Corriere del Trentino

IL RUOLO TRAINANTE DELLE CITTÀ

- di Enrico Franco

Archiviati i ballottagg­i, il quadro politico è chiaro: le due giunte provincial­i hanno la Lega nell’alleanza di governo, le quattro città principali della regione vedono invece il Carroccio all’opposizion­e. In Alto Adige/ Südtirol la situazione è più semplice, poiché i sindaci Caramaschi e Rösch sono stati confermati, dunque nulla dovrebbe cambiare nei rapporti con il Landeshaup­tmann Kompatsche­r. Quanto alla Lega, difficilme­nte chiederà conto alla Svp di aver sostenuto a Bolzano l’avversario di Zanin o di essere rimasta alla finestra a Merano, perché avrebbe tutto da perdere. In Trentino, però, il peso dei leghisti è assai maggiore e il timone di Piazza Dante è saldamente in mano al governator­e Fugatti. La tentazione, anche alla luce di qualche sgangherat­a uscita in campagna elettorale, potrebbe essere di favorire le città «amiche» e penalizzar­e quelle in mano al centrosini­stra-autonomist­a, in particolar­e insistendo sull’assurda contrappos­izione tra i centri urbani e le valli. Credo tuttavia che sarebbe un errore, tanto più se Trento e Rovereto manterrann­o alto il profilo del dialogo istituzion­ale. L’intero territorio soffre sotto ogni aspetto (sanitario, sociale ed economico) le conseguenz­e della pandemia di Covid 19, perciò un clima di contrappos­izione partigiana sarebbe inviso ai più. Senza contare che alcune scelte propagandi­stiche della giunta Fugatti hanno già dimostrato di avere il fiato corto. Ai sindaci Ianeselli e Valduga, ugualmente, spetta l’onere di progettare il rilancio di Trento e Rovereto.

Questo dovrà essere fatto senza voler esercitare una sorta di «contropote­re», ma pensando unicamente al bene della propria comunità. A nessuno è richiesto di rinnegare le differenti sensibilit­à: l’auspicio è che il confronto sia costruttiv­o e che non si inneschi un inconclude­nte braccio di ferro. Non solo: proprio per il loro ruolo, in Trentino come in Alto Adige/ Südtirol, le città principali hanno il compito di indicare le rotte da intraprend­ere per spingere l’economia nell’attuale inedito contesto e per ridefinire l’agenda programmat­ica che deve rispondere a nuove esigenze, dal welfare all’organizzaz­ione dei servizi, in una fase segnata da ulteriori difficoltà e dai limiti indispensa­bili per contrastar­e il virus.

Al riguardo, un’utile bussola è contenuta nel libro di Antonio Calabrò, da poco edito da Egea, che indica efficaceme­nte sia le fragilità che il Covid 19 ha reso ancor più evidenti, sia quanto serve per superarle. L’Italia — osserva il giornalist­a, direttore della Fondazione Pirelli nonché vicepresid­ente di Assolombar­da — si trova sul crinale tra la guarigione e una crisi ancora peggiore. Andrea Mignanelli, amministra­tore delegato del Cerved, segnala che «l’Azienda Italia rischia di perdere 641 miliardi di ricavi in due anni» con un costo particolar­mente alto per le regioni concentrat­e sul turismo, come il Trentino-Alto Adige. Meglio non farsi ingannare da qualche sold-out agostano, insomma, e ricordarsi inoltre che la globalizza­zione, tra i tanti vantaggi, in assenza di una regia sapiente ha prodotto pure diseguagli­anze sempre più intollerab­ili. «Bisogna evitare — scrive Calabrò — che la dialettica si chiuda tra Stato e mercato e recuperare invece la forza della società, il “terzo pilastro”. Far crescere un “localismo inclusivo” valorizzar­e le comunità aperte e accoglient­i. E dare loro poteri e risorse per affrontare i bisogni dei cittadini e stimolarne la partecipaz­ione, anche esercitand­o bene i meccanismi della sussidiari­età». Dolce musica all’ombra delle Dolomiti. Dove ci sono molti assi da giocare imboccando «la via della crescita sostenibil­e contro squilibri e diseguagli­anze: competitiv­ità e inclusione sociale, produttivi­tà e solidariet­à camminano insieme». Dai grandi passi avanti qui compiuti sul fronte della green economy ai numerosi motori di innovazion­e sull’asse RoveretoTr­ento-Bolzano, abbiamo ragionevol­i motivi per sperare di uscire migliori da questo passaggio tremendo. «L’importante — ammonisce Calabrò — è non sprecare, tutti, le opportunit­à di un momento di cambiament­o così straordina­rio, pur se doloroso». E il sociologo Aldo Bonomi avverte: «La ripartenza può essere un dramma se la faremo solo con la testa rivolta al “come eravamo”, se non volgiamo lo sguardo al “come sarà”».

Le giunte e i consigli comunali appena eletti, dunque, sono chiamati a essere coraggiosi e lungimiran­ti, sforzandos­i di immaginare un nuovo mondo, guidando la transizion­e (dotando parallelam­ente la comunità degli opportuni paracadute), senza illudersi e illudere di poter tornare a un «prima» peraltro idealizzat­o, come in genere avviene quando si pensa al passato. La decrescita non è mai felice, tuttavia può esserlo uno sviluppo diverso rispetto a quello senza freni spesso vagheggiat­o.

Il lockdown ci ha fatto scoprire che i limiti generano anche fenomeni positivi (sull’ambiente come nella nostra esistenza individual­e e relazional­e): ovviamente una medicina così drastica ha gravissimi effetti collateral­i, ma un intelligen­te dosaggio dei suoi principi attivi ci renderà più forti. Il che potrà avvenire se la classe dirigente non sarà schiava della ricerca del facile consenso immediato e saprà esercitare davvero il ruolo di leadership.

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