A KURZ VA STRETTA L’AUSTRIA
Èfinita esattamente come doveva finire. E da martedì 16 giugno l’Austria ha aperto i suoi confini con l’Italia. Tutti i confini con la penisola e dunque non solo il Brennero, Prato Drava e Resia ma anche quello di Tarvisio. Una bella notizia, ma anche un bel bagno di realismo se non una sberla in faccia a tutti coloro che sognavano e coltivavano l’idea di una cosiddetta «apertura differenziata» dell’Austria con il solo Südtirol. Oppure, al più ed in nome dell’Euregio, anche con il Trentino ma con il presidente leghista del Trentino Fugatti che avrebbe avuto i suoi problemi con il governatore leghista del Veneto Zaia a spiegargli che gli austriaci potevano andare in vacanza sino a Rovereto ma non proseguire per Venezia e le spiagge adriatiche. I cultori dell’«apertura differenziata» dei confini — utilizzando magari comprensibilissime ragioni economiche — volevano dunque da Vienna un trattamento assolutamente speciale. Ma, non usando paraocchi ideologici, è stato subito chiaro che si trattava di una idea balzana ed assolutamente impraticabile da un punto di vista giuridico e politico per non dire organizzativo. Ma era soprattutto un’idea che doveva scaldare gli umori patriottici dei sudtirolesi verso la madre patria Austria. Tant’è che l’hanno coltivata il presidente di turno dell’Euregio Günther Platter, la Volkspartei al completo con Kompatscher ed Achammer oltre al governo di Vienna retto da Sebastian Kurz.
Ea tutte le destre e patriottarde nostrane , Schützen e Sven Knoll in testa. Un’idea che grazie al coronavirus doveva dare anche visivamente l’immagine che Südtirol ist nicht Italien. E Kurz, come invocavano gli striscioni dei nostri , doveva così riportare in Austria i sudtirolesi. Sarebbe dunque stata così emblematicamente una sorta di annessione della nostra provincia all’Austria. Ma Kurz alla fine, pur giocando su più tavoli e non bocciando subito l’impraticabile, ha puntato ovviamente a difendere gli interessi austriaci veri, quelli che stanno oltre il Brennero. Ed ha così aperto invece alla libera circolazione con la Germania per accaparrarsi il più possibile quel grande mercato turistico tedesco. Ed il Südtirol si arrangi perché in fin dei conti è pur sempre un pezzo d’Italia.
Per Kurz, agli occhi di molti sudtirolesi, la vicenda è stata dunque uno smacco. Ma c’è da credere che per lui non sia così, perché l’importante è l’ aver comunque tenuto la scena. Kurz è stato il più giovane ministro degli esteri di un governo europeo se non del mondo. Poi addirittura il più giovane primo ministro. A soli 33 anni, paiono dunque non esserci limiti nel futuro di questo enfant prodige della politica austriaca. L’ambizione di certo non gli manca e neppure la spregiudicatezza. In pochi mesi è passato con disinvoltura da un governo con i sovranisti ad uno con i Verdi. Come dire prima il diavolo e poi l’acqua santa, ma comunque con lui sempre al centro della scena. A Vienna molti osservatori sono convinti che l’Austria gli vada stretta e che Kurz punti invece ad un ruolo europeo di primissimo piano. La strada del resto lui l’ha già segnata presentandosi un po’ ovunque come l’uomo che va controcorrente. Anzi, soprattutto come il vero anti-Merkel all’interno del potente partito popolare europeo. Tanto che ormai è una costante il fatto che Sebastian faccia il bastian contrario spostandone sempre più a destra le posizioni. Dentro i Popolari europei — che volevano sanzionarli per la loro politica sovranista ed illiberale — si è schierato a fianco dell’ungherese Orban e di quelli di Visigrad tanto da diventarne una sorte di portavoce. Poi si è apertamente messo contro Merkel e il suo coraggioso «wir schaffen das» («ce la possiamo fare») al momento della grande crisi migratoria e ha sbarrato i suoi confini. Su questo tema ha sempre avuto le stesse posizioni del nostro Salvini. E all’Italia in quei tempi quasi intimava — rifiutando la politica delle quote della responsabilità comune europea in materia — di mandare navi da guerra nel Mediterraneo e di tenere tutti i migranti ben chiusi in un qualche isolotto. E mentre Merkel sosteneva Ursula von der Layen per la presidenza della commissione, Kurz insisteva a favore del conservatore bavarese Manfred Weber. Ora, mentre con l’Italia Kurz pare avere un conto sempre aperto da saldare, si è messo alla guida dei cosiddetti Paesi «frugali», un atteggiamento non condiviso da una parte importante della stessa Volkspartei austriaca preoccupata per la tenuta degli ideali europei, tra cui lo storico leader Franz Fischler, ex commissario Ue. Insomma, sostiene il contrario di quello che la maggioranza del partito popolare europeo indica e raccomanda, non lesina in fibrillazioni e provocazioni. È così facendo spinge progressivamente il partito sempre più a destra. I nostri della Svp dopo la lezione del coronavirus hanno capito un po’ meglio il personaggio? Dentro l’Europa stanno con lui o stanno con Merkel?
Intervistato dal «Dolomiten» che gli ha espresso la grande delusione di molti sudtirolesi per il suo comportamento, Kurz ha ovviamente detto che il Südtirol è per lui sempre «una questione di cuore». Ed ha annunciato che non vede l’ora di venire da noi per un’escursione in montagna. In passato già ne aveva fatte chiedendo di venire accompagnato nientemeno che da Reinhold Messner. Il quale, però, spiegando che il personaggio proprio non gli piaceva, aveva respinto la richiesta. Messner in montagna va invece molto volentieri con Angela Merkel.