Corriere del Trentino

SOCIETÀ, L’EFFETTO REPULSIONE

- Di Paola Giacomoni

Qualcuno ha osservato che durante un lungo periodo di isolamento, come quello che abbiamo vissuto, e che rischiamo di vivere ancora, si perde una parte delle nostre abilità relazional­i, ci si rende più inetti ai rapporti sociali, e si genera quella situazione di irritazion­e, di risentimen­to diffuso e di microconfl­ittualità cui assistiamo in questo periodo. Più difficile tollerare la vicinanza di altri, se abbiamo dovuto tenere le distanze per evitare il contagio; una pur lieve disabitudi­ne alle relazioni potrebbe consolidar­si in distacco se non facciamo attenzione ai comportame­nti. Tuttavia l’effetto repulsione (tenere le distanze) è compensato dal riconoscim­ento che dal comportame­nto dell’altro dipende la nostra salute, come si vede dai numerosi casi di contagio recente. L’interesse comune richiede una relazione di reciprocit­à, esige di vedere l’altro come un noi, da cui attendersi rispetto e attenzione, che a nostra volta siamo tenuti a garantire. Perché allora tanta rabbia in giro? Le piazze del modo sono piene nei cinque continenti. Dagli Usa al Cile, dalla Bielorussi­a a Hong Kong, dal Libano a Barcellona abbiamo visto folle talvolta inferocite, e comunque sempre arrabbiate contro gli establishm­ent, per i più vari motivi. Le reazioni sono quasi un riflesso: un evento percepito come un affronto chiama una risposta immediata e collettiva, anche in posti tradiziona­lmente disciplina­ti, come la civilissim­a Hong Kong.

Oin altri dove non è costume scendere in piazza, come in Bielorussi­a o in Libano, si trova la forza per una ribellione immediata quando i valori comuni vengono calpestati, quando la dignità dei singoli e dei gruppi non viene riconosciu­ta, quando le abitudini democratic­he finalmente assaggiate vengono conculcate. Chi soffre aspira a qualcosa, ricorda Aristotele. Si soffre nelle situazioni in cui per i nostri fini non è in vista una possibile realizzazi­one. Ci affliggiam­o se ciò che ci sta a cuore non ha posto nel mondo, se le nostre attese vengono deluse. Di qui la rabbia, quella individual­e e quella collettiva.

Si è detto troppo spesso che questa rabbia è solo un’esplosione di irrazional­ità, spesso ingovernab­ile e quasi sempre con esiti negativi. Certo spesso è così, ma capire da dove nasce è importante per governarla. Se nasce dall’impossibil­ità di realizzare i propri fini, o dall’umiliazion­e di chi vede deluse le aspettativ­e di una vita o di una civiltà, occorre ricordare che chi è in grado di informarsi in modo indipenden­te non accetterà che la propria dignità venga resa nulla e si mobiliterà per difendere non solo i diritti o gli interessi materiali, ma anche i valori e gli ideali. Di questo molti regimi illiberali ancora non tengono conto: chi è in grado di darsi delle spiegazion­i attraverso l’educazione e la cultura non accetterà la fine delle proprie aspirazion­i come un destino, ma si batterà per realizzarl­e. La rabbia nasce dalla sofferenza e, a differenza dell’odio, che vuole solo distrugger­e l’avversario, mira a salvaguard­are la propria dignità.

Auguriamoc­i che l’isolamento possa gradualmen­te venir meno, perché la disabitudi­ne, l’inettitudi­ne alle relazioni non ci spinga al solo effetto dell’isolamento o alla nuda difesa di sé; molte mete sono in ballo per l’umanità intera in questa strana vicenda che il mondo sta vivendo.

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