IMPARARE DAI NOSTRI LIMITI
Il tentativo di ingannare il limite cercando di tornare a tutti i costi all’ordine precedente, o esibendo tradizioni inattuali, è sotto gli occhi di tutti noi in questi mesi in cui sperimentiamo il limite da ogni lato. Basterebbero due esempi che coinvolgono comunque il nostro modo di reagire alla pandemia. Facciamo una grande fatica a riconoscere di essere parte del tutto e non sopra le parti e di dipendere dal resto del sistema vivente. Che non è il resto ma la condizione della nostra vita. Eppure, è sufficiente un essere invisibile a occhio nudo di quel sistema, come il virus, per tenerci sotto scacco. Ma la nostra mente fa fatica a convincersene e continuiamo a parlare di crescita all’insegna del «di più è meglio». Il secondo esempio riguarda una questione apparentemente più piccola: non abbiamo grandi strumenti, finora, per difenderci dal virus, eppure una parte importante di persone indossa la mascherina solo sulla bocca. Se si cercava di creare un esperimento per verificare i limiti della nostra razionalità, quella è un’evidenza servita gratuitamente. Dal momento che respiriamo anche con il naso, a venire in primo piano è la nostra razionalità limitata. Il Covid19 diventa perciò un grande esperimento.
Un esperimento che evidenzia i nostri limiti individuali e collettivi, e tutto quello che di sbagliato avevamo fatto fino ad ora, come considerare, ad esempio, l’educazione e la cura solo un costo, disinvestendo da quei settori. I nodi adesso vengono al pettine. Abbiamo bisogno non solo di apprendere, ma anche di imparare a imparare dai nostri limiti e dai limiti di vivibilità delle risorse e dell’ambiente di cui siamo parte. L’individualismo e il breve periodo, che sono divenuti la bibbia del nostro tempo, devono essere messi in discussione, se vogliamo riuscire a creare una società e un’economia vivibili.
Per ora, come indicano i dati Caritas, a crescere è solo la povertà. Una su due persone che hanno chiesto aiuto in questo anno lo ha fatto per la prima volta. La nostra speranza sta nel riconoscere che non c’è possibilità senza limite. Allora è necessario dare spazio e voce a tutte quelle iniziative che stanno davvero funzionando anche in tempi di pandemia: la collaborazione tra persone, l’azione volontaria, la fiducia reciproca. D’altra parte, se ci si chiede che cosa ha consentito l’uscita dalla povertà in Trentino e in terre analoghe, non è difficile riconoscere il ruolo fondamentale di più di un secolo di cooperazione e, soprattutto, dell’humus ideale e culturale con cui la cooperazione ha fecondato le scelte economiche e di governo. È tempo allora di chiedersi perché siamo andati in altre direzioni e in maniera improvvisata e acritica. Siamo una specie culturale, e le cose in cui crediamo hanno conseguenze importanti sui nostri comportamenti e sul modo in cui organizziamo le nostre vite, le istituzioni e l’economia.