«Ho fatto spesa per le anziane, niente scrittura»
Scrivere mica riesce in quarantena: «Macché, per quello bisogna essere sereni, eppoi l’ispirazione non viene schioccando le dita...». Luca D’Andrea, 41 anni, bolzanino, è uno degli scrittori italiani più letti. Il suo noir «La sostanza del male» nel 2016 ebbe un successo internazionale. Eppure, D’Andrea non ha usato le parole come personale antivirus: «Il Covid ci ha riportato allo stato di natura, quello della sopravvivenza, non è il tempo degli scrittori questo, ma di chi fa lavori più essenziali».
Non se ne sarà stato con le mani in mano...
«Ho fatto la spesa per le vecchine del mio palazzo, credo sia la cosa più sensata che possa fare uno scrittore con una pandemia in corso».
Uno scrittore è anche un intellettuale. Può spiegare il nuovo tempo, non crede?
«Ho scritto un articolo per un’antologia che esce in Germania, Corona und Wir, ma solo perché il ricavato va alle librerie indipendenti. Credo che sia ancora presto per capire le conseguenze sociali del virus».
L’arte e la cultura trarranno ispirazione come nel dopoguerra?
«Sì ma in modo obliquo, indiretto. Questi grandi eventi non ispirano storie legate agli eventi medesimi, ma influenzano gli artisti e gli scrittori che poi produrranno altro. Nel dopoguerra uscirono capolavori non tanto sulla guerra ma sul dopo. Ma non basta l’ispirazione».
Cioè?
«Tutto ciò che è arte si muove nel mercato e in questo momento storico il mercato è a zero, fermo».
C’è qualcosa che l’ha colpita in questi mesi nelle persone?
«Il virus ci ha reso più fragili psicologicamente. Tanti mostrano la paura insana che ti rende cieco, che ti fa credere ai complotti, alle fake news, ai governatori sceriffi. Queste persone sono state colpite dal virus del linguaggio manipolatorio dei social».
La cattiva informazione...
«Il linguaggio è il virus più potente che esista. Oggi, per un’informazione corretta, più che mai diventa indispensabile il lavoro del giornalista locale».