Malghe e bivacchi, un patrimonio narrato da Navarini
Alla scoperta di bivacchi e itinerari in Trentino con la guida di Navarini
«Chi va in montagna alla ricerca di esperienze, al di là dell’attività alpinistica fine a se stessa, trova nel mondo un po’ arcaico della malga la dimensione più profonda e più autentica della montagna», scrive Annibale Salsa, antropologo e presidente generale emerito del Cai, nell’introduzione al libro Malghe e bivacchi del Trentino Occidentale (Edizioni Curcu Genovese, 448 pagine, 22 euro).
L’autore del libro è Luciano Navarini, grande appassionato ed esperto di montagna, firma di numerose guide, tutte, come questa, uscite con il patrocinio del Cai o della Sat, a suggello di affidabilità e garanzia. Completezza e precisione dei dati forniti, in questo libro e di tempi di percorrenza, incroci con altri sentieri, altimetrie, dislivelli, gradi di difficoltà, varianti e alternative, ma anche considerazioni che fanno riflettere.
Per andare oltre le apparenze «romantiche» del paesaggio naturale, superando i facili stereotipi che un escursionista distratto può rilevare.
Il mondo delle malghe, così come quello dei bivacchi, entrambi considerati «fratelli minori» dei rifugi, ha inciso molto nella costruzione e trasformazione del paesaggio, come si comprende bene sfogliando queste pagine dedicate a una parte del Trentino Occidentale: Gruppo del Cevedale, Catena delle Maddalene, Catena della Mendola, Catena
del Roèn, Catena delle Cime di Vigo, Gruppo della Paganella, Gruppo di Brenta.
«Le malghe, questo patrimonio immenso della provincia di Trento, sono l’ultima istantanea della vita degli agricoltori e allevatori di un tempo. In montagna troviamo ovunque punti di riferimento come queste strutture che indicano la presenza dell’uomo in quota, luoghi dove portare le mucche con i loro campanacci al pascolo estivo, dove le capre sono ben accette, dove si lavora ancora il latte... – scrive l’autore – . E che dire dei bivacchi? Spesso spartani, talvolta in quota, ci danno la possibilità di ripararci o di pernottare».
Malghe e bivacchi del Trentino Occidentale è dunque per certi aspetti un utile inventario di queste particolari strutture che conservano toponimi, curiosità e conoscenze tramandate dai valligiani che è doveroso mantenere nella memoria.
Sono 213 le malghe citate e 46 i bivacchi toccati in 126 itinerari di cui 93 sono tracciati ad anello e 33 escursioni andata e ritorno. A questi si aggiungono 26 alternative e alcuni itinerari in fondo al libro che non raggiungono malghe e bivacchi, «ma che andavano descritti per non lasciare lacune».
Talvolta, una malga o un bivacco danno a Navarini lo spunto per più itinerari, come nella Catena delle Maddalene o in quella del Roèn: «Come potevo trascurare una parte di meravigliose montagne perché nella zona è presente soltanto una struttura?», dichiara candidamente l’autore, sottolineando quanto sia sbagliato e irresponsabile scrivere un libro di escursioni a tavolino.
«Mano a mano che le ricognizioni nei percorsi procedevano, scoprivo sempre altre malghe e la ricerca si allargava».
Ad esempio nel Gruppo del Cevedale, dove le malghe di proprietà comunale, ma anche in Consortela si rincorrono sui 2000 metri circondate da paesaggi meravigliosi. Ecco perché questo è solo il primo di due volumi dedicati al Trentino Occidentale e l’uscita è prevista a breve.
Ovviamente Luciano Navarini ha in programma di scrivere altri due volumi, ma questa volta dedicati al Trentino Orientale.
Osservando i tanti punti di appoggio individuati negli itinerari si comprende quanto sia importante che questi edifici si fondano nell’ambiente al fine di preservarne l’integrità e quanto sia al contempo fondamentale il rispetto da parte degli escursionisti che ne usufruiscono.
Le malghe non sono infatti solo un edificio ma un bene comune, un luogo di condivisione, una parte integrante della montagna, non sono da abbattere se in cattivo stato e neppure da trasformare in ristorante stellato se facilmente raggiungibili.
«La malga è snodo di civiltà fra una natura faticosamente ‘lavorata’ (roncata, dissodata…) e una ricerca di sostenibilità che la fa curata e amata come un’opera d’arte», conclude il giornalista Franco de Battaglia nella postfazione del libro.