TRA IRONIA, PARODIE E SATIRA PER SUPERARE LE DIFFICOLTÀ CON UNA RISATA
Prendiamola con ironia. Si dice che ne uccida più la lingua che la spada, tra ironia, parodie e satira. Certo l’arguzia può diventare offensiva, nel senso che attacca, moralisticamente, qualche difetto. La satira in letteratura ha origini antiche. Possiamo farla risalire ad Aristofane, Ipponatte e Alceo. Per quanto riguarda il disegno satirico, l’origine è assai incerta. Certamente non risale all’uomo delle caverne, per il quale la raffigurazione doveva essere rituale, magica o religiosa, propiziatoria o semantica, ma non caricaturale. La parola «caricatura» risale ad Annibale Carracci che con i suoi «ritrattini carichi» dà origine al vocabolo. La pratica della caricatura che diffonderà un nuovo modo di satira, comincia con la conquista della libertà di stampa e conseguirà il massimo del suo exploit nell’Ottocento con l’apparizione dei grandi settimanali umoristici. In Inghilterra era già iniziata nel Settecento e troverà la sua più alta applicazione nel campo della politica, ben rappresentata dal Punch.
Nell’estroversa Francia appariranno leggendari giornali satirici come La Caricature,o Le Charivari, il Journal pour rire, l’Assiette au beurre, Le Chat noir.
In Germania nascono giornali umoristici come Fliegende Blätter, Kladderadatsch, Simplizissimus. In Italia le vignette satiriche dei giornali continuano a essere uno splendido esempio, con autori come Forattini, Altan e altri.
Ma, arrivando dal generale al locale, come la mettiamo in fatto di ironia o di autoironia nella Terra delle Montagne, cioè fra gli Altoatesini-Sudtirolesi, i Welschtiroler o Trentini ed i Ladini? Va notato lo spirito del contadino e del montanaro che, da sempre, si esprime attraverso modi di dire, perifrasi, metafore, è sicuramente una forma per mascherare una certa timidezza, ma anche per dimostrare estraneità con i «foresti». Naturalmente è più facile ridere di noi stessi riferendoci a tempi passati, anche se sui difetti attuali ci sarebbe moltissimo da ridere come, fra gli altri, hanno fatto gli artisti Paul Flora sui tirolesi, Egon Rusina sui ladini. I giornali si fregiano delle vignette di Frangi ( lo scittore Ettore Frangipane) o di Peppi Tischler sui giornali in lingua tedesca. Sulla nostra Terra, o meglio a carico della nostra Terra, c’è una intera antica letteratura ironico-satirica.
Tralasciamo Karl Ludwig von Pfalz che scrive a suo figlio in viaggio oltre al Brennero, fino ad Ala: «Non prendermi troppa aria Tirolese – quella gente diventa saggia solo dopo i quarant’anni…».
O Heinrich Heine che scrive: «I Tirolesi hanno un’aria sana, certamente dovuta al fatto che sono troppo stupidi per ammalarsi…».
L’autoironia è anche una forma di intelligenza che può servire a superare momenti difficili. Sempre sui Tirolesi, i vicini Svizzeri parlano di Tirolesi zappin, perché si prestavano come lavoratori stagionali per la raccolta del fieno o come tagliaboschi o cinch, prendendoci in giro come giocatori di mora. Arguzia o ironia o autoironia, sarcasmo visti come arma di difesa anche in tempi oscuri.
Che dire? Non ci resta che ridere.