Fondi anti-pandemia, gli appetiti della mafia
Sequestrati immobili, società, auto e terreni intestati anche a familiari
Immobili, auto, società e terreni. La guardia di finanza di Trento ha sequestrato beni per 8 milioni di euro intestati a parenti o prestanome ma tutti riconducibili ad alcuni componenti di spicco della presunta «locale trentina» della ‘ndrangheta legata alla cosca calabrese dei Serraino. Sono stati sequestrati anche tre immobili e un terreno a Giuseppe Battaglia. E ora scatta l’allarme anche per i fondi anti Covid che potrebbero essere aggrediti dalla criminalità. Il generale Maccani annuncia una stretta sui controlli.
«La mafia non si misura più con gli omicidi, ma con i loro patrimoni», spiega il generale Ivano Maccani, comandante regionale della guardia di finanza. «Abbiamo concentrato i nostri sforzi su questi aspetti», aggiunge illustrando i nuovi sviluppi dell’inchiesta «Perfido» dei carabinieri del Ros e della Finanza sulla presunta «locale trentina» della ‘ndrangheta legata alla cosca Serraino.
A metà ottobre gli investigatori del Gico e del Nucleo polizia economico finanziario della guardia di finanza avevano sequestrato beni per 6 milioni di euro, ora grazie a un’ulteriore approfondita analisi del patrimonio degli indagati, dei conti correnti e la ricostruzione puntuale degli assetti societari sono riusciti a «congelare» altri beni per oltre 2 milioni di euro. Parliamo di società, immobili, terreni, auto, spesso intestati a familiari e prestanome, ma di fatto riconducibili ai principali attori dell’organizzazione. Il gip Adriana De Tommaso nei primi giorni di novembre ha firmato un nuovo decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione, eseguito lunedì, con il quale sono stati bloccati tutti i beni «detenuti direttamente o indirettamente in valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati o alle attività economiche svolte», spiega il tenente colonnello Francesco Sodano, comandante del nucleo Pef di Trento.
I finanzieri hanno raccolto tutti i dati dal 2010 ad oggi grazie alle banche dati specialistiche come Serpico, Argo e Siva 2, che raccolgono le informazioni sulle operazioni finanziarie sospette, e hanno ricostruito tutto il patrimonio della «locale trentina». Oltre a società, case, auto e conti correnti sequestrati a ottobre i finanzieri hanno «congelato» quattro immobili a Lona Lases, un edificio e un terreno che erano intestati ai figli di Giuseppe Battaglia, considerato «l’iniziatore della silente infiltrazione mafiosa nel tessuto sociale ed economico trentino» — si legge negli atti — e un immobile ad Albiano, intestato a Domenico Ambrogio, presunto «braccio armato» della cosca. Sono stati posti i sigilli anche alla società Solatio srl, sempre di Battaglia, già sequestrata il 15 ottobre scorso. Le Fiamme gialle hanno congelato anche 7 immobili a Roma riconducibili ad Alessandro Schina, indicato come amministratore occulto delle società e uomo delle «istituzioni», trait d’union con personaggi altolocati e amministratori della capitale. A Schina sono state sequestrate anche una Bmw Z4 e la società Adm srl per un totale di quasi un milione di euro. Spulciando l’elenco spunta anche la società Soluzione Ponteggi di Vicenzo Vozzo, mentre Costantino Demetrio dovrà fare a meno della sua Audi Q3. Sono finite sotto i riflettori ben 148 persone, ma le società sotto sequestro resteranno comunque attive in modo tale che i tanti dipendenti, ignari dei presunti affari illeciti dei titolari, potranno continuare a lavorare. La Procura ha infatti nominato un amministratore giudiziario, la dottoressa Patrizia Pizzini, che si occuperà delle società. «Il lavoro viene salvaguardato — ha spiegato il procuratore Sandro Raimondi —, ma con questo sequestro siamo riusciti a togliere risorse all’organizzazione che permettono loro di aumentare i loro guadagni e la loro presenza sul territorio». Intanto ieri il Riesame ha respinto il ricorso del presunto boss Innocenzio Macheda.
Ma lo sguardo attendo delle Fiamme Gialle ora si allunga anche sui fondi europei anti Covid decisamente appetibili per la mafia. Sono già arrivate le prime segnalazioni dagli enti locali e dalle associazioni di categoria. «Molti industriali e commercianti — spiega Maccani — stanno vivendo un momento di grande difficoltà ed è giusto che questi soldi vadano nelle loro tasche e non in quelle della criminalità organizzata che si sta attrezzando per acquisire questi fondi». La mafia punta a costruire nuovi patrimoni sulla pandemia, ma Maccani annuncia una stretta sui controlli in sinergia con le Procure e il Commissariato del governo.
Maccani
La mafia non si misura più con gli omicidi. Il crimine tenta di aggredire anche i contributi per la pandemia
Raimondi
Siamo riusciti a togliere risorse all’organizz azione che permettono loro di aumentare i guadagni e la presenza sul territorio