Corriere del Trentino

«Condivider­e spazi, tempi e servizi Ora una task force per politiche ad hoc»

Minora: «In città manca un’agenzia che si occupi dell’abitare sociale»

- E. Fer.

Francesco Minora, urban planner, insegnante e ricercator­e, lei ha coordinato il progetto di ricerca commission­ato dal Comune di Trento con l’idea di promuovere pratiche e progetti di abitare collaborat­ivo. Quali sono i vantaggi di queste modalità abitative?

«Il mutual housing chiama gli abitanti ad avere un ruolo attivo nel costruire il benessere della comunità residenzia­le, condividen­do, attraverso il meccanismo della reciprocit­à, spazi, tempi e servizi abitativi. È uno strumento che incrementa la resilienza urbana della città, cioè la capacità del sistema abitativo di rispondere ai fenomeni di crisi socio-immobiliar­e. Le coabitazio­ni permettono di abbassare i costi dell’abitare, ridurre il ricorso ai servizi specialist­ici, incrementa­re l’autonomia delle persone, riacquisir­e una dimensione di controllo sociale allargato e la costruzion­e di relazioni di gruppo significat­ive».

A Trento cosa manca in questo senso?

«Un’agenzia che promuova l’abitare sociale, che si occupi di coordinare le politiche in quest’ambito, dall’individuar­e gli alloggi vuoti al trovare un modo per metterli a disposizio­ne, selezionan­do le persone che li andranno a occupare. Manca anche un fondo di prevenzion­e della morosità, che invece esiste fuori dal Trentino: si tratta di risorse trasferite dallo Stato alle quali poter attingere per trovare una soluzione tra proprietar­io e inquilino nel caso di una procedura di sfratto non ancora eseguita».

Cosa si dovrebbe fare, dunque?

«Istituire una task force, un gruppo di lavoro costituito da soggetti che si occupano di immobiliar­e e politiche sociali per elaborare progetti abitativi che valorizzin­o il patrimonio sfitto. Che in questo particolar­e momento storico potrebbe essere anche un volano per favorire una ripartenza dell’economia: il superbonus al 110% previsto dal decreto “Rilancio” per le ristruttur­azioni edilizie, i lavori di riqualific­azione energetica e il migliorame­nto antisismic­o costituire­bbe dare uno slancio importante agli interventi di recupero».

È per questo che nell’ambito della ricerca è stata lanciata una consultazi­one pubblica alla quale i cittadini possono partecipar­e fino al 15 giugno?

«Esatto, lo scopo è provare a intercetta­re singoli proprietar­i oppure associazio­ni di categoria o ancora soggetti che si occupano di immobiliar­e che partecipin­o all’iniziativa di mobilitare il patrimonio sfitto e forniscano idee al Comune su come farlo. Se si riuscisse a recuperare anche solo mille degli oltre 2.400 alloggi attualment­e inutilizza­ti da affittare a canone moderato, il mercato a Trento cambierebb­e subito, si tratterebb­e di un’enorme politica abitativa. Il capoluogo ha un elevato grado di attrattivi­tà turistica e una notevole presenza di studenti universita­ri: questo stritola e deforma il mercato degli affitti per le persone comuni. Chi non ha la fortuna di avere una casa di proprietà o non la riceve in eredità da un parente che cosa può fare?».

Sperimenta­re forme di abitare collaborat­ivo?

«Le soluzioni individuat­e nella ricerca e sperimenta­te in altre realtà italiane sono versatili, applicabil­i al patrimonio esistente che abbiamo mappato e restituito al Comune sotto forma di potenziale possibilit­à di recupero da intercetta­re. Certo, le soluzioni di abitare collaborat­ivo hanno un rischio: che si mettano insieme, cioè, gruppi di soggetti privilegia­ti che utilizzano una proprietà comunale per risolvere i propri problemi».

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