VOGLIA DI UTOPIE URBANE
Al di là delle legittime posizioni ideologiche che albergano dentro una comunità, la scelta del neosindaco Franco Ianeselli di presentare i nuovi assessori in piazza della Portela — simbolo di una parte di città in cui lamenti e paure sono diventati ormai una costante — va salutata con piacere.
Dal punto di vista dell’immagine una mossa indubbiamente azzeccata. Il motivo è facilmente spiegabile: Ianeselli sa bene che il tema sicurezza lo accompagnerà lungo tutto il suo mandato e non importa se le classifiche proiettano Trento da anni ai vertici della qualità della vita, se i dati delle forze dell’ordine parlano di fenomeni criminosi in continuo calo. A fare la differenza sarà sempre la percezione che gli abitanti avranno della loro città. Lo si è visto recentemente: nel mentre si certificava — numeri alla mano — una riduzione dei furti, di pari passo aumentava il senso di insicurezza da parte dei cittadini. Quindi, meglio anticipare i problemi piuttosto che inseguirli.
Il lamento attorno alle condizioni delle città, sia grandi sia piccole, appartiene alla quotidianità. Del resto la vita nei luoghi urbani si è fatta sempre più complessa. L’architetto Vittorio Gregotti, qualche anno fa, fotografò in maniera lineare, il destino delle città «diventate progressivamente aggressive, sporche, estranee agli stessi cittadini, oltre che affollate di pessimi edifici. Città e cittadini sembrano oggi non più possedersi né amarsi reciprocamente».
Gregotti però non era pessimista, vedeva la salvezza: «La città — diceva— è probabilmente il più importante monumento costruito dall’uomo, la rappresentazione fisica delle volontà, delle speranze e delle memorie di un’intera collettività». E su tale aspetto richiamava all’ordine l’architettura, considerata strumento indispensabile per «costruire una città razionale, a misura d’uomo; una città dell’uguaglianza, immersa nel verde».
Il fatto allora che il sindaco abbia voluto inaugurare il suo cammino mettendo al centro la città, la sua bellezza che trasuda da palazzi, piazze, affreschi, ma anche le sue criticità e contraddizioni, non è affatto un inizio di basso profilo. Emerge la consapevolezza — sicuramente a parole vedremo nei fatti — che l’azione di governo dovrà seguire due linee: un’attenzione puntuale al giorno per giorno e uno sguardo al futuro. Il rendere Trento nell’immediato ancora più attraente e allo stesso tempo immaginarla tra dieci anni. L’oggi e il domani che si mescolano producendo nuove «utopie urbane», di cui si sente un grande bisogno.
Il compito è arduo, delicato, e dovrà vedere protagonisti tutti gli assessori in quel gioco di squadra che Ianeselli ha citato più volte nel post elezioni. Il concetto di «bellezza» non è una cosa astratta: una città bella e accogliente è prima di tutto una città sicura. Come raggiungere tale traguardo? Per prima cosa evitando di riproporre immagini di aree unicamente militarizzate. Il controllo, che è necessario, va accompagnato con iniziative che regalino un’identità a un luogo lasciato solo, alla mercé dell’incuria, dell’indifferenza. Ricucire e ricomporre i grandi vuoti rappresenterà allora una delle partire urbanistiche più importanti. L’assessora Baggia, nei saluti, ha già fatto intendere che una priorità sarà quella di «allargare il centro storico».
Anche i cittadini dovranno però fare la loro parte, rispettando le regole e recuperando quel senso civico che sembra essersi smarrito in qualche cassetto polveroso. Il fatto che a scuola si torni a studiare educazione civica, insomma, è cosa buona e giusta. Migliori saranno i cittadini, migliore diventerà la città.