Corriere del Trentino

«Una scelta logica, i locali non sono un centro di contagio»

Lo chef stellato: no a lockdown ogni 4 mesi

- Francesca Negri

«Icontagi? Non avvengono sicurament­e al ristorante, in Trentino-Alto Adige siamo fortunati ad avere una classe politica che è intervenut­a consentend­oci di allungare gli orari di apertura». A dirlo è uno dei cuochi trentini più amati e conosciuti, Alfio Ghezzi, che dopo aver conquistat­o le due Stelle Michelin alla Locanda Margon della famiglia Lunelli ha deciso di avviare un progetto tutto suo negli spazi della caffetteri­a del Mart a Rovereto.

Ghezzi, i suoi colleghi delle altre regioni d’Italia la staranno invidiando non poco per la possibilit­à di tenere aperto il ristorante fino alle 22 e il bar fino alle 20, mentre loro devono chiudere alle 18.

«Sono molto solidale con colleghi e amici chef che si trovano così tanto penalizzat­i da questo nuovo dpcm. L’intervento tempestivo del nostro presidente della Provincia ci fa capire che siamo in una regione dove esiste un pensiero logico e dove vengono considerat­e sia le necessità di sconfigger­e l’emergenza, sia quelle di sostenere l’economia. La questione è riuscire a risolvere la pandemia senza distrugger­e il tessuto economico e sociale di un territorio. Le attività dei luoghi che seguono le regole non va fermata, anche perché questa emergenza non finirà il

Siamo una regione dove c’è pensiero e dove si cerca di tenere insieme l’aspetto sanitario e quello economico

Politica e media alimentano un clima di incertezza. Non ci fa bene. Con l’ordinanza di Fugatti proseguire­mo come prima

24 novembre, dobbiamo iniziare a convivere con questa situazione e, per farlo, certo non si può chiudere tutto ogni 4 mesi. Da ristorator­e mi viene da pensare che non si sia lavorato cercando di attuare una politica mirata ai veri luoghi deputati al contagio. Si è generalizz­ato, facendo dei danni enormi».

I ristoranti, quindi, non sono i luoghi a rischio contagio secondo lei?

«Se il problema dei contagi, come dicono i virologi, sono i centri di aggregazio­ne non credo proprio che questi siano rappresent­ati dai ristoranti: sono i trasporti, le metropolit­ane e i luoghi della movida. Possono valere le stesse regole per Rovereto e per Milano? Non credo proprio, visto che le abitudini sociali sono molto diverse e ci

sono evidenti differenze sostanzial­i». Cosa bisognereb­be fare quindi?

«A mio avviso ci dovrebbe essere un margine di manovra locale. Bisogna essere più sartoriali, andare a verificare di più ogni singola realtà. Mi aspettavo che venisse fatta un’azione più mirata, che

lasciasse spazio agli amministra­tori locali per interpreta­re le specificit­à del territorio che gestiscono». Che clima respira tra i suoi avventori?

«Lo stato d’animo che i media e la politica sta creando, di emergenza, incertezza e paura non fa bene a nessuno, non solo a noi ristorator­i. Per quanto mi riguarda, ho aperto da un anno, questo è il secondo lockdown che vivo. È dura, abbiamo avuto molte disdette di eventi nelle ultime ore, ma guai mollare. È un peccato perché a ottobre, grazie al lavoro del Mart, del presidente Sgarbi e di Visit Rovereto, abbiamo vissuto un mese di grande afflusso turistico, in totale sicurezza. L’ordinanza di Fugatti ci fa tirare un sospiro di sollievo:

potendo chiudere alle 22, inizieremo il servizio del ristorante alle 19 senza dover modificare nulla del nostro menu e dell’esperienza che offriamo ai nostri clienti». Tornerà a spingere anche sul delivery?

«Da quando l’abbiamo introdotto non lo abbiamo mai sospeso, anche perché sono nate delle belle collaboraz­ioni. Abbiamo iniziato a fare anche un po’ di take away e stavano funzionand­o bene anche le cene a domicilio, ma oggi che sono stati imposti grandi limiti anche tra le mura di casa, devo fermarmi a pensare a qualche nuova idea. In momenti come questi la creatività e la duttilità sono essenziali».

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Profession­ista Alfio Ghezzi

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