L’uomo speed si racconta: amo la velocità
Le montagne nella carta d’identità, la velocità nel dna. Un binomio che, unito alla ferrea disciplina, porta Ludovico Fossali, campione del mondo nella categoria speed dell’arrampicata, alle Olimpiadi di Tokyo 2020.
Il Trentino è patria di velocisti, almeno per quanto riguarda il climbing: Ludovico Fossali è il campione del mondo nella categoria speed dell’arrampicata, e se lo scalatore della nazionale si è trasferito a Vignola, nel modenese, quando ancora era bambino, la sua carta d’identità indica che è nato a Trento. Le montagne insomma sono nel Dna del primo qualificato italiano alle Olimpiadi di Tokyo 2020. «I miei genitori hanno semplicemente assecondato una mia tendenza. Da bambino mi arrampicavo su tutto quello che mi trovavo intorno, dedicarmi alla scalata è stata una conseguenza naturale». Fossali è un classe 1997, e la velocità occupa ormai metà della sua esistenza. «Ho scalato un po’ in tutte le specialità, poi verso gli 11 anni mi sono dedicato maggiormente alla velocità. I risultati arrivavano, andavo forte, quindi ho proseguito su quel percorso».
La speed è sicuramente, tra le tre discipline, peculiare nell’ambito della scalata: facile da comprendere per un pubblico generalista, più difficile da considerare per i praticanti, essendo un’esclusiva dell’ambito agonistico. Ma Ludo non ha mai avuto dubbi, guidato dalla sensazioni che provava. «Sono sempre stato iperattivo, fin dall’infanzia. Ho sempre amato muovermi e la velocità ti dà una carica di adrenalina particolare. È tutto compresso in pochi momenti, ha un fascino tutto suo». Fossali è riuscito a indirizzare la propria tensione agonistica sul giusto binario e nella vita privata può scegliere ritmi diversi. «Andare forte è qualcosa che riservo alle gare. Nella vita di tutti i giorni me la prendo con calma. Dedico molta attenzione agli allenamenti, spendo bene il mio tempo. È bello potere lavorare giorno per giorno e racchiudere tutto in quei sei secondi di gara».
Ludovico detiene il record italiano di velocità con 5.78 secondi, mentre la scalata più rapida di sempre è appannaggio dell’iraniano Reza Alipour in 5.48. Nel 2019 però Fossali è stato capace di battere tutti i suoi avversari e conquistare la medaglia d’oro ai mondiali, e pure il pass olimpico grazie al nono posto nella combinata. «È stato tutto facile fino ai 6.30 secondi. Per scendere da quel tempo invece ci è voluta un’eternità. Ho ancora tre decimi da guadagnare: sembra strano ma è davvero un tempo infinito. Il mio motore però è la competitività: è grazie a quella che lavoro meglio in allenamento e che riesco a rendere al massimo in gara». Serve però anche molta pazienza e Ludovico si ritiene ancora acerbo sotto quel punto di vista. «Voglio vedere i risultati subito e non sempre è possibile. In questo momento per esempio mi sto allenando per la lead, ma faccio fatica. La cosa mi butta un po’ giù, devo migliorare sotto questo punto di vista».
L’atleta azzurro non è però un’animale da palestra tout court: ama arrampicare outdoor, senza particolari progetti, ma per il gusto di stare nella natura e vivere la scalata in una dimensione più personale. «Mi piace davvero molto arrampicare su roccia. È una cosa che ho riscoperto recentemente, anche in previsione delle Olimpiadi. Mi piace molto perché puoi stare con te stesso, lavorare sui tuoi limiti, trovare nuove soluzioni per risolvere un tiro. È un modo differente di vivere il nostro sport, meno legato al confronto con gli altri e più intimo. Ti puoi concentrare sulla tecnica, sull’uso corretto dei piedi. Al momento vado ancora in falesia come allenamento: sicuramente avvicinandomi ai Giochi dovrò limitare un po’ questo approccio, perché le gare sono molto diverse e arrampicare su plastica anche».
Ludovico è cresciuto con una passione per lo sport che va oltre la dimensione dell’attività che pratica e prova un’intensa ammirazione per alcuni grandi nomi che hanno reso indimenticabili le Olimpiadi stesse. «I Giochi sono sempre stati un riferimento per me, e se penso che solo fino all’ultima edizione il nostro sport non era nemmeno qualificato, andare a Tokyo è già un sogno che si è avverato. Tra i miei miti ci sono atleti che spaziano a trecentosessanta gradi. Jordan, Usain Bolt, Pietro Mennea, Alberto Tomba». Proprio lo sci è l’altro grande amore di Ludovico, un’attività che pratica fin da bambino. «Mi piace moltissimo, e ogni tanto chiedo un permesso all’allenatore per un weekend a sciare. Serve a togliere un po’ di pressione e a rilassarmi, ma poi sull’allenamento sono il primo a volermi impegnare a fondo. Anche perché altrimenti poi mi pento e non riesco a godermela davvero».
La formula “combinata” delle Olimpiadi sarà una novità, perché le gare disputate con quel format al momento sono poche e comunque ai Giochi il programma sarà molto concentrato. Sarà un’incognita in più che promette di rendere l’evento ancora più incerto. «Alle Olimpiadi saremo in 20 atleti: il livello sarà altissimo, bene o male ci conosciamo tutti. Ma i Giochi sono un’esperienza a parte, un mondo a sé. Anche in passato si è visto come spesso i pronostici vengono sovvertiti, perché tutto l’evento è concentrato in un periodo di tempo limitato e davvero tutto può succedere».
Una medaglia insomma non è un sogno irrealizzabile e dopo la conquista del campionato del mondo di specialità, Ludovico ha tutto il diritto di crederci.
Su e giù dalla parete Andare forte è qualcosa che riservo alle gare. Nella vita di tutti i giorni me la prendo con calma. Dedico molta attenzione agli allenamenti, spendo bene il mio tempo