FRANCESCO E CATERINA, I SANTI CHE PORTANO LA PACE
Il quattro di ottobre nel cuore della vendemmia che in Trentino-Alto Adige inebria e stordisce, arriva la festa di San Francesco d’Assisi, che morì alla Porziuncola alle 19 del sabato 3 ottobre del 1226, all’età di quarantacinque anni.
Ci si domanda perché il dies natalis, seconda nascita alla vita spirituale, giorno della morte, venga festeggiato il 4 di ottobre, se il santo è morto il 3 di ottobre.
La contraddizione (come spesso accade) è solo apparente perché in Italia, durante il Medioevo e fino al XVIII secolo, il giorno legale non cominciava alla mezzanotte come oggi o come durante l’Impero romano, ma con l’Avemaria della sera, annunciata al suono delle campane alla fine del crepuscolo serale, vale a dire mezz’ora dopo il tramonto.
E siccome ai primi di ottobre il sole cala attorno alle 18,05, le attuali ore 19 corrispondono alla prima ora del quattro ottobre per il calendario medioevale.
San Francesco d’Assisi. Torniamo alle memorie.
Ricordo che quando andavo a scuola, il giorno di San Francesco era festa nazionale perché il santo era considerato il patrono d’Italia, intesa come Patria.
Come considerare questo termine legato a nazione in un tempo di globalizzazione, in un tempo di sfinimento di confini?
Ma forse, in tempi duri come quelli che stiamo vivendo, invocare un importante santo protettore non fa mai male.
A proposito di patria, ho sempre avuto un concetto frastornato della parola. Non mi piace se legata all’idea di Vaterland, maschilista e patriarcale, me la sento molto vicina se la vogliamo tradurre con
Heimat-Matria, naturalmente femminile. E sulle matrie e sul matriarcato ho speso molti dei miei studi.
Sempre trattando di donne, dalle contadine, alle operaie, alle principesse delle fiabe e naturalmente anche alle streghe.
Patria-Paese-piccole patrie, luogo dove porsi e forse ritrovarsi?
«Ma dove rimangono i luoghi dell’infanzia, ad esempio della giovinezza, i luoghi delle storie, i luoghi strategici della grande storia, i luoghi tattici degli aneddoti?
Dove rimane il luogo quando il racconto finisce». Scriveva Anita Pichler, grande scrittrice dell’Alto Adige, ipotizzando una patria della scrittura, senza confini e frontiere, un luogo dove le culture si decantano, un luogo di osmosi.
Confini del cuore più che della geografia. Mi è sempre piaciuto soffermarmi sul lento sgretolarsi dei confini, linee che hanno condizionato le vite umane e che ora si sciolgono, come si sciolgono i ghiacciai.
Ma torniamo a San Francesco e alla motivazione di averlo eletto patrono d’Italia.
Fu nel 1939 che Pio XII lo proclamò patrono d’Italia insieme a Caterina da Siena, per pari opportunità.
San Francesco e Santa Caterina, portatori di parole e di pace, patrono e patrona di patria e matria.
Spero con tutto il cuore che in questo momento siano proprio parole di pace a consolare e guidare l’umanità.