionali, dimenticando gli spazi di azione e di prospettiva che la legge provinciale sulla scuola offre per proporre soluzioni utili a coinvolgere, dialogare, organizzare la ripresa dell’attività scolastica.
Per riprendersi ci si può affidare a una terza condizione: un rinnovato protagonismo delle scuole. Gli studenti potrebbero mettere sul piatto attese e speranze e una voglia più definita di partecipazione responsabile. I docenti potrebbero ripartire da una disanima delle abitudini consolidate e dell’attività sviluppata nell’insegnamento a distanza, cercando il giusto equilibrio fra saperi essenziali, aspetti formativi, tecnologie didattiche. I genitori avranno un doppio compito: nell’immediato dovranno far fronte a funzioni prima quasi completamente delegate alla scuola; a medio termine, collaborare, con fiducia, alle sorti della scuola.
Per tutti l’orizzonte non dovrebbe essere solo quello della ripresa delle lezioni a settembre, quanto quello dei prossimi anni.