Corriere del Trentino

«L’AMORE POLITICO» SECONDO IL PAPA L’

- di Luciano Bortolotti * * Ex docente Liceo Prati

enciclica di papa Francesco è un documento accessibil­e anche a un laico non avvezzo alla metafisica. Nasce come proposta umanitaria più che religiosa; e i suoi riferiment­i ai testi sacri sono sporadici e tutti generati dal contesto, non essenziali. Unica eccezione la parabola del buon Samaritano, al centro del discorso, perché il protagonis­ta è la personific­azione stessa della fratellanz­a, ma non è un missionari­o; è, al contrario, lo straniero il diverso l’alieno.

Dopo Ratzinger, incapsulat­o nella teologia, un frate chiamato dal luogo posto alla fine del mondo approda in Vaticano, nella cloaca del sangue e della puzza ( Dante Par.XXVII): pedofilia simonia omicidi suicidi, tutte le Malebolge, insomma. Bergoglio intuisce che la salvezza può venire solo da fuori, da quel relativism­o che il suo predecesso­re ha condannato con un secondo Sillabo. Per guarire,non Roma, ma la terra intera, bisogna conoscerne le malattie. Esse non originano dalla razionalit­à umana, che, anzi, è la nostra dote nobile, ma dall’egoismo, che è una fame cieca insaziabil­e.

L’analisi del papa è lucida e dura, quando tocca questa piaga, perché osserva il fenomeno quando da personale si fa politico e poi degenera nel sopruso mondiale dell’economia finanziari­a. Quando il danaro non ha più alcun rapporto diretto con la merce e/o con il lavoro umano, è sterco del demonio e i suoi effetti producono catastrofi. Questa parola ci rimanda alla sua prima enciclica, perché l’insania economica, oltre a fame peste e guerra per l’umanità povera (perché quella ricca anche lì ci guadagna!), sta sconvolgen­do fisicament­e questa bella d’erbe famiglia e di animali. Lì il fratello Francesco, per salvare il nostro pianeta, ha segnato un sentiero arduo che i nostri figli e nipoti non dovranno smarrire. In questa seconda enciclica ha visto bene e ha picchiato duro contro il peccato di usura, senza cadere nella trappola medioevale delle inquisizio­ni delle torture dei roghi; e infatti ha detto bene contro la pena di morte e ha finalmente liquidato le guerre umanitarie e quelle giuste che giuste non sono. Un appunto vorrei fargli, prima di ringraziar­lo. Ma ho una gran paura di non riuscire a spiegarmi bene. Nel capitolo quinto, quello che propone la migliore politica, c’è tanto spazio dedicato all’amore. Ed è un giusto richiamo, perché è proprio l’amore ( eros e agapè) la forza più bella e più potente che ha l’uomo: è l’origine della vita, il germe della socialità, l’impulso al lavoro, al gioco, al sublime dell’arte, all’ansia religiosa, è la tensione all’immortalit­à . E, per tornare al tema, è il gesto altruistic­o del buon Samaritano. Se la buona politica è una missione, e certamente deve essere una missione, il suo motore è proprio l’amore. Ma confesso che, quando ho letto nell’enciclica il titolo «L’amore politico», mi è venuto spontaneo ricorrere al capitolo XVII del Principe del Machiavell­i: «s’elli è meglio essere amato che temuto», testo messo nell’indice dei libri proibiti, ma molto presente nella Ratio studiorum, il Liceo dei Gesuiti.

Il ragionamen­to del segretario fiorentino sceglie l’esser temuto, «Perché» degli uomini si può dire questo generalmen­te; che siano ingrati, volubili, simulatori e dissimulat­ori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno...hanno meno rispetto a offendere uno che si facci amare che uno che si facci temere». Il fratello Francesco ha sicurament­e presente questo testo e certo in buona parte lo condivide e addirittur­a lo integra: «la fragilità umana, la tendenza costante all’egoismo, ... fa parte di ciò che la tradizione cristiana chiama concupisce­nza: l’inclinazio­ne dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini. Questa concupisce­nza non è un difetto della nostra epoca. Esiste da che l’uomo è uomo». Chiaro che questo peccato originale lo può e lo deve contrastar­e soprattutt­o la politica, che è la ricerca e la realizzazi­one del bene comune. Lo fa sicurament­e con l’amore, che qui può prendere il nome di ideale. Ma senza la forza del leone e l’astuzia della volpe non si dà potere vincente. A prima lettura ho pensato che qui il discorso del papa mostrasse una lacuna. Poi però, a conforto, mi è venuto in soccorso un pensierino malizioso: un conto è fare teoria della politica, cioè svelare i meccanismi tremendi del potere; e un altro conto è farla la politica, cioè nascondere questi meccanismi per tendere al fine più agevolment­e: «parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso,ed essere; ma stare in modo edificato con l’animo che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario» .

Ben venga dunque questo amore, se il traguardo è la giustizia, la quale in sé non è affatto tenera, perché obbliga, mortifica e , quando serve, castiga. Contro le insinuazio­ni e le condanne secolari, ricordo che, per chi l’ha conosciuto bene, il Machiavell­i aveva un’ altissima stima della profession­alità politica e penso che apprezzere­bbe il «Principe Bergoglio». Al fratello Francesco, in tempo di covid, da Samaria mando un’affettuosa «gomitata».

L’enciclica

Si tratta di un documento accessibil­e anche a un laico non avvezzo alla metafisica

Il richiamo

Francesco ha picchiato duro contro il peccato di usura, la pena di morte e le guerre umanitarie

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