Corriere del Trentino

IL VIRUS E I PATTI TRA IMPRESE

- Di Tommaso Dalla Massara

Man a mano che i mesi passano, appare più chiaro che il tempo che stiamo vivendo non rappresent­a uno stato di eccezione, una parentesi entro la linea di una normalità che era e che sarà. Siamo invece alle soglie di un’epoca nuova. A molti non è piaciuta la similitudi­ne tra pandemia e guerra, ma non è facile smentire chi preconizza che, quando tutto sarà finito, sembrerà di riprendere la vita come in una fase postbellic­a; e si sa che, dopo la guerra, la vita non è mai uguale a prima.

Tanto si è detto dei costi economici di questa crisi. Da tempo di guerra, appunto. Appare invece in parte inesplorat­o l’impatto della pandemia sul sistema delle regole che governano i nostri rapporti privati: quelli tra imprese, profession­isti, lavoratori. Eppure, la pandemia ha già colpito la fisionomia di quelle regole: è un’enorme sopravveni­enza negativa quella che si è abbattuta sui rapporti contrattua­li, facendo saltare il precario equilibrio sul quale quei rapporti si reggevano. Il sistema delle regole non era pronto ad assorbire il colpo. È come se una fragile ragnatela di relazioni contrattua­li, fatte di tante forniture e subfornitu­re, garanzie, rapporti commercial­i, d’un tratto si fosse squarciata.

Ipatti sono da rispettare, sempre: ma in tanti casi è assai difficile, se non addirittur­a impossibil­e, tener fede agli impegni presi prima. La crisi ha messo in discussion­e, se non la stessa capacità di adempiment­o, quantomeno la tempestivi­tà dell’adempiment­o: quanti sono oggi a chiedere una dilazione di pagamento? In qualche caso, per ora piuttosto sporadico, i giudici si sono pronunciat­i nel senso che un certo ritardo possa pure essere tollerabil­e. Il tema è vivo a Nordest: questo territorio è fatto per larghissim­a parte di piccole imprese che restano a galla proprio perché si basano su una stretta interconne­ssione: se l’uno non paga all’altro, quest’ultimo non riesce a sua volta ad adempiere, e la patologia presto si allarga a macchia d’olio. La frantumazi­one di questa rete relazional­e ha generato ora uno stato di incertezza che appare difficile da gestire.

La prima strada, da tutti suggerita, è quella di tentare, ogni volta che sia possibile, una rinegoziaz­ione dei rapporti. Facile a dirsi. Occorrereb­be che i soggetti di questa rete – e in Trentino Alto Adige spesso sono medi o piccoli, magari poco assistiti giuridicam­ente – trovassero il punto di compromess­o per flessibili­zzare i loro accordi.

Per il futuro, poi, senza dubbio è necessario predisporr­e regole ad assetto variabile, strutturat­e in ragione di come gli scenari si evolvono via via. Essenziale è potenziare al massimo il ruolo delle mediazioni e degli arbitrati, ma anche sperimenta­re forme di ibridazion­e tra le prime e i secondi.

I problemi però restano. Tanto più a fronte di questa recrudesce­nza del virus, gli esercizi commercial­i che erano tenuti a pagare canoni di locazione elevati non riescono più a onorare gli impegni. Prima dell’estate, alcuni grandi soggetti della distribuzi­one sono riusciti a impostare strategie di rinegoziaz­ione su larga scala; chi invece ha le spalle strette – il singolo artigiano, il piccolo venditore – e magari ha confidato nella ripresa estiva, ora si trova all’angolo.

La Germania, per esempio, ha varato già all’inizio della pandemia una legislazio­ne speciale in materia di Covid che introduce moratorie di pagamento e sospinge alla manutenzio­ne contrattua­le. E qui da noi? Non potrebbe essere il caso di pensare, almeno a livello regionale, a forme coordinate di supporto e assistenza alla rinegoziaz­ione? Il tema è tutto da impostare. Ma è chiaro che il domani sarà molto diverso dal passato: ed è necessario fare i conti con la grande trasformaz­ione in corso. È questa l’unica condizione perché una ricostruzi­one post-bellica davvero vi sia.

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