LA DESTRA E IL GIOCO A PERDERE
C’era una volta il centrodestra. Già, perché a circa due mesi dal voto — si andrà alle urne infatti il 20 e 21 settembre — ciò che sta accadendo soprattutto nella città di Trento racconta di una coalizione frammentata, attraversata da molteplici e variegati personalismi, con una strategia zoppicante. Uno scenario se vogliamo anche paradossale dentro il quale si muovono forze politiche che sembrano aver trovato nelle prossime elezioni comunali il terreno migliore per dare vita a una sorta di resa dei conti interna.
Il centrodestra cittadino ha messo in scena un copione al quale era molto affezionato il centrosinistra, aggregazione assai abile nel farsi del male da sola. I giochi, adesso, si sono improvvisamente ribaltati. Un passaggio di testimone che è ormai nei fatti di queste settimane. Il centrosinistra dei molti distinguo, per un’alchimia che a volte sa rendere la politica imprevedibile, ha trovato nel nome di Franco Ianeselli il collante migliore per avviare fin da subito un ragionamento unitario. Ciò è stato possibile grazie anche al Patt che ha capito — a differenza delle provinciali — quanto sia importante lavorare per un unico progetto.
Il centrodestra, da parte sua, e questo si è notato fin dall’inizio, non ha mai dato la sensazione di voler approcciare la sfida per la conquista della città capoluogo con quella determinazione necessaria per sovvertire un pronostico.
Indubbiamente complicatissimo, ma mai come stavolta aperto a possibili sorprese. Invece è passata la logica del facciamoci del male da soli. E dire che la netta vittoria alle provinciali avrebbe dovuto spingere il centrodestra, Lega in primis, a mettere in campo una squadra compatta attorno a un unico candidato. Hanno pesato soprattutto le lotte intestine nel Carroccio diviso tra i duri e puri e chi come il governatore Maurizio Fugatti prova a dare al partito una dimensione diversa, improntata a un ruolo guida della coalizione, mirando al risultato finale (nel caso specifico far eleggere un sindaco di centrodestra non per forza di cose marchiato Lega, ben sapendo che a Trento le dinamiche non sono quelle che si respirano nelle valli) e non agli interessi di bottega. Il teatrino che ha portato alla scelta di Alessandro Baracetti — e conseguentemente alla frammentazione del cartello elettorale con le candidature singole di Marcello Carli e Silvia Zanetti — avvenuta dopo uno stillicidio di nomi buttati nella mischia vuoi per bruciarli vuoi per mettere in difficoltà gli stessi partner della coalizione in una sorta di tafazzismo innalzato all’ennesima potenza, ha certificato lo status quo: una coalizione in perenne conflitto.
L’ultimo volto, quello di Mauro Fezzi, gettato nella mischia la scorsa settimana è un’evidente polpetta avvelenata da parte di chi ha solo uno scopo: depotenziare ancora di più Baracetti. Si colpisce l’avvocato per inviare un messaggio agli «amicinemici», sollevando inutili polveroni e offrendo un’immagine della peggior politica. Insomma, il povero Baracetti ha il suo bel daffare nel spiegare un giorno sì e l’altro pure di essere lui il candidato. Impresa ardua, dentro un’alleanza sfilacciata e masochista.
Ad ogni modo, sapere ufficialmente la data del voto, speriamo contribuisca a far decollare la campagna elettorale. Una campagna che si porterà dietro i segni profondi di una crisi senza precedenti. Il post Covid detterà l’agenda, inevitabilmente, dei partiti e dei candidati sindaci. I programmi stilati tre mesi fa dovranno giocoforza essere riscritti guardando all’oggi. C’è da ricostruire un tessuto economico, sociale, urbanistico messo in ginocchio da un virus letale. Ogni tanto bisognerebbe ricordarselo, evitando così di prestare il fianco a spettacoli imbarazzanti.