Pd abituato a unire, nessuna egemonia
Caro direttore, mi dispiace che, certamente per responsabilità di una mia insufficiente chiarezza, Piergiorgio Cattani, nell’intervista al «Corriere del Trentino» di mercoledì, abbia inteso come un «riflesso egemonico» la mia affermazione, in una precedente intervista a questo stesso giornale, che nel centrosinistra «tutto è Pd». Il senso della mia, certo provocatoria e paradossale, affermazione era ed è del tutto opposto: noi guardiamo con simpatia e amicizia e non con gelosia alle forze con cui siamo alleati, perché i valori che professano e i programmi che sostengono sono, per l’essenziale, gli stessi che professiamo e sosteniamo noi. Del resto, la stessa descrizione che Cattani propone del movimento che presiede («Un contenitore aggregativo di sensibilità plurali, progressiste, democratiche, ecologiste, popolari e civiche, che abbia una chiara fisionomia ideale, capace di una ferma opposizione, ma anche di una concretezza di governo») è in buona sostanza quella che il Pd da sempre dà di se stesso. La rispettosa simpatia che il Pd nutre per i propri alleati è peraltro scritta nel suo codice genetico: mentre la maggior parte delle forze politiche italiane (e trentine) è nata da una qualche scissione, il Pd è nato sulla base di un grande movimento di convergenza tra forze e culture politiche, diverse per provenienza storica, ma accomunate da una medesima visione del futuro. È probabilmente a causa di questa impronta genetica che, mentre altri sono portati ad enfatizzare ciò che divide, noi siamo abituati a considerare più importante ciò che unisce. Non ce ne vogliano, gli amici di Futura: non possiamo farci niente, è la nostra natura.