Agitu, una sfida tra cibo e cultura
In piazza Venezia un nuovo locale. L’allevatrice: «Prodotti bio e antirazzismo»
L’ultima sfida dell’allevatrice Agitu Ideo Gudeta è in piazza Venezia 12, a Trento: un locale di 110 metri quadrati per vendere i prodotti locali, ma anche per fare cultura. «La capra felice» versione cittadina proporrà in particolare formaggi di capra, ortaggi, uova (tutti bio) e prodotti di cosmesi. In fondo un sofà verde per gli eventi culturali e una libreria. «Chi vuole può semplicemente entrare e mettersi a leggere» sottolinea Agitu.
TRENTO Uno spazio aperto, di commercio e filiere locali, di sperimentazioni e antiche usanze dove «fermarsi anche solo per leggere un libro e confrontarsi». Uno spazio transculturale in cui le trame delle tradizioni vengono rielaborate e intrecciate per generare nuove culture. Uno spazio di educazione alla differenza che, ancora di più in questa contingenza storica, ha il senso di fluidificare il pregiudizio e di costruire comunità dissimili e uguali. L’ultima sfida di Agitu Ideo Gudeta, allevatrice e imprenditrice è in piazza Venezia 12, a Trento. Un locale di 110 metri quadrati dove attenuare il suo nomadismo, tra le amate capre pezzate mochene e quelle camosciate delle alpi (180 esemplari), i mercati contadini e le consegne a domicilio che «con il Covid sono diventate e restano il 50% dell’attività dal momento che molti clienti sono anziani». «Volevo creare un punto di vendita diretto che fosse facilmente raggiungibile, un servizio aggiuntivo e legato alla città — spiega Agitu — Ma nello stesso tempo ero interessata ad allestire un punto d’incontro dove presentare libri, ospitare concertini, promuovere incontri culturali che abbiano come sfondo tematiche sociali. E con un’attenzione anche al territorio e ai suoi prodotti attraverso degustazioni».
Da giovedì scorso «La capra felice» versione cittadina è aperta (lunedì-sabato, dalle 9 alle 19) con i formaggi di capra, gli ortaggi, le uova (tutti bio) e i prodotti di cosmesi «ricavati dalla ricetta di mia nonna e della tradizione nomade etiope che utilizza la panna del latte di capra e il burro di karité per idratare la pelle esposta al sole», ma anche pasta, miele e altri presidi alimentari del territorio. In fondo un sofà verde per gli eventi culturali e una libreria che ha iniziato a riempirsi di volumi. «Chi vuole può semplicemente entrare e mettersi a leggere» si allarga nel suo sorriso speciale Agitu.
Nata e cresciuta ad Addis Abeba («Ho frequentato medie e superiori ai tempi del regime comunista di Menghistu, studiavamo Lenin e Marx») Agitu è approdata a Trento per iscriversi alla facoltà di Sociologia («I trentini non hanno idea della sua fama») e si è laureata con una tesi sulle economie in via di sviluppo per poi riprendere la strada dell’Africa. Mille progetti, tra cui «uno con i pastori nomadi della tribù Boran che si spostano con le capre e i cammelli, usati per il trasporto delle capanne. Lì ho scoperto questo animale molto interessante, la capra, sia dal punto di vista della sostenibilità dell’allevamento che della relazione con l’uomo. Il loro latte è prezioso dal punto di vista nutrizionale, insomma me ne sono innamorata e nel 2010 sono tornata in Trentino con l’obiettivo di investirci. La capra pezzata mochena era una caratteristica del territorio, si adatta bene al pascolo. E la Provincia aveva un progetto di recupero perché era in via di estinzione».
Dopo la valle di Gresta e Vallarsa, Agitu si è stabilita a Frassilongo, in valle dei Mocheni («Gente chiusa ma rapporti autentici») diventando un’animatrice della comunità. All’allevamento si sono affiancati gli eventi culturali che creano spesso spazi difformi, anziane donne mochene, giovani e normali fruitori del circuito culturale insieme. Nel 2018 l’episodio di stalking e razzismo concluso con la condanna in primo grado del suo vicino per lesioni (il giudice fece cadere l’aggravante dell’odio razziale). «Quella vicenda mi ha insegnato il dovere della denuncia — sottolinea — e di sviscerare i problemi. Nessuno può sentirsi migliore di altri in virtù della pelle, nessuno ha il diritto di discriminare. Prima del Covid nei giornali e sui social dominava il discorso politico razzista, l’astio verso il diverso per pelle, disabilità o orientamenti sessuali. La diversità deve diventare un valore culturale. È quello che proveremo a fare qui, insieme, tutti i venerdì».
Doppia vocazione «Si potrà anche solo entrare e leggere. Razzismo? Bisogna sempre denunciare»
Le consegne a domicilio rappresentano ancora il 50% del lavoro dopo il Covid. Spero che la diversità diventi un valore