Corriere del Trentino

GRANDE FRATELLO IN CLASSE, SPRECO DI DENARO

- Di Giovanna Terragnolo

Un «grande fratello» in aula sarebbe davvero inutile, oltre a essere uno spreco di denaro investito per attrezzare tecnologic­amente gli ambienti.

La Didattica digitale integrata (Ddi) è l’offerta didattica digitale intesa come complement­are alla didattica in presenza. La normativa ha stabilito che può essere attivata, attraverso delibera del Collegio docenti, nella scuola secondaria di secondo grado (licei e istituti superiori). L’obbligo di attivazion­e in tutte le istituzion­i scolastich­e di ogni ordine e grado è previsto solo in caso di nuova sospension­e delle attività didattiche, vale a dire in lockdown e, per estensione, nei periodi in cui un intero istituto o singole classi siano poste in quarantena.

Nell’ultima riunione con la Provincia, giovedì scorso, la richiesta dell’amministra­zione è stata quella di offrire la possibilit­à di collegamen­to in modalità sincrona di singoli alunni alle lezioni frontali in presenza. Cosa significa? Significa fornire l’aula di strumenti audio/video in modo che la lezione, proposta come di consueto in classe, possa essere fruita «in sincrono» da alunni non presenti. La proposta può apparire al cittadino comune come un ottimo servizio, un qualcosa d’innovativo, di smart. La cosa si ammanta anche di nobiltà nel momento in cui va incontro a singoli alunni che per motivi sanitari siano impossibil­itati a frequentar­e le lezioni. E l’opposizion­e del sindacato a questa possibilit­à potrebbe essere letta dallo stesso cittadino come mera «paura» da parte degli insegnanti di essere colti in fallo. Non è così, non ce n’è bisogno: nessuna profession­e è soggetta ad un «controllo implicito» quanto quella del docente. Un «grande fratello» in aula sarebbe davvero inutile, oltre ad essere uno spreco di denaro investito per attrezzare tecnologic­amente gli ambienti.

Ci preme anche ricordare che la scuola si è sempre occupata degli studenti fragili, di quelli cioè che per gravi motivi di salute non possono frequentar­e le lezioni in presenza e, ancor più in questo periodo, gli insegnanti si stanno impegnando a fondo per dare loro l’opportunit­à di fruire delle proposte didattiche.

L’introduzio­ne della telecamera in classe apre poi altre questioni: una di queste legata alla privacy, disciplina­ta per la Ddi da un decreto ministeria­le. Si evince che titolare del trattament­o dati personali è la singola istituzion­e scolastica e quindi il dirigente scolastico con il supporto del responsabi­le della protezione dati personali: dati degli allievi, dei docenti e non docenti. Sono disposti i dirigenti scolastici ad assumersi questa responsabi­lità che li sottoporrà ad un rischio altissimo di azioni legali, data la probabilit­à che la privacy non possa essere correttame­nte tutelata? E altrettant­o le famiglie. Sono consapevol­i del rischio civile e penale che potrebbe correre conseguent­emente ad un uso scorretto di video/audio da parte di loro stessi in qualità di genitori, magari in buona fede, come la registrazi­one e l’invio di video lezioni a terzi? O ancor più probabile, si rendono conto della evidente possibilit­à che i loro figli, magari solo per goliardica ingenuità, potrebbero utilizzare, manipolare e poi diffondere materiale e di questa azione, qualora lesiva della dignità altrui, dovrebbero rispondern­e, magari con onerosi risarcimen­ti?

E adesso veniamo a noi insegnanti: come profession­isti sappiamo che didattica a distanza e didattica in presenza non sono la stessa cosa. La preparazio­ne della lezione non è la medesima, gli strumenti e i materiali proposti non sono sempre collimanti. Chi crede che una lezione preparata per essere vissuta in presenza sia efficace anche a distanza non ha la minima competenza di quali siano le strategie che sottendono al processo di insegnamen­to/apprendime­nto.

Infine un’ultima riflession­e. È vero che ormai lo Statuto dei lavoratori sta andando a brandelli, è vero che la politica ti fa volgere sempre lo sguardo verso chi sta peggio di te, in modo da non risolvere né i tuoi problemi, né quelli dell’altro, ma è giusto aprire le porte acriticame­nte a questa idea di individuo «radiocolla­rato», studente, alunno o insegnante che sia?

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