IL RUOLO TRAINANTE DELLE CITTÀ
Archiviati i ballottaggi, il quadro politico è chiaro: le due giunte provinciali hanno la Lega nell’alleanza di governo, le quattro città principali della regione vedono invece il Carroccio all’opposizione. In Alto Adige/ Südtirol la situazione è più semplice, poiché i sindaci Caramaschi e Rösch sono stati confermati, dunque nulla dovrebbe cambiare nei rapporti con il Landeshauptmann Kompatscher. Quanto alla Lega, difficilmente chiederà conto alla Svp di aver sostenuto a Bolzano l’avversario di Zanin o di essere rimasta alla finestra a Merano, perché avrebbe tutto da perdere. In Trentino, però, il peso dei leghisti è assai maggiore e il timone di Piazza Dante è saldamente in mano al governatore Fugatti. La tentazione, anche alla luce di qualche sgangherata uscita in campagna elettorale, potrebbe essere di favorire le città «amiche» e penalizzare quelle in mano al centrosinistra-autonomista, in particolare insistendo sull’assurda contrapposizione tra i centri urbani e le valli. Credo tuttavia che sarebbe un errore, tanto più se Trento e Rovereto manterranno alto il profilo del dialogo istituzionale. L’intero territorio soffre sotto ogni aspetto (sanitario, sociale ed economico) le conseguenze della pandemia di Covid 19, perciò un clima di contrapposizione partigiana sarebbe inviso ai più. Senza contare che alcune scelte propagandistiche della giunta Fugatti hanno già dimostrato di avere il fiato corto. Ai sindaci Ianeselli e Valduga, ugualmente, spetta l’onere di progettare il rilancio di Trento e Rovereto.
Questo dovrà essere fatto senza voler esercitare una sorta di «contropotere», ma pensando unicamente al bene della propria comunità. A nessuno è richiesto di rinnegare le differenti sensibilità: l’auspicio è che il confronto sia costruttivo e che non si inneschi un inconcludente braccio di ferro. Non solo: proprio per il loro ruolo, in Trentino come in Alto Adige/ Südtirol, le città principali hanno il compito di indicare le rotte da intraprendere per spingere l’economia nell’attuale inedito contesto e per ridefinire l’agenda programmatica che deve rispondere a nuove esigenze, dal welfare all’organizzazione dei servizi, in una fase segnata da ulteriori difficoltà e dai limiti indispensabili per contrastare il virus.
Al riguardo, un’utile bussola è contenuta nel libro di Antonio Calabrò, da poco edito da Egea, che indica efficacemente sia le fragilità che il Covid 19 ha reso ancor più evidenti, sia quanto serve per superarle. L’Italia — osserva il giornalista, direttore della Fondazione Pirelli nonché vicepresidente di Assolombarda — si trova sul crinale tra la guarigione e una crisi ancora peggiore. Andrea Mignanelli, amministratore delegato del Cerved, segnala che «l’Azienda Italia rischia di perdere 641 miliardi di ricavi in due anni» con un costo particolarmente alto per le regioni concentrate sul turismo, come il Trentino-Alto Adige. Meglio non farsi ingannare da qualche sold-out agostano, insomma, e ricordarsi inoltre che la globalizzazione, tra i tanti vantaggi, in assenza di una regia sapiente ha prodotto pure diseguaglianze sempre più intollerabili. «Bisogna evitare — scrive Calabrò — che la dialettica si chiuda tra Stato e mercato e recuperare invece la forza della società, il “terzo pilastro”. Far crescere un “localismo inclusivo” valorizzare le comunità aperte e accoglienti. E dare loro poteri e risorse per affrontare i bisogni dei cittadini e stimolarne la partecipazione, anche esercitando bene i meccanismi della sussidiarietà». Dolce musica all’ombra delle Dolomiti. Dove ci sono molti assi da giocare imboccando «la via della crescita sostenibile contro squilibri e diseguaglianze: competitività e inclusione sociale, produttività e solidarietà camminano insieme». Dai grandi passi avanti qui compiuti sul fronte della green economy ai numerosi motori di innovazione sull’asse RoveretoTrento-Bolzano, abbiamo ragionevoli motivi per sperare di uscire migliori da questo passaggio tremendo. «L’importante — ammonisce Calabrò — è non sprecare, tutti, le opportunità di un momento di cambiamento così straordinario, pur se doloroso». E il sociologo Aldo Bonomi avverte: «La ripartenza può essere un dramma se la faremo solo con la testa rivolta al “come eravamo”, se non volgiamo lo sguardo al “come sarà”».
Le giunte e i consigli comunali appena eletti, dunque, sono chiamati a essere coraggiosi e lungimiranti, sforzandosi di immaginare un nuovo mondo, guidando la transizione (dotando parallelamente la comunità degli opportuni paracadute), senza illudersi e illudere di poter tornare a un «prima» peraltro idealizzato, come in genere avviene quando si pensa al passato. La decrescita non è mai felice, tuttavia può esserlo uno sviluppo diverso rispetto a quello senza freni spesso vagheggiato.
Il lockdown ci ha fatto scoprire che i limiti generano anche fenomeni positivi (sull’ambiente come nella nostra esistenza individuale e relazionale): ovviamente una medicina così drastica ha gravissimi effetti collaterali, ma un intelligente dosaggio dei suoi principi attivi ci renderà più forti. Il che potrà avvenire se la classe dirigente non sarà schiava della ricerca del facile consenso immediato e saprà esercitare davvero il ruolo di leadership.