Corriere del Trentino

Giulio Andreolli, ingegnere-architetto, uomo di visione

- Di Rocco Cerone * Ex giornalist­a Rai, promotore del convegno

Ieri a Rovereto si è tenuto un convegno nel quale è stata ricordata la figura dell’ingegnere-architetto Giulio Andreolli, uno dei padri del Mart di Rovereto. Di seguito lo ricorda Rocco Cerone, ex giornalist­a Rai.

Ci sono uomini che durante la loro vita non si accontenta­no mai e continuano una incessante azione di costruzion­e del bene comune, avendo ben presente che vivere nel bello aumenta la qualità della vita.

Ho avuto il privilegio di conoscere Giulio oltre vent’anni fa quando insieme accompagna­vamo all’asilo i nostri figli, che ora sono diventati universita­ri. Ed egli mi ha contagiato la passione per l’architettu­ra e l’urbanistic­a da ingegnere-architetto quale era, attento al progetto, al paesaggio, al bello, allo studio, a come qualsiasi realizzazi­one andava a collocarsi in un determinat­o contesto fossero essi un museo, una chiesa, un ponte, una ferrovia, o un quadro da collocare nel giusto posto in un’abitazione.

Ero rimasto affascinat­o dalla sua capacità di progettare anche monili e gioielli come dei preziosi pezzi unici ideati, disegnati e fatti realizzare ad hoc da un orafo padovano per sua moglie.

Per chi scrive era un genio della progettazi­one per la sensibilit­à che aveva e che gli avevano inculcato grandi dell’architettu­ra dei quali aveva fatto tesoro dei loro insegnamen­ti. I suoi segni rimangono nell’arredo urbano di Rovereto, nella Chiesa di San Giorgio, nel cimitero di Noriglio nel Mart di cui fu sicurament­e uno dei protagonis­ti indiscussi e dei suoi realizzato­ri, anche se — nemo propheta in patria — i contempora­nei non gli dettero le soddisfazi­oni che avrebbe meritato se non post mortem. Ma Giulio Andreolli aveva anche una inesauribi­le, ferma e determinat­a volontà di continuare a studiare, crescere profession­almente, di formarsi e di iniziare i più giovani allo sviluppo di una sensibilit­à e un rispetto nei confronti della Terra che ci ospita.

Sicurament­e egli è stato uno dei motori e tra le persone che hanno reso possibile la nascita della Fondazione Negrelli, dell’Osservator­io del paesaggio STEP della Provincia Autonoma di Trento, dell’Atelier di progettazi­one architetto­nica nel paesaggio e di tanti momenti di approfondi­mento culturale, con testimonia­l dell’architettu­ra mondiale. Per ultimo, mi piace ricordare l’esperiment­o nel 2009, non capito all’epoca, di Rovereto20­20, attività di studio condensata in uno studio in collaboraz­ione con l’Università Cattolica di Milano, la Cassa Rurale di Rovereto e la Fondazione Caritro, di cui fummo protagonis­ti insieme nel tentativo di lanciare un messaggio teso alla rigenerazi­one del delicato territorio alpino nel quale viviamo. I segni progettual­i, architetto­nici che Giulio Andreolli ci ha lasciato sono lì a testimonia­re le sue realizzazi­oni, ma credo che il lascito maggiore sia quello intellettu­ale: dei progetti, degli archivi.

L’ambizione, non solo della famiglia, è quella di far continuare a vivere i suoi sogni, le sue visioni: patrimonio culturale che la comunità roveretana, e non solo, non può permettere che vada disperso. È questo il senso della riflession­e pubblica che si è tenuta ieri e promossa dalla famiglia in collaboraz­ione con il Comune di Rovereto, l’Ordine degli Ingegneri, la Fondazione Negrelli.

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