A Rovereto pesa l’assenza di idee, pensieri, visioni improntate alla diversità
Partendo ancora una volta dall’esito delle recenti elezioni comunali, un dato appare assai chiaro dello status attuale della politica di Rovereto: l’assenza, più o meno giustificata, di pensiero e di soggetti laici. E questo vale anche per buona parte della nostra Italia. Sia ben inteso, innanzitutto, che per laicità non intendiamo l’ateismo, ma un modus cogitandi et agendi in cui s’incontrano e si fondano valori e norme che guardano a un più ampio rispetto reciproco, al senso di libertà, alla difesa dell’uguaglianza, al rifiuto di ogni verità assoluta e precostituita, al pieno riconoscimento dell’esperienza, alla conoscenza nutrita dal dubbio e dalla curiosità, al virtuoso dialogo tra le molte diversità.
Non voglio qui stendere un protocollo filosofico, ma certamente la filosofia, anche e soprattutto antica, mi può aiutare molto. Rovereto nella sua storia ha fatto germogliare filoni di pensiero diversi, talvolta lontani, se non addirittura opposti. Tutti comunque sorti sulle basi di una primaria ricchezza prodotta dalla moltitudine delle attività economiche, culturali e sociali che qui hanno trovato fertile terreno. Pensiamo ai primi elementi dell’illuminismo italiano, qui nati grazie al roveretano Girolamo Tartarotti, o al cattolicesimo liberale qui fondato e cresciuto sul pensiero di Antonio Rosmini. Il tutto in una piccola città che con intelligenza ha saputo, già parecchi secoli fa, autogovernarsi e conquistare libertà economiche che l’hanno resa polo d’incontro, anche culturale, tra le genti italiche e quelle del centro dell’Europa. Non è casuale il sorgere qui di una delle più antiche Accademie, quella degli Agiati. Sono fondati in quel tempo a Rovereto anche il primo Ginnasio del Trentino, il Museo Civico, la prestigiosa Biblioteca Civica. Un’alleanza tra nobiltà e borghesia cittadine, per il Settecento, certamente originale se non unica, un’unione avente il solo scopo di vincere l’affascinante sfida della conoscenza.
Anche nell’ultimo secolo Rovereto è stata vivace proscenio di un proficuo dibattito politico e culturale. Sono stati molti gli spazi disponibili e i soggetti promotori in tal senso. Citiamo realtà quali Cultura Viva, Conventus, Comunione e Liberazione, Circolo Rosselli, il Museo della Guerra, Casa Depero, senza qui dimenticare i soggetti più politicizzati. Una vivacità difficilmente riscontrabile in altre città di pari grandezza. Non è difficile qui affermare che oggi questa varietà non la si vede, o almeno non la si percepisce. La laicità sta proprio in questo. Che si può sintetizzare nel piacere di esserci e di partecipare, liberando, per l’appunto laicamente, idee, pensieri e visioni. L’aver potuto scegliere il sindaco tra due brave persone, ma ambedue fedeli ai valori cattolici, ritengo sia stato un minus per i cittadini di Rovereto.
Aggiungo, anche per togliere ogni possibile equivoco, che la storia e la vita mi hanno fatto conoscere tanti cattolici validamente laici, su tutti Alcide Degasperi. Ma chi può essere promotore di una rinnovata laicità di Rovereto se non i soggetti laici. E allora cosa fare? Non vi è una terapia precisa, la medicina forse più efficace è il mettersi in gioco senza alcun interesse personale, sentirsi incondizionati e agire da donne e da uomini veramente liberi verso gli altri, ma soprattutto verso sé stessi e verso la propria coscienza.