I viandanti di Anvidalfarei, sculture della sofferenza
Al Castello di Pergine in mostra le opere dell’artista Anvidalfarei
Corpi nudi raggomitolati, incisi da cicatrici, a volte rannicchiati in posizione fetale. Quando invece le membra sembrano allungarsi, il richiamo alla croce diventa insistente, o è una rassegnata disperazione a farsi quasi palpabile.
Nulla è piano, disteso, rilassato. La sofferenza è nelle grandi mani che provano ad aprirsi, negli occhi sfuggenti ai nostri sguardi, nelle bocche spalancate, nelle teste che, spesso abbandonate in posizioni innaturali, trasmettono un’ineludibile sensazione di pesantezza, cariche della spossatezza di un faticoso errare.
L’umano appare moltiplicato dall’essenzialità di forme ed espressioni e sovente è quanto manca - sono assenza, immobilità, silenzio a raccontare la condizione di disagio, a volte persino di estraneità, di donne e uomini nel loro transito terreno.
Trasmettono questa forte carica espressiva gli enigmatici «Viandanti» dell’artista ladino Lois Anvidalfarei , un percorso espositivo di ventotto sculture in bronzo che si dipana nel parco e negli interni del Castello di Pergine Valsugana. Un progetto organizzato dalla Fondazione CastelPergine Onlus, che sarà inaugurato sabato 27 alle 18 nell’area spettacoli del castello stesso, con l’accompagnamento del concerto dei Bellanöva.
All’apertura, oltre ai rappresentanti della Fondazione, insieme all’artista interverranno il curatore Alessandro Fontanari e la traduttrice Traudi De Concini. Durante la giornata sono previste due visite guidate speciali alla mostra con la presenza di Anvidalfarei (alle 10 e alle 15.30, prezzi di ingresso e info sul sito fondazionecastelpergine.eu teatrodipergine.it).
È possibile comunque sin da ora vedere la mostra con visite guidate ogni venerdì alle 18 e ogni sabato alle 16 (prenotazione obbligatoria su info@fondazionecastelpergine.eu).
«Siamo viandanti nudi nel mondo, siamo ciò che i nostri antenati sono stati, siamo ciò che ci circonda, siamo la nostra terra, le nostre tradizioni, le nostre esperienze. L’importante è rendersene conto e capire, che possiamo essere liberi, liberi di continuare ad esplorare», osserva a proposito dei suoi «Viandanti» Anvidalfarei, nato nel 1962 a Badia (Alto Adige), dove tuttora vive e lavora. Dopo gli studi, svolti tra Ortisei e Vienna, ha all’attivo quasi una trentina di mostre personali, la prima nel 1998 a Bressanone e poi in diverse città italiane - tra cui Udine, Padova, Roma - ed estere quali Vienna Innsbruck, Bruxelles.
«Tutte le opere di Lois Anvidalfarei sono il risultato di una ricerca radicale sulla corporeità umana, sono solo ed esclusivamente figure nude e potenti che portano il peso di una fisicità tormentata, sconvolgenti proprio per il loro eccesso di umanità», osserva il curatore Fontanari.
Ogni scultura è il risultato di molti mesi di lavoro, in cui l’artista prima plasma col gesso la figura umana, che poi viene fusa nel bronzo.
Fino al 2 novembre, al Castello di Pergine, il visitatore potrà partecipare a un «incontro itinerante che unisce la visione alla meditazione: camminare tra le creazioni di Anvidalfarei, divenire un viandante tra i viandanti dell’artista e rispecchiarsi in essi. Le sue sculture, marcatamente più alte dell’uomo medio, sono luoghi potenti e simbolicamente significativi», aggiunge il curatore.
Superata la Porta Torre, inizia il dialogo tra l’arte di Anvidalfarei e il castello, con la sua storia ed architettura. Entrati nel grande parco tra la cortina muraria inferiore e quella superiore - del XIV-XV secolo la prima, duecentesca la seconda - in posizione panoramica sopra un piccolo promontorio roccioso appare David, «dal corpo pieno e arrotondato, sospeso da terra e disteso in orizzontale», mentre Mediterraneo, la gigantesca testa appoggiata sul prato davanti alla Torre della Madonna, dà il la al viaggio nella condizione umana.
Proprio Conditio humana è il titolo della più imponente installazione presente in mostra, «un gruppo di cinque corpi ficcati in una fitta impalcatura di tubi di ferro articolabili, assemblati in una grande gabbia che imprigiona le sculture. L’effetto è una messa in mostra di teatrale drammaticità: un palcoscenico innalzato a patibolo», spiega Fontanari.
L’esposizione continua con Senza Dogma, una figura femminile rivolta verso l’alto con le braccia aperte e la testa penzolante, e con i corpi appesi di Ecce homo, che evocano la teatralità di una Via Crucis.
A lato dell’ingresso principale del Palazzo Baronale il visitatore è accolto dalla ieratica figura di Johannis, mentre all’interno ci sono altre opere d’impatto quali Caro, Ita est, Accovacciato e Ipsum.
Siamo ciò che i nostri antenati sono stati, siamo le nostre tradizioni