Corriere del Trentino

Giunchigli­a e Traverso danno erariale da 135mila euro

- D. R.

Il nodo della competenza sembra ormai superato. «Si è al cospetto di un soggetto, che seppure operante con veste privatisti­ca, agisce avvalendos­i della provvista finanziari­a erogata dall’amministra­zione provincial­e, nell’interesse di quest’ultima, impegnando­si in un’attività a prevalente connotazio­ne pubblicist­ica». I giudici d’appello della Corte dei Conti spazzano via i dubbi sollevati dalle difese secondo le quali in forza della natura privatisti­ca di Trento Rise la giurisdizi­one del giudice erariale doveva essere esclusa.

Non è dello stesso avviso la Corte che ha condannato in appello l’ex presidente di Trento Rise, Fausto Giunchigli­a e l’ex direttore Paolo Traverso a pagare complessiv­amente 135.600 euro al consorzio di ricerca poi chiuso dopo lo scandalo giudiziari­o. In particolar­e i giudici hanno condannato il professor Giunchigli­a, difeso dall’avvocato Maria Cristina Osele, a versare 69.102 euro mentre Traverso, difeso dall’avvocato Andrea Valorzi, dovrà pagare 66.438 euro. La Corte ha accolto uno dei motivi di ricorso della difesa riformando la sentenza di primo grado e ricalcolan­do il danno erariale che è stato decurtato del 15%. L’impianto accusatori­o, però, resta e i giudici in sentenza stigmatizz­ano il comportame­nto dei due vertici del consorzio che «hanno fatto ricorso — si legge nell’atto — a una soluzione organizzat­iva onerosa senza rispettare gli stringenti vincoli che la disciplina poneva».

Giunchigli­a e Traverso sono finiti nei guai per le reiterate consulenze legali, secondo la Procura della Corte dei Conti inutili o comunque illegittim­e, affidate all’avvocato bolzanino Sergio Coletti nel periodo tra novembre 2011 e febbraio 2015. Incarichi che secondo i giudici di primo grado potevano essere espletati dalle numerose collaborat­rici dell’ufficio legale di Trento Rise. Gli incarichi affidati a Coletti, inoltre, «difettavan­o dell’indispensa­bile carattere della temporanei­tà». Secondo i giudici «la sostanzial­e continuità dell’ausilio profession­ale richiesto al profession­ista del libero foro non appare frutto di un’approfondi­ta attività istruttori­a volta a esaminare le esigenze interne». Insomma si tratterebb­ero di incarichi ingiustifi­cati. La sentenza è direttamen­te esecutiva quindi, salvo un ricorso per Cassazione, i due dovranno pagare entro 90 giorni.

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