Le paure delle grandi catene «Per noi un grave danno, a rischio il 30% dei posti»
Mario Ramonda: «Perdita di tempo, ci saranno ricorsi»
In città i negozi aperti la domenica dopo il lockdown sono ancora pochi, ma le grandi catene appena hanno ottenuto il via libera ufficiale si sono subito attivate. Intimissimi, Calzedonia e Benetton sono stati tra i primi esercizi commerciali ad aver alzato le saracinesche dopo la chiusura forzata determinata dall’emergenza sanitaria. L’estate è solo all’inizio e ci sono appuntamenti importanti, a partire dalla festa di San Vigilio, che potrebbero offrire ai commercianti in città una boccata d’ossigeno. Il pensiero è comune, ma se per i piccoli negozi mantenere la chiusura domenicale potrebchiusa, be non essere un problema, lo è per le grandi catene commerciali. E l’idea dell’esecutivo provinciale di imporre la chiusura domenicale e festiva non piace a tanti. «La crisi economica impone sacrifici, sono necessari», avvertono i negozianti.
«Credo che in questo momento chiudere la domenica sia un grave errore», commenta Roberta Brignoli, responsabile dei negozi Intimissimi e Calzedonia di via Oriola e del Top Center. «Questa dovrebbe essere una scelta dell’operatore e non della politica, visto che le province limitrofe non hanno questo limite. Se la regione restasse come è accaduto durante il periodo di emergenza per la pandemia, non sarebbe un danno mantenere la chiusura domenicale dei negozi, ma dal momento in cui i confini sono stati riaperti non ha più senso. Se il cittadino non trova il negozio aperto a Trento va altrove, quindi al posto di andare in città a fare un giro, prendere l’aperitivo e fare shopping va a Verona».
Brignoli teme ripercussioni sui posti di lavoro. «Capisco che ci siano pressioni, ma il 30% dei posti di lavoro rischiano di saltare. Noi abbiamo due persone in più che lavorano la domenica per ogni punto vendita e fanno il recupero
quindi si crea lavoro. Capisco il punto di vista del privato, il piccolo negozio dove lavora solo il titolare, ma per le catene che hanno tanti dipendenti sarebbe un danno». La chiusura porterebbe anche ad una necessaria riorganizzazione. «E a un doveroso allineamento degli affitti — continua la responsabile di Intimissimi —. Penso al centro commerciale, se non può aprire la domenica bisogna rivedere molte cose a partire dall’affitto. Lo hanno capito anche a Bolzano».
Per il negozio Benetton di via Oriola la ripartenza domenicale è avvenuta un po’ in sordina. «Siamo tra i pochi aperti e questo ci penalizza», spiega la responsabile Maria Lunelli. Ma in prospettiva la domenica resta un giorno importante per l’azienda. «I titolari hanno sempre voluto garantire un servizio, anche se la domenica per un punto di vendita in città non è il giorno di maggior incasso, a parte determinati periodi dell’anno. In un momento così, però, anche il poco aiuta. Capisco le difficoltà dei negozi più piclutato coli, ma la chiusura totale nei giorni festivi può creare difficoltà».
Per Mario Ramonda, titolare delle Sorelle Ramonda, il nodo è la concorrenza. «Francamente sono a favore delle domeniche chiuse — spiega — ma c’è un regime di concorrenza con il nostro vicinato, se teniamo chiuso i clienti vanno in Veneto. Ricordo che ancora all’epoca di Bersani quando c’è stata la liberalizzazione in Trentino avevano fatto resistenza, ma sul commercio non abbiamo autorità». Secondo Ramonda i ricorsi saranno inevitabili. «Questo disegno di legge è una perdita di tempo, tanto ci sarà qualcuno che farà ricorso e non cambierà nulla». Serve una norma nazionale. «Se la domenica in tutta Italia, compreso nei Comuni ad alta densità turistica, resta chiusa, come accade anche in Austria, va bene, lavoriamo su sei giorni e abbassiamo i costi, altrimenti è una concorrenza sleale. Sono totalmente contrario» afferma.