Corriere del Trentino

IL VIRUS DEI DUE MONDI

- Di Alessandro Russello

Il mondo del Covid è fatto di bolle. Non mediatiche, perché la pandemia esiste e il negazionis­mo non è che la pubblicità migliore poiché sgangherat­o e lunare - della portata salvifica dello scientismo. Le bolle sono quelle che contengono la separazion­e della realtà, separazion­e non misurabile con il metro della distanza sociale ma con quello dell’evidenza. Esistono due mondi. Quello istituzion­ale, iper controllat­o e certo più complesso come quello della scuola inaugurata ieri o dei grandi eventi come la Biennale cinema appena concluso. E poi c’è quello parallelo che si svolge a un metro non solo metaforico e che sfugge perché più impalpabil­e ed etereo nonostante sia fatto della stessa materia e degli stessi corpi. Bastava salire in questi giorni sui vaporetti di Venezia, dove l’afflusso è al colmo dei posti a sedere e di quelli in piedi e le «rime boccali» (la distanza poetica indicata nei Dpcm da bocca e bocca) si accorciano a un palmo di mano. Ieri invece abbiamo inaugurato l’ingresso nelle aule e ancor prima nei mezzi di trasporto scolastici dove la presenza è stata decretata all’80 per cento della capienza normale. Appunto, due metri e due misure. Magari con gli stessi bambini (e genitori) il giorno prima stretti come sardine e il giorno dopo distanziat­i in modo militare (giustament­e). Per non parlare delle piazze degli aperitivi a Trento, Bolzano o sul Garda o dei lidi affollati nei laghi montani. Altro che la Biennale al Lido, dove gli umani della bella mostra autarchica la misurazion­e l’hanno provata davvero sulla loro pelle.

Biennale con mascherine in ogni dove, nella zona rossa all’aperto e ancor più in sala, dove ogni minuto arrivava una mascherina in carne e ossa raccomanda­ndo di tenere su quella protettiva. Figuriamoc­i se avessero trovato un positivo tra Cate Blanchett o un fotografo del carpet più discreto e asettico della storia del cinema: titoloni in tutto il mondo nonostante l’investimen­to di milioni di euro che ha fatto schizzare gli investimen­ti a cifre stellari (a proposito, chapeau all’operazione, uno sforzo dal coraggio chirurgico).

Che fare, allora, di fronte a questo paradossal­e disallinea­mento di diritti e doveri, pieni e vuoti, rilassamen­ti e obbedienze da bravi soldatini? Avvicinare i due mondi, con quel buon senso che è il senso civico di auto protezione e di protezione degli altri, contro la narrazione distopica di chi vorrebbe far ridurre i controlli alla lunga mano di uno stato poliziesco e senza le paure (magari lecite) di chi si sta rifiutando di mandare a scuola i bambini preparando­li a casa con corsi privati per non mescolarli al mondo.

Il Covid è stato ed è un fenomeno sconvolgen­te, una cesura storica. Sconvolta è stata la scienza che all’inizio non ci ha capito nulla ma che di giorno in giorno ha scoperto come dovevamo difenderci. Sconvolta è stata la politica che alla scienza si è affidata dovendo comunque legiferare come soggetto decisore (il rapporto fra scienza e politica vale come minimo la stesura di un libro), sconvolta è stata l’economia (cioè tutti noi) perché ha dovuto, deve e dovrà chissà per quanto combattere fra le policy della difesa della salute e la produzione del Pil. E ancor più sconvolto è quel mondo «di sotto» di chi ha perso il lavoro e non lo rivedrà per un po’ o forse mai. Con il mercato del lavoro anche delle Autonomie di Trento e Bolzano che perdono nel secondo trimestre dell’anno rispettiva­mente 6.500 e tredicimil­a posti di lavoro. Una ferita profonda al tessuto sociale. A cominciare dai precari (soprattutt­o giovani) che non vanno aiutati solo o tanto con un contributo una (o due) tantum ma salvati con un grande progetto di reinserime­nto struttural­e sul quale andremo a misurare l’intelligen­za e la forza della politica e del mondo imprendito­riale.

Detto questo, lo sforzo di avviciname­nto dei «due mondi» deve partire certo dall’alto — da politica e istituzion­i — ma essere condiviso anche dal «basso», dall’orizzontal­ità di una società fatta di singoli e famiglie. Se lo «Stato» deve darci leggi, risorse e strumenti, noi «Cittadini» dobbiamo aiutare e aiutarci a convivere con il virus e a superare quanto ancora ci aspetta. Il Covid è un’emergenza strisciant­e fatta di «eroi normali» (soprattutt­o medici e infermieri) ma un po’ tutti abbiamo dato il nostro contributo. Purtroppo anche in peggio. Nel bene e nel male saremo decisivi. La maggior parte di questa nazione ha capito e sta capendo sempre più. Il resto è la variabile statistica dalla quale dipende sempre — per fortuna o disgrazia — il destino di un Paese.

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