Il caso Suarez
Comunque sia, la vicenda del test linguistico di Suarez mette in evidenza, per contrasto, l’ingiustizia che sperimentano centinaia di migliaia di aspiranti concittadini come osserviamo in regione. Tra questi si annoverano soprattutto i giovani figli di genitori immigrati in Italia (e in Trentino-Alto Adige), che ancora aspettano una riforma della legge sulla cittadinanza, nel senso dello ius soli o dello ius cultura che sia. Attualmente chi nasce in Italia e ci risiede ininterrottamente fino ai 18 anni può chiedere la cittadinanza italiana al compimento dei 18 anni. Ma ha un anno di tempo per fare la richiesta, e l’esito favorevole non è affatto automatico né rapido. Se si pensa che i figli di immigrati sotto i 18 anni in Italia sono circa un milione, pressoché 10% della popolazione di quella fascia di età, diventa evidente l’enormità del problema. Si tratta di ragazzi che, per la stragrande maggioranza, sono nati in Italia, parlano i nostri dialetti locali, frequentano le nostre scuole. Nella sostanza sono molto più partecipi nella comunità nazionale che tantissimi discendenti di emigranti italiani, che invece hanno la pista accelerata per la cittadinanza in virtù del principio dello ius sanguinis. Come tutte le leggi sulla cittadinanza, però, lo ius sanguinis, non è altro che un tentativo di rendere naturale (ergo «naturalizzare») uno status che non è affatto naturale: le leggi sono create dalla società, che definisce così chi ne diventerà membro legittimo, cioè cittadino.
Certo, essere un fuoriclasse dello sport per guadagnarsi la cittadinanza non è alla portata di tutti, tuttavia abbiamo visto non pochi casi di cronaca in cui cittadini stranieri hanno dimostrato altri «meriti speciali» degni del conferimento della cittadinanza. In questo modo, per esempio, fu concessa la cittadinanza a Ramy Shehata e Adam El Hamami, i due giovani figli di immigrati che sventarono la strage della scuolabus a San Donato Milanese nel marzo 2019. Sarebbe più sensato e giusto ora modificare la legge a monte: i cittadini non italiani non sono più o meno supereroi (né criminali) dei cittadini italiani, e non si dovrebbe aspettare il fatto straordinario per renderli cittadini alle pari.
Abbiamo visto nelle recenti elezioni che anche in Trentino-Alto Adige cresce la presenza dei nuovi cittadini come candidati in gran parte delle liste. Anche questo è segno di una graduale riconoscimento e normalizzazione di questo segmento all’interno della società.