Vie vuote ma niente panico La resistenza di Cembra: «Noi non siamo appestati»
In paese tutti con le protezioni: in visita anche Fugatti
TRENTO Cadono le foglie e svaniscono i passanti lungo il viale alberato che taglia in due l’abitato di Cembra, da ieri «sorvegliato speciale» assieme alla vicina frazione di Lisignago. Da una parte l’inesorabile avanzare dell’autunno e dall’altra (quasi) il ritorno di un tempo che molti non pensavano potesse tornare: il tempo sospeso della pandemia. Nessuno scenario da lockdown, sia chiaro. Le persone continuano ad andare al bar e a fermarsi in strada per fare due chiacchiere. Ma sono sempre meno da quando si è esteso il focolaio della ormai famosa festa di laurea da cui provengono i circa 70 casi di coronavirus registrati a Cembra Lisignago. Le vie del paese si sono lentamente svuotate, in farmacia si vedono sempre più clienti che chiedono nuove mascherine e nella zona è ripreso anche il servizio di spesa a domicilio «Resta a casa passo io», attivato nei mesi di quarantena dalla Comunità della Val di Cembra per i soggetti fragili e per chi si trovava in isolamento fiduciario. «Non è la solita Cembra — spiega la sindaca Alessandra Ferrazza —. Oggi (ieri, ndr) il viale era quasi completamente vuoto. Normalmente, nel fine settimana, c’è molta più gente in giro».
Le strade sono abitate perlopiù da genitori a spasso con i figli oppure da persone che sono uscite per qualche commissione. Sono pochi gli anziani che si aggirano per le vie del paese. Tutti indossano (correttamente) la mascherina e raggruppamenti di più di sei persone (da ieri vietati) non se ne vedono. «Le gente sta più attenta e gira meno per il paese — afferma alla fine del turno la dipendente di uno dei panifici di Cembra —. Dopodiché c’è da sottolineare che la maggior parte delle persone è asintomatica. Sembra che siamo degli appestati ma invece per fortuna la gente sta bene». A pochi passi dal panificio, dall’altra estremità di una piazzetta deserta, c’è una fila ordinata e di poche persone fuori da una macelleria. «Non c’è tanta differenza rispetto a prima — dice Lisa mentre è in coda per acquistare la carne —. Secondo me si sta facendo anche un po’ di terrorismo psicologico, ma il fatto che sappiamo come si è sviluppato il focolaio e quali sono le famiglie isolate ci rende più tranquilli».
Ed effettivamente nei bar — dove con l’introduzione della «zona arancione» (così come anche nei ristoranti) si possono accettare solo quattro persone per tavolo — si respira un clima piuttosto sereno. «Preferiamo non parlare di Covid — esclama un signore fuori dal bar-pizzeria di via Cesare Battisti —. Io sto sempre in campagna, di cosa mi devo preoccupare?». A fargli da spalla sono due signori seduti al tavolino, uno con la mascherina e uno senza. «Non c’è più nessuno che muore di cancro o di altre malattie? Solo Covid?», dice uno dei due dopo aver estratto la mascherina dal taschino del cappotto. «Non è che mi metto da solo in quarantena, io vado avanti con la mia vita normale, indossando la mascherina quando serve. Non vivo nel terrore del Covid», incalza l’amico.
Anche dall’altra parte del bancone non c’è particolare preoccupazione, neppure per il coprifuoco imposto dall’ordinanza provinciale. «Bene o male i protocolli sono sempre gli stessi, a parte l’organizzazione dei tavoli — considera Jenny, una delle titolari —. Magari nel bar, in alcuni momenti, bisognerà far mantenere un distanziamento maggiore ma in linea generale sono tutti rispettosi. Era necessario fare qualcosa di più per contenere la diffusione del virus». Intanto dalla farmacia arrivano alcuni segnali che rimandano alla scorsa primavera. «Da una settimana sono venute alcune persone in più a comprare nuove mascherine — dice la farmacista —. Adesso ci sono delle restrizioni in più che in teoria si sarebbero dovute adottare anche prima con un po’ di buon senso. Diciamo che la gente si era abituata all’estate».
E a proposito di restrizioni ieri mattina c’è stato un incontro informale tra la sindaca e il presidente Fugatti in cui si è discusso (davanti a un caffè) anche delle eventuali misure da adottare nel caso in cui la curva dei contagi continuasse a salire. A riferirlo, il consigliere provinciale (cembrano) Alessandro Savoi, incontrato per caso davanti alla sua abitazione dopo il caffè. «Tra oggi e domani valutiamo quanti casi ulteriori ci sono — fa sapere —. Se i casi dovessero aumentare siamo costretti a chiudere scuole e asili. Ma basta fare un po’ di attenzione. Certo è che stasera i ragazzi devono scordarsi di fare baracca. Bisogna fare un sacrificio oggi per avere un domani sicuro». La sindaca però tende a escludere che si possa arrivare a chiudere i servizi educativi e ridimensiona i dati. «Abbiamo tantissimi lavoratori pendolari
Le voci
La farmacista: «Ci chiedono mascherine» Al panificio: «La gente sta più attenta»
e con le scuole chiuse i bambini sarebbero affidati ai nonni, proprio quelle persone fragili che dobbiamo tutelare — spiega —. Per questo voglio essere ottimista e penso che riusciremo a frenare il trend dei contagi. Oltretutto, secondo i dati che ho a disposizione, non è vero che un terzo della popolazione è in isolamento».