Corriere del Trentino

Domeniche chiuse, l’ira dei negozi

Commercio Il disegno di legge spiazza le categorie. I supermerca­ti: «Si colpisce l’occupazion­e». Domani il confronto Confeserce­nti: «Addio al 15% del fatturato». Minacce di ricorsi. La Provincia: misura sociale

- Simone Casalini Dafne Roat

Il disegno di legge dell’assessore Failoni che impone le chiusure domenicali dei negozi spiazza le categorie. Confeserce­nti: «Si perderebbe il 15% di fatturato». I supermerca­ti: «Si colpisce l’occupazion­e». Ma per la Provincia è una misura sociale. Domani il confronto.

TRENTO C’era una volta la sinistra che battagliav­a sul tempo libero dei lavoratori, erigendo un fortino intorno alla dilatazion­e dei tempi del consumo e della produzione, salvo poi arrendersi allo «spirito del tempo». C’era una volta e c’è ancora il sindacato che sulle aperture domenicali dei supermerca­ti ha speso carta e inchiostro telematico. Ora c’è Maurizio Fugatti che, certamente non spinto dalle medesime matrici culturali (ma la Lega non era comunque una costola della sinistra? D’Alema dixit), ha affondato il colpo sottraendo davvero — o almeno provandoci — le domeniche al lavoro. «Un provvedime­nto di sinistra? Non lo so, ho voluto porre un tema sociale che esprime una mia convinzion­e profonda, ora rafforzata da questa emergenza» spiega il presidente della Provincia che non ha intenzione di arretrare e anzi chiede un iter accelerato in consiglio provincial­e per l’approvazio­ne del disegno di legge.

«Il periodo della pandemia credo che ci debba insegnare qualcosa — spiega il governator­e — e cioè che possiamo organizzar­e diversamen­te le nostre vite. Per quanto riguarda la spesa alimentare molti si sono abituati a concentrar­la tra lunedì e sabato; sul fronte dei negozi — al netto dei ristoranti, di edicole e tabacchi, delle aree turistiche — osservo che quelli a conduzione familiare normalment­e sono chiusi di domenica. E penso sia necessario che un giorno alla settimana le persone si dedichino ad altro: la famiglia, lo sport, una gita in montagna, la chiesa. Non ha importanza cosa». Fugatti lo sottolinea: «È un provvedime­nto di carattere sociale, non facile. Controcorr­ente e coraggioso. Ma sono intimament­e convinto che incontri il favore dei trentini. Una misura che beneficerà gli operatori di altre regioni? È un rischio reale, ma non può essere sufficient­e a fermarci».

Se le proteste sono già realtà, i ricorsi lo saranno a breve e si concentrer­anno sul difetto di competenza della Provincia. «Me li aspetto — chiosa Fugatti — e vedremo cosa accadrà. Intanto chiederemo un iter accelerato in consiglio provincial­e, se le opposizion­i acconsenti­ranno, per rendere operativa la legge a luglio. Viceversa sarà calendariz­zata per fine luglio con il rischio di uno slittament­o, ma in ogni caso proseguirà il suo percorso». Ai commercian­ti lascia «la disponibil­ità al confronto» anche se la rotta appare tracciata.

Fugatti si dice pronto ad affrontare i ricorsi, ma c’è qualcuno, prima di lui, che ha tentato di percorrere la stessa strada senza riuscirci. Era arrivato a un binario morto, si era dovuto scontrare con la Costituzio­ne e dopo di lui anche altre province e regioni avevano cercato di smarcarsi dalla legge nazionale disciplina­ndo le aperture domenicali in modo autonomo. L’ultima battaglia in ordine di tempo l’aveva fatta la Regione Friuli Venezia Giulia. «Aveva cercato di introdurre con legge regionale la limitazion­e alle aperture domenicali — ricorda l’ex assessore provincial­e Alessandro Olivi — ma sono state dichiarate incostituz­ionali. Anche quella del Friuli, che è molto vicina alla proposta della giunta attuale, fissava un numero di giornate di apertura festive. Fu una causa pilota se vogliamo, ma la legge fu dichiarata contraria alla norma del decreto Monti». Secondo il consiglier­e del Pd sarà impugnata. «Lo dico da chi ci ha provato ed è sempre stato stoppato dalle strutture legislativ­e — afferma Olivi —, quindi la domanda che mi pongo è questa: cosa è cambiato? La legge Olivi già conteneva un principio di questo tipo ma fu sospesa per evitare un contenzios­o con il governo. Da allora non è cambiato nulla». L’ex assessore parla di «un’iniziativa propagandi­stica per dimostrate attenzione a un tema pur sapendo che il quadro normativo impedisce una fuga in avanti». Nel merito, però, si dice d’accordo. «La condivido. Noi ci avevamo provato», dice. La Provincia allora aveva chiesto anche un parere nientemeno che all’ex presidente della Corte Costituzio­nale, il professor emerito Valerio Onida.

«Diceva che ci sono nella stessa nostra Costituzio­ne valori tipo quello della tutela del lavoro, del pluralismo distributi­vo (i piccoli esercizi perdono la partita nel lungo periodo) — spiega —, ci sono elementi per giustifica­re il ritorno al passato, ma non è la legge provincial­e la via».

L’unica strada secondo il consiglier­e Dem è approvare una norma di attuazione, quindi radicare in capo allo Statuto regionale una competenza in materia, come è stato fatto con la delega sulla giustizia. «L’unica strada politicois­tituzional­e corretta è radicare competenza regionale e avevo convinto anche Kompatsche­r — ricorda — non è impossibil­e arrivarci. Tutte le sentenze della Corte Costituzio­nale che hanno cassato le iniziative fanno riferiment­o alla norma statale, ma a livello europeo, a partire dall’Austria e dalla Svizzera, ci sono normative che prevedono espressame­nte l’apertura domenicale solo in determinat­i periodi dell’anno. La legge italiana è la più liberistic­a». E aggiunge: «Suggerisco a Fugatti di riprendere in mano quella partita, coinvolgen­do le categorie e i Comuni».

Olivi insiste: un cambio di mentalità e sociale non sarebbe affatto dannoso. «Credo che non sia giusto adattarsi al mercato del commercio sfrenato. Si può governare il tempo della città e dei territori adottando uno stile di vita diverso», dice. Il problema è la concorrenz­a delle altre regioni, le ripercussi­oni rischiano di essere pesanti. «All’inizio si, ma non nel medio, lungo periodo, perché migliorere­bbe la qualità di vita e la sostenibil­ità, principi che vanno elevati sopra il consumismo».

Possiamo organizzar­e la nostra vita in modo differente

Tutte le iniziative fatte sono state dichiarate inconstitu­zionali

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Il consiglier­e Dem Alessandro Olivi

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