IL VIRUS DEI DUE MONDI
Il mondo del Covid è fatto di bolle. Non mediatiche, perché la pandemia esiste e il negazionismo non è che la pubblicità migliore poiché sgangherato e lunare - della portata salvifica dello scientismo. Le bolle sono quelle che contengono la separazione della realtà, separazione non misurabile con il metro della distanza sociale ma con quello dell’evidenza. Esistono due mondi. Quello istituzionale, iper controllato e certo più complesso come quello della scuola inaugurata ieri o dei grandi eventi come la Biennale cinema appena concluso. E poi c’è quello parallelo che si svolge a un metro non solo metaforico e che sfugge perché più impalpabile ed etereo nonostante sia fatto della stessa materia e degli stessi corpi. Bastava salire in questi giorni sui vaporetti di Venezia, dove l’afflusso è al colmo dei posti a sedere e di quelli in piedi e le «rime boccali» (la distanza poetica indicata nei Dpcm da bocca e bocca) si accorciano a un palmo di mano. Ieri invece abbiamo inaugurato l’ingresso nelle aule e ancor prima nei mezzi di trasporto scolastici dove la presenza è stata decretata all’80 per cento della capienza normale. Appunto, due metri e due misure. Magari con gli stessi bambini (e genitori) il giorno prima stretti come sardine e il giorno dopo distanziati in modo militare (giustamente). Per non parlare delle piazze degli aperitivi a Trento, Bolzano o sul Garda o dei lidi affollati nei laghi montani. Altro che la Biennale al Lido, dove gli umani della bella mostra autarchica la misurazione l’hanno provata davvero sulla loro pelle.
Biennale con mascherine in ogni dove, nella zona rossa all’aperto e ancor più in sala, dove ogni minuto arrivava una mascherina in carne e ossa raccomandando di tenere su quella protettiva. Figuriamoci se avessero trovato un positivo tra Cate Blanchett o un fotografo del carpet più discreto e asettico della storia del cinema: titoloni in tutto il mondo nonostante l’investimento di milioni di euro che ha fatto schizzare gli investimenti a cifre stellari (a proposito, chapeau all’operazione, uno sforzo dal coraggio chirurgico).
Che fare, allora, di fronte a questo paradossale disallineamento di diritti e doveri, pieni e vuoti, rilassamenti e obbedienze da bravi soldatini? Avvicinare i due mondi, con quel buon senso che è il senso civico di auto protezione e di protezione degli altri, contro la narrazione distopica di chi vorrebbe far ridurre i controlli alla lunga mano di uno stato poliziesco e senza le paure (magari lecite) di chi si sta rifiutando di mandare a scuola i bambini preparandoli a casa con corsi privati per non mescolarli al mondo.
Il Covid è stato ed è un fenomeno sconvolgente, una cesura storica. Sconvolta è stata la scienza che all’inizio non ci ha capito nulla ma che di giorno in giorno ha scoperto come dovevamo difenderci. Sconvolta è stata la politica che alla scienza si è affidata dovendo comunque legiferare come soggetto decisore (il rapporto fra scienza e politica vale come minimo la stesura di un libro), sconvolta è stata l’economia (cioè tutti noi) perché ha dovuto, deve e dovrà chissà per quanto combattere fra le policy della difesa della salute e la produzione del Pil. E ancor più sconvolto è quel mondo «di sotto» di chi ha perso il lavoro e non lo rivedrà per un po’ o forse mai. Con il mercato del lavoro anche delle Autonomie di Trento e Bolzano che perdono nel secondo trimestre dell’anno rispettivamente 6.500 e tredicimila posti di lavoro. Una ferita profonda al tessuto sociale. A cominciare dai precari (soprattutto giovani) che non vanno aiutati solo o tanto con un contributo una (o due) tantum ma salvati con un grande progetto di reinserimento strutturale sul quale andremo a misurare l’intelligenza e la forza della politica e del mondo imprenditoriale.
Detto questo, lo sforzo di avvicinamento dei «due mondi» deve partire certo dall’alto — da politica e istituzioni — ma essere condiviso anche dal «basso», dall’orizzontalità di una società fatta di singoli e famiglie. Se lo «Stato» deve darci leggi, risorse e strumenti, noi «Cittadini» dobbiamo aiutare e aiutarci a convivere con il virus e a superare quanto ancora ci aspetta. Il Covid è un’emergenza strisciante fatta di «eroi normali» (soprattutto medici e infermieri) ma un po’ tutti abbiamo dato il nostro contributo. Purtroppo anche in peggio. Nel bene e nel male saremo decisivi. La maggior parte di questa nazione ha capito e sta capendo sempre più. Il resto è la variabile statistica dalla quale dipende sempre — per fortuna o disgrazia — il destino di un Paese.