«I nostri dialoghi in note Classici e nuovi autori col violoncello in quota»
Dillon e Castelcello 2020 a Tirolo: «Doppi concerti»
Francesco Dillon ha rotto l’incantesimo. Giovedì scorso, a Nonantola, ha tenuto con il pianista Emanuele Torquati il primo concerto post lockdown, dunque dopo oltre tre mesi. «Le prime note fuori da camera mia sintetizza emozionato – un’emozione anche acustica». Un ottimo auspicio per il violoncellista e autore torinese, direttore anche quest’anno del festival Castelcello, l’unico festival italiano dedicato a questo strumento e confermato dal 7 al 10 agosto al castello di Brunnenburg, a Tirolo, sopra Merano.
Il programma è stato chiuso alla fine della settimana passata: i concerti saranno dalle 19 e alle 21 ogni sera, proprio per favorire le richieste del pubblico e comunque per raddoppiare l’offerta.
Maestro Dillon, quale formula ha adottato per Castelcello 2020?
«Quella del dialogo tra due solisti e tra due strumenti. La prima sera, sempre in due concerti, toccherà a Stefano Guarino e a me. Due violoncelli per due ex compagni di studi che, oltre tutto, 25 anni fa erano impegnati in saggi con Mario Brunello come docente. Al Brunnenburg eseguiremo anche brani a sorpresa, ma per ora siamo orientati su David Popper (Suite per due violoncelli),
Franz Danzi (Duos su arie di Mozart per due violoncelli) e su altri autori come Sofia Gubajdulina e Alexander Knaifel». E l’amato Bach?
«Forse…».
Seconda serata con Bartolomey e Bittman, duo austriaco di violoncello e violino. «Sì, loro sono stati confermati
e ne sono felice. Rappresentano, con musiche di solito scritte da loro, quel lato meno classico del nostro progetto».
Il terzo concerto?
«Il 9 agosto avremo il coinvolgimento di Marcello Fera, violinista, caro amico e anche primo direttore artistico di questa manifestazione. Una
sorta di “papà” di Castelcello. Suonerà insieme con il violoncellista Natah Chizzali, che molto spesso collabora proprio con Marcello».
Con quali musiche?
«Ci saranno sicuramente brani dello stesso Fera e forse di un danese geniale che stimo molto, ovvero Simon Steen-Andersen. Poi ancora, pasolo
gine di Domenico Gabrielli, uno dei primissimi a fine Seicento a scrivere per cello solo».
Classica, jazz, improvvisazione: davvero un (doppio) trittico molto intrigante. Senza dimenticare, però, la sua master class.
«Sì, anche quest’anno. I ragazzi saranno coinvolti, non nel concerto finale del 10 agosto. Sono previsti anche incontri con i musicisti ospiti. Una formula che lo scorso anni ha funzionato moltissimo».
Incontri tra allievi e solisti affermati con temi prefissati?
«Di solito si tratta di seminari sull’improvvisazione oppure su aspetti tecnici, stilistici del modo di suonare il violoncello. Ma questi incontri potranno anche portare al coinvolgimento di alcuni degli allievi nei concerti serali, alla fine delle interpretazioni in scaletta».
Perché doppi concerti serali?
«La sala del castello di Brunnenburg ha una capienza molto limitata e oltretutto dovrà obbedire alle norme sul distanziamento in un posto al chiuso. Dunque, doppi concerti che dureranno un’ora circa. Naturalmente, essendo tra i primi concerti con pubblico che si svolgeranno in Alto Adige, chi vorrà potrà godere della magia di due concerti ogni sera. Potendo contare su una ospitalità e su un clima di cordialità su cui vigileranno figlia, nipote e pronipoti di Ezra Pound, ovvero tre dinastie dell’amabile famiglia de Rachewiltz».