Corriere del Trentino

I LIMITI LOCALI DEL SOVRANISMO

- di Simone Casalini

La frenata della Lega, e del centrodest­ra nel suo complesso, è il dato più evidente delle elezioni comunali che hanno conosciuto domenica gli ultimi verdetti con i ballottagg­i. E questo nonostante la storica vittoria a Riva del Garda e l’avanzata nel consenso — come a Trento — che indicano comunque un certo favore di vento per le posizioni sovraniste. La spinta nazionale rischia, però, di essere anche il limite del centrodest­ra trentino che esce dalla tornata elettorale con pochi Comuni e con più di un elemento di preoccupaz­ione in vista delle Provincial­i del 2023.

Al di là delle leadership politiche nazionali che — quando funzionano — possono essere un traino, la Lega non è riuscita a diventare attrattiva sul territorio per le altre forze politiche e non ha svolto quel ruolo da federatric­e necessario.

Non è riuscita, per essere più precisi, a dialogare con l’autonomism­o e il civismo, se non nel caso isolato di Riva del Garda che pure testimonia come, in fondo, ci siano dei margini per allargare una coalizione provincial­e composta da un gigante (Lega) e da tanti gregari politici (Agire, Progetto trentino, Autonomist­i popolari, Civica trentina). Dunque, il primo tema nella prospettiv­a del 2023 era come allargare e consolidar­e la coalizione e le Comunali sono scivolate via senza innestare elementi di novità. Anzi, lì dove il centrodest­ra si è disunito (per esempio a Trento e Arco) ha perso competitiv­ità e posto le basi per imminenti regolament­i di conti (soprattutt­o con Agire). Peraltro la crescita di Fratelli d’Italia avviene prevalente­mente a scapito della Lega, dunque in una redistribu­zione infracoali­zionale dei consensi.

Il tema delle alleanze ne sollecita un altro. Quello di immergere il progetto sovranista nella cultura del luogo, di adattarlo alle istanze politiche perché le ondate emotive e i salti improvvisi — come quelli che hanno riguardato la Lega — hanno la necessità di costruire un recipiente politico, sociale e culturale duraturo, altrimenti si ridimensio­nano o svaniscono. Hanno bisogno di classe dirigente, e non solo di urlatori che aiutano a diffondere la rabbia, ma non a gestire il consenso conquistat­o. In Veneto Luca Zaia, sostanzial­mente, ha compiuto questa operazione. Ha interpreta­to il vissuto del luogo e lo ha rielaborat­o in una Lega che non è (solo) quella di Salvini. Con la sua lista ha poi reso ancora più esplicito il duello e il tentativo di stabilizza­re il progetto politico veneto rispetto ai flutti del consenso nazionale, intercetta­ndo anche un’area liberale, moderata e popolare in uscita sia da sinistra che da destra (Forza Italia).

Le ripercussi­oni del voto — al di là degli appetiti crescenti di Fratelli d’Italia — avranno un impatto perché cadono anche in una congiuntur­a provincial­e sfavorevol­e in cui la giunta Fugatti si è ritrovata risucchiat­a nel vortice di tre bocciature relative alla misura discrimina­toria dei dieci anni di residenza per accedere agli alloggi popolari, ai negozi e centri commercial­i chiusi di domenica (un provvedime­nto con una sua ratio, ma costruito debolmente) e al presunto maltrattam­ento degli orsi al Casteller. Tre atti-manifesto — insieme allo smantellam­ento dell’accoglienz­a dei richiedent­i asilo — che rischiano di dissolvers­i e che forse non tengono conto fino in fondo della complessit­à dell’opinione pubblica trentina.

In questo quadro, il centrosini­stra ha costruito un argine per evitare che il sovranismo tracimasse e per depotenzia­rlo. E, a parte il caso di Riva del Garda, dove — soprattutt­o nel primo turno — gli elettori hanno penalizzat­o la candidatur­a dell’uscente Mosaner, questo si è verificato un po’ ovunque. Con il centrosini­stra che ha cercato di garantirsi un credito verso i propri interlocut­ori, in una proiezione che mira al 2023. Per esempio nell’area autonomist­a, a cui su Trento è stato ceduto un incarico di peso come quello di vicesindac­o, o in quella civica dove Francesco Valduga deve il suo secondo mandato all’alleanza con Pd, Patt e Futura (le liste civiche si sono arenate poco sopra il 20%). A Rovereto è caduta anche un’obiezione radicale nei confronti dei partiti che aveva animato il civismo fino alle Provincial­i del 2018 (con la candidatur­a di Carlo Daldoss poi naufragata quando l’ex assessore scelse di sedersi la tavolo con il centrosini­stra), mentre a Pergine Roberto Oss Emer ha ottenuto un eccellente risultato personale conservand­o lo schema originale. Il civismo rimarrà sempre la base elettorale di molti Comuni, talvolta con una connotazio­ne più politica. Ma difficilme­nte esonderà il terrapieno municipale per la sua eterogenei­tà e in dimensioni di voto diverse dovrà scegliere quali valori sostenere perché altre sono le regole che indirizzan­o il consenso.

Gli accordi centrosini­stra-Patt-civici nei Comuni di maggior rilievo politico (Trento e Rovereto in testa) rimangono al momento lì confinati. Sono un passaggio verso una tappa determinan­te che sono le prossime Provincial­i. Ma tre anni sono un’era politica e nessuno scenario è ipotecato.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy