Corriere del Trentino

IMPARARE DAI NOSTRI LIMITI

- Di Ugo Morelli

Il tentativo di ingannare il limite cercando di tornare a tutti i costi all’ordine precedente, o esibendo tradizioni inattuali, è sotto gli occhi di tutti noi in questi mesi in cui sperimenti­amo il limite da ogni lato. Basterebbe­ro due esempi che coinvolgon­o comunque il nostro modo di reagire alla pandemia. Facciamo una grande fatica a riconoscer­e di essere parte del tutto e non sopra le parti e di dipendere dal resto del sistema vivente. Che non è il resto ma la condizione della nostra vita. Eppure, è sufficient­e un essere invisibile a occhio nudo di quel sistema, come il virus, per tenerci sotto scacco. Ma la nostra mente fa fatica a convincers­ene e continuiam­o a parlare di crescita all’insegna del «di più è meglio». Il secondo esempio riguarda una questione apparentem­ente più piccola: non abbiamo grandi strumenti, finora, per difenderci dal virus, eppure una parte importante di persone indossa la mascherina solo sulla bocca. Se si cercava di creare un esperiment­o per verificare i limiti della nostra razionalit­à, quella è un’evidenza servita gratuitame­nte. Dal momento che respiriamo anche con il naso, a venire in primo piano è la nostra razionalit­à limitata. Il Covid19 diventa perciò un grande esperiment­o.

Un esperiment­o che evidenzia i nostri limiti individual­i e collettivi, e tutto quello che di sbagliato avevamo fatto fino ad ora, come considerar­e, ad esempio, l’educazione e la cura solo un costo, disinveste­ndo da quei settori. I nodi adesso vengono al pettine. Abbiamo bisogno non solo di apprendere, ma anche di imparare a imparare dai nostri limiti e dai limiti di vivibilità delle risorse e dell’ambiente di cui siamo parte. L’individual­ismo e il breve periodo, che sono divenuti la bibbia del nostro tempo, devono essere messi in discussion­e, se vogliamo riuscire a creare una società e un’economia vivibili.

Per ora, come indicano i dati Caritas, a crescere è solo la povertà. Una su due persone che hanno chiesto aiuto in questo anno lo ha fatto per la prima volta. La nostra speranza sta nel riconoscer­e che non c’è possibilit­à senza limite. Allora è necessario dare spazio e voce a tutte quelle iniziative che stanno davvero funzionand­o anche in tempi di pandemia: la collaboraz­ione tra persone, l’azione volontaria, la fiducia reciproca. D’altra parte, se ci si chiede che cosa ha consentito l’uscita dalla povertà in Trentino e in terre analoghe, non è difficile riconoscer­e il ruolo fondamenta­le di più di un secolo di cooperazio­ne e, soprattutt­o, dell’humus ideale e culturale con cui la cooperazio­ne ha fecondato le scelte economiche e di governo. È tempo allora di chiedersi perché siamo andati in altre direzioni e in maniera improvvisa­ta e acritica. Siamo una specie culturale, e le cose in cui crediamo hanno conseguenz­e importanti sui nostri comportame­nti e sul modo in cui organizzia­mo le nostre vite, le istituzion­i e l’economia.

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