SOCIETÀ, L’EFFETTO REPULSIONE
Qualcuno ha osservato che durante un lungo periodo di isolamento, come quello che abbiamo vissuto, e che rischiamo di vivere ancora, si perde una parte delle nostre abilità relazionali, ci si rende più inetti ai rapporti sociali, e si genera quella situazione di irritazione, di risentimento diffuso e di microconflittualità cui assistiamo in questo periodo. Più difficile tollerare la vicinanza di altri, se abbiamo dovuto tenere le distanze per evitare il contagio; una pur lieve disabitudine alle relazioni potrebbe consolidarsi in distacco se non facciamo attenzione ai comportamenti. Tuttavia l’effetto repulsione (tenere le distanze) è compensato dal riconoscimento che dal comportamento dell’altro dipende la nostra salute, come si vede dai numerosi casi di contagio recente. L’interesse comune richiede una relazione di reciprocità, esige di vedere l’altro come un noi, da cui attendersi rispetto e attenzione, che a nostra volta siamo tenuti a garantire. Perché allora tanta rabbia in giro? Le piazze del modo sono piene nei cinque continenti. Dagli Usa al Cile, dalla Bielorussia a Hong Kong, dal Libano a Barcellona abbiamo visto folle talvolta inferocite, e comunque sempre arrabbiate contro gli establishment, per i più vari motivi. Le reazioni sono quasi un riflesso: un evento percepito come un affronto chiama una risposta immediata e collettiva, anche in posti tradizionalmente disciplinati, come la civilissima Hong Kong.
Oin altri dove non è costume scendere in piazza, come in Bielorussia o in Libano, si trova la forza per una ribellione immediata quando i valori comuni vengono calpestati, quando la dignità dei singoli e dei gruppi non viene riconosciuta, quando le abitudini democratiche finalmente assaggiate vengono conculcate. Chi soffre aspira a qualcosa, ricorda Aristotele. Si soffre nelle situazioni in cui per i nostri fini non è in vista una possibile realizzazione. Ci affliggiamo se ciò che ci sta a cuore non ha posto nel mondo, se le nostre attese vengono deluse. Di qui la rabbia, quella individuale e quella collettiva.
Si è detto troppo spesso che questa rabbia è solo un’esplosione di irrazionalità, spesso ingovernabile e quasi sempre con esiti negativi. Certo spesso è così, ma capire da dove nasce è importante per governarla. Se nasce dall’impossibilità di realizzare i propri fini, o dall’umiliazione di chi vede deluse le aspettative di una vita o di una civiltà, occorre ricordare che chi è in grado di informarsi in modo indipendente non accetterà che la propria dignità venga resa nulla e si mobiliterà per difendere non solo i diritti o gli interessi materiali, ma anche i valori e gli ideali. Di questo molti regimi illiberali ancora non tengono conto: chi è in grado di darsi delle spiegazioni attraverso l’educazione e la cultura non accetterà la fine delle proprie aspirazioni come un destino, ma si batterà per realizzarle. La rabbia nasce dalla sofferenza e, a differenza dell’odio, che vuole solo distruggere l’avversario, mira a salvaguardare la propria dignità.
Auguriamoci che l’isolamento possa gradualmente venir meno, perché la disabitudine, l’inettitudine alle relazioni non ci spinga al solo effetto dell’isolamento o alla nuda difesa di sé; molte mete sono in ballo per l’umanità intera in questa strana vicenda che il mondo sta vivendo.