«Venti esposti rimasti inascoltati»
Ferrari (Coordinamento lavoro) cita le contraddizioni Porfido: 70 aziende e 700 addetti. In 15 anni settore dimezzato
Walter Ferrari cita «gli oltre venti esposti» inanellati negli anni. Il coordinamento lavoro porfido da anni indica i tanti lati oscuri del settore. Uno su tutti: i canoni spesso ridotti. Ma il presidente della Sezione Porfido Simone Caresia chiede che non si generalizzi.
TRENTO Conta una ventina di esposti depositati negli anni, a cui aggiunge lettere e appelli indirizzati a tutte le istituzioni. «Compreso il presidente della Repubblica», ricorda Walter Ferrari, portavoce del Coordinamento lavoro porfido. Da quarant’anni si occupa delle zone d’ombra del comparto e dal 2014 è l’anima del comitato spontaneo che è arrivato a incontrare sia il presidente della Camera, Roberto Fico, sia il presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. Nel giorno degli arresti e delle ricostruzioni della Procura sui legami della ‘ndrangheta a Lona Lases, Ferrari si concede una considerazione amara: «L’avevamo capito, abbiamo denunciato». Ma poco dopo aggiunge: «Purtroppo, però, a lungo non siamo stati ascoltati».
Il Coordinamento ha alzato la voce in diverse occasioni, censurando l’operato dei Comuni che non rispettavano le normative riguardanti l’obbligo dei concessionari di pagare puntualmente i salari, di versare i contributi previdenziali e pagare i canoni cave ai Comuni. Segnalazioni alle autorità e una lunga esperienza nel porfido per Walter Ferrari che dopo 40 anni nel comparto ricostruisce quelli che per lui sono gli inizi del sodalizio pericoloso, alla fine degli anni Ottanta. «Gli anni della grande prosperità sono coincisi con gli anni dell’economia sospesa fra legalità e illegalità — riflette Ferrari — Noi sappiamo che gli alti profitti sono stati garantiti anche dal controllo del canone di affitto ribassati dalle amministrazioni compiacenti che hanno favorito le imprese, e l’amministrazione provinciale ha lasciato correre». La riduzione dei canoni, a detta di Ferrari, «ha consentito alle aziende di avere margini enormi di profitto a danno della collettività». Non solo: «Profitti e flussi di denaro non tracciato — rimarca ancora — Perché buona parte della vendita prodotta in quegli anni avveniva in nero: flussi di denaro che hanno attirato le organizzazioni interessate al riciclaggio». Nel tempo il coordinamento ha denunciato. «Ma spesso, e me ne dispiaccio, tutto è stato archiviato». Per Ferrari quella che oggi emerge è la prova di ciò che immaginava: «Il settore non è stato piegato dalla crisi del 2008 ma dalle esternalizzazioni e dalle produzioni a discapito della qualità».
La crisi a cui si riferisce ha piegato il settore estrattivo. «Ora parliamo di circa 70 aziende e 700 addetti, mille considerato l’indotto», ricorda il presidente della Sezione Porfido di Confindustria, Simone Caresia. Erano il doppio quindici anni fa, sottolinea ancora il presidente che, proprio analizzando i numeri, non si capacità di ciò che è accaduto. «Noi siamo parte lesa, lo sconforto delle aziende è grande — dice — Pagheremo
un’immagine che tante famiglie distanti da modelli malavitosi non meritano; fa male». Caresia indica la contraddizione: «Sappiamo che il settore è in difficoltà da anni, le aziende faticano ad andare avanti e non hanno a che fare con i malavitosi circoscritti». Resta la condanna, sottoscritta all’unisono con il presidente di Confindustria Fausto Manzana: «Esprimiamo profondo sconcerto per le vicende portate alla luce dalla complessa attività investigativa». E anche i segretari di Cgil (Andrea Grosselli), Cisl (Michele Bezzi) e Uil (Walter Alotti) utilizzano la stessa parola : «Sconcerto». Ma ne aggiungono altre: «I risultati dell’indagine delineano un quadro molto pericoloso. Serve il massimo impegno da parte delle forze dell’ordine, ma anche delle istituzioni e della comunità per circoscrivere ed eliminare questi fenomeni che mettono a rischio l’economia trentina, ma che impongono anche una pesante ipoteca sui meccanismi di rappresentanza democratica nella nostra comunità».
«Dobbiamo ripartire dal distretto del porfido — riflette Grosselli — E superare la frammentazione, per consolidare la capacità produttiva e resistere sia dal punto di vista finanziario sia alle pressioni». Consorzi, reti d’impresa: per il segretario della Cgil è nel tessuto frastagliato che s’incuneano cellule malate.
Caresia
Siamo la parte lesa Tante imprese familiari temono i danni d’immagine Ora però non si generalizzi