Radure al Casom
La mostra nell’antica postazione di vedetta in montagna a Mezzomonte di Folgaria Scultura, fotografia, narrazione e paesaggio nella location (in sicurezza) tra la natura
Èin montagna l’unica mostra che resiste e resta aperta. S’intitola Radure, allestita al Casom di Mezzomonte da domani. Non è un museo e resta aperto, con visite individuali, perchè è considerato un maso. È l’innovazione creativa di Portobeseno Festival. Non lasciarsi paralizzare dai limiti, ma concentrarsi sulle possibilità. Così gli organizzatori del Festival Portobeseno, da 15 anni attivo in Trentino, hanno deciso di non rinunciare all’edizione autunnale, ma di trasformarla, rispettando le norme anti Covid19. «Vogliamo lanciare una provocazione - spiega Davide Ondertoller, ideatore del festival che cura con Sara Maino -. Vogliamo indagare le possibilità, evitando di rivolgere l’attenzione a ciò che non si può fare e concentrandoci invece su quello che possiamo fare. Il tutto è possibile grazie a un costante dialogo con le istituzioni, il Comune di Folgaria e i carabinieri locali, che sono sempre stati messi al corrente delle nostre attività». Il nuovo progetto autunnale del Festival di Portobeseno è l’allestimento di opere d’arte nel Casom a Mezzomonte di Folgaria, antica baita del Seicento una volta utilizzata dalla guardia campestre e come punto di vedetta. La mostra Radure aperta nei fine settimana da domani al 13 dicembre, è stata pensato appositamente per questa originale sede è potrà essere visitata liberamente e gratuitamente, ma solo durante le ore di luce, perché l’antica struttura architettonica recuperata da un intervento di restauro non ha corrente elettrica e va raggiunta solo a piedi con partenza dal parcheggio del campo sportivo di Mezzomonte di Folgaria, attraverso una breve passeggiata. Niente auto, niente energia elettrica, niente biglietto d’ingresso, niente affollamenti, grande rapporto con la natura, ricalcando le abitudini d’uso delle strutture di alta montagna, ma a pochi passi da casa nostra.
«Quello che proponiamo è un percorso espositivo - chiarisce Ondertoller -. L’allestimento di uno spazio storico che ha già tanto da raccontare. Per questo contiamo che non venga chiusa come altri musei. Si potrà accedere alla baita ogni sabato dalle 14 alle 16 e ogni domenica dalle 10 alle 12. Un controllore rimarrà lontano dalla struttura, lasciando passare una persona alla volta che percorrerà il breve passaggio fino al Casom». Insomma, una vera e propria immersione nel silenzio della natura e nella potenza comunicativa dell’arte in totale solitudine. Il luogo e la filosofia di visita sono stati scelti partendo da una riflessione sulla figura simbolica dell’uomo selvatico, identificato dalle antiche culture popolari montane come un essere al di fuori dei confini della civiltà, divenuto un tutt’uno con il bosco. Il percorso espositivo è sviluppato attraverso i mezzi espressivi di scultura, fotografia, paesaggio sonoro e narrazione letteraria come risultato di un ciclo di laboratori a più voci condotto la scorsa estate in esterna nella
Valle del Rio Cavallo, in lingua cimbra detto Rosspach, tra l’Alpe Cimbra, Castel Beseno e la Vallagarina. L’installazione diviene così una privilegiata occasione per riconnettersi con luoghi poco noti del territorio, ricchi di simboli e leggende del passato.
«Il Festival Portobeseno non si è mai fermato - conclude l’ideatore - e cercheremo di fare sì che non si fermi». Nel corso dell’anno, sempre nel rispetto delle normative di sicurezza per il Covid-19, sono stati organizzati, anche laboratori nel bosco, la raccolta di un archivio sonoro del primo lockdown e la realizzazione di mappe digitali di numerosi sentieri poco conosciuti a fruizione libera in modalità open source, in particolare nell’area di Calliano nella valle del Rosspach fino al confine con Rovereto e fino a 1000 metri d’altitudine. Maggiori informazioni su www.portobeseno.it.
È uno spazio storico che ha tanto da raccontare. Entrerà solo una persona alla volta, in totale solitudine, in un luogo immerso nella natura e nel silenzio