«L’AMORE POLITICO» SECONDO IL PAPA L’
enciclica di papa Francesco è un documento accessibile anche a un laico non avvezzo alla metafisica. Nasce come proposta umanitaria più che religiosa; e i suoi riferimenti ai testi sacri sono sporadici e tutti generati dal contesto, non essenziali. Unica eccezione la parabola del buon Samaritano, al centro del discorso, perché il protagonista è la personificazione stessa della fratellanza, ma non è un missionario; è, al contrario, lo straniero il diverso l’alieno.
Dopo Ratzinger, incapsulato nella teologia, un frate chiamato dal luogo posto alla fine del mondo approda in Vaticano, nella cloaca del sangue e della puzza ( Dante Par.XXVII): pedofilia simonia omicidi suicidi, tutte le Malebolge, insomma. Bergoglio intuisce che la salvezza può venire solo da fuori, da quel relativismo che il suo predecessore ha condannato con un secondo Sillabo. Per guarire,non Roma, ma la terra intera, bisogna conoscerne le malattie. Esse non originano dalla razionalità umana, che, anzi, è la nostra dote nobile, ma dall’egoismo, che è una fame cieca insaziabile.
L’analisi del papa è lucida e dura, quando tocca questa piaga, perché osserva il fenomeno quando da personale si fa politico e poi degenera nel sopruso mondiale dell’economia finanziaria. Quando il danaro non ha più alcun rapporto diretto con la merce e/o con il lavoro umano, è sterco del demonio e i suoi effetti producono catastrofi. Questa parola ci rimanda alla sua prima enciclica, perché l’insania economica, oltre a fame peste e guerra per l’umanità povera (perché quella ricca anche lì ci guadagna!), sta sconvolgendo fisicamente questa bella d’erbe famiglia e di animali. Lì il fratello Francesco, per salvare il nostro pianeta, ha segnato un sentiero arduo che i nostri figli e nipoti non dovranno smarrire. In questa seconda enciclica ha visto bene e ha picchiato duro contro il peccato di usura, senza cadere nella trappola medioevale delle inquisizioni delle torture dei roghi; e infatti ha detto bene contro la pena di morte e ha finalmente liquidato le guerre umanitarie e quelle giuste che giuste non sono. Un appunto vorrei fargli, prima di ringraziarlo. Ma ho una gran paura di non riuscire a spiegarmi bene. Nel capitolo quinto, quello che propone la migliore politica, c’è tanto spazio dedicato all’amore. Ed è un giusto richiamo, perché è proprio l’amore ( eros e agapè) la forza più bella e più potente che ha l’uomo: è l’origine della vita, il germe della socialità, l’impulso al lavoro, al gioco, al sublime dell’arte, all’ansia religiosa, è la tensione all’immortalità . E, per tornare al tema, è il gesto altruistico del buon Samaritano. Se la buona politica è una missione, e certamente deve essere una missione, il suo motore è proprio l’amore. Ma confesso che, quando ho letto nell’enciclica il titolo «L’amore politico», mi è venuto spontaneo ricorrere al capitolo XVII del Principe del Machiavelli: «s’elli è meglio essere amato che temuto», testo messo nell’indice dei libri proibiti, ma molto presente nella Ratio studiorum, il Liceo dei Gesuiti.
Il ragionamento del segretario fiorentino sceglie l’esser temuto, «Perché» degli uomini si può dire questo generalmente; che siano ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno...hanno meno rispetto a offendere uno che si facci amare che uno che si facci temere». Il fratello Francesco ha sicuramente presente questo testo e certo in buona parte lo condivide e addirittura lo integra: «la fragilità umana, la tendenza costante all’egoismo, ... fa parte di ciò che la tradizione cristiana chiama concupiscenza: l’inclinazione dell’essere umano a chiudersi nell’immanenza del proprio io, del proprio gruppo, dei propri interessi meschini. Questa concupiscenza non è un difetto della nostra epoca. Esiste da che l’uomo è uomo». Chiaro che questo peccato originale lo può e lo deve contrastare soprattutto la politica, che è la ricerca e la realizzazione del bene comune. Lo fa sicuramente con l’amore, che qui può prendere il nome di ideale. Ma senza la forza del leone e l’astuzia della volpe non si dà potere vincente. A prima lettura ho pensato che qui il discorso del papa mostrasse una lacuna. Poi però, a conforto, mi è venuto in soccorso un pensierino malizioso: un conto è fare teoria della politica, cioè svelare i meccanismi tremendi del potere; e un altro conto è farla la politica, cioè nascondere questi meccanismi per tendere al fine più agevolmente: «parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso,ed essere; ma stare in modo edificato con l’animo che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario» .
Ben venga dunque questo amore, se il traguardo è la giustizia, la quale in sé non è affatto tenera, perché obbliga, mortifica e , quando serve, castiga. Contro le insinuazioni e le condanne secolari, ricordo che, per chi l’ha conosciuto bene, il Machiavelli aveva un’ altissima stima della professionalità politica e penso che apprezzerebbe il «Principe Bergoglio». Al fratello Francesco, in tempo di covid, da Samaria mando un’affettuosa «gomitata».
L’enciclica
Si tratta di un documento accessibile anche a un laico non avvezzo alla metafisica
Il richiamo
Francesco ha picchiato duro contro il peccato di usura, la pena di morte e le guerre umanitarie