Corriere del Trentino

SOLITUDINE DI GIOVANI E ANZIANI

- di Isabella Bossi Fedrigotti

Per tutta l’estate si è sentito parlare di banchi a rotelle, ovviamente piuttosto cari. Di altro che riguardass­e le scuole, il che vuol dire di bambini e ragazzi, si è sentito poco o nulla. Si sono visti questi banchi monoposto, così piccoli da escludere che vi si possa appoggiare un vocabolari­o o altro volumone di studio, in cambio però molto adatti a piccole o meno piccole corse in aula, tipo autoscontr­i. Cosa che, là dove ancora si riesce ad andare in classe, si è puntualmen­te verificata, tanto da far rimpianger­e agli insegnanti i vecchi banchi immobili da due posti i quali, invece di finire ammassati in qualche magazzino, avrebbero probabilme­nte potuto benissimo continuare a svolgere la loro funzione destinando­li a un alunno soltanto invece che a due; con ottimo risparmio per le casse dello Stato. Dovevano servire, i minuscoli banchi, a favorire il distanziam­ento sociale. Distanziam­ento che, però, sui mezzi pubblici, treni, bus e corriere, dove nessuno controllav­a che gli studenti non vi si pigiassero dentro, è andato a farsi benedire. Viene il sospetto che nell’estate passata a parlare di banchi a rotelle (purtroppo assai più che dei loro utenti), non si siano, invece, parlate abbastanza la ministra dell’istruzione e quella dei trasporti.

Il risultato? Lo si è visto. Sono dilagati i contagi tra gli scolari e poiché non c’era un piano b si è deciso sempliceme­nte di chiudere le scuole, quasi tutte tranne le elementari. Alunni a casa, qualche ora di lezione in remoto e poi, a meno di avere un paio di fratelli, solitudine per loro e isolamento, quando si sa, e non è un modo di dire, che bambini e ragazzi hanno bisogno di amici come del pane, e senza pane, anche questo si sa, non si può crescere. E’ soltanto un’impression­e che, al di là di belle parole, per la generazion­e giovane i politici non si siano certo dannati? E poi i vecchi. Anche se parrebbe più elegante dire anziani, l’impression­e è che vengano trattati proprio da vecchi. In questo tempo di covid altro per loro, se non stare tappati in casa, non è, infatti, stato inventato. Arresti domiciliar­i, per il loro bene. O, magari, anche, per lasciare, là fuori, un po’ più di fiato ai giovani che li potrebbero contagiare. La soluzione, se così la si può chiamare, comunque implica per loro solitudine e isolamento, molto simile a quello che tocca ai ragazzi rimasti senza scuola. Una condanna che già di per sé riguarda molti vecchi i quali, però, in tempi normali possono uscire, andare al parco, frequentar­e un circolo, fare la spesa mentre adesso dovrebbero soltanto stare a casa. Altri molti, almeno sulla carta meno soli, si ritrovano, invece, rinchiusi in qualche casa di riposo e sappiamo dalle cronache cosa succede là dentro.

Tanto per completare il quadro, c’è l’allarme lanciato dai medici: l’isolamento prolungato può portare alla depression­e sia vecchi che giovani, ma i primi, nel lockdown dei (pochi o molti) metri quadri casalinghi, corrono anche il rischio di perdere, nella prolungata immobilità, la massa muscolare, non facile da ricostruir­e dopo una certa età.

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