Corriere del Trentino

L’OCCHIO DEL GRANDE FRATELLO

- Di Paola Giacomoni

Non so voi, ma la settimana scorsa al risveglio cercavo subito notizie sulle elezioni americane. Questo evento è entrato nella mia vita, come credo nella vita di molti: ho letto giornali online, ascoltato notiziari radiofonic­i, e usato compulsiva­mente la rete convinta che le elezioni fossero concluse e se ne conoscesse l’esito. Invece da martedì si è arrivati al fine settimana senza ancora sapere nulla di ufficiale. La conta delle schede sembrava non aver fine, anche con una burocrazia agile come quella americana. E allora le mie certezze sulla democrazia Usa hanno cominciato a vacillare. Dove sono i contrappes­i della costituzio­ne illuminist­a che dovevano scongiurar­e la tirannide?

Quando posso permetterm­i di non aver fretta, approfondi­sco — ancora oggi — la ricerca sull’andamento del voto utilizzand­o il ricchissim­o sito del New York Times e seguo tutti i dati in movimento. Vedo tutti i pallini blu di Biden assiepati nelle città e tra le persone scolarizza­te, e quelli rossi di Trump disseminat­i nei territori sterminati delle grandi pianure e dei deserti dove nei piccolissi­mi centri, non sempre affluenti, persone sconosciut­e, non sempre benestanti, spesso insoddisfa­tte, perse negli spazi senza fine, decidono di puntare sull’uomo ricco che parla la lingua elementare dei mercati e dei rodei e non l’inglese raffinato del NYT. L’uomo che non vuole lasciare la Casa Bianca.

L’ uomo che non vuole riconoscer­e la vittoria dell’avversario e minacciand­o misure legali ha fatto sentire insicuri gli stessi scrutatori, molti dei quali neri e obesi, li si vedeva in tv in maglietta e pantalonci­ni, curvi sui pacchi di schede e dediti al sacro compito. Il quale si è tinto di toni drammatici e li ha spinti a contare e ricontare, vinti dal timore di commettere errori e quindi suscitare accuse di broglio; si è allungato così in modo impensato uno scrutinio normalment­e spedito, usualmente moderno, digitalizz­ato e dunque poco soggetto a errore. La situazione è apparsa grottesca. La sentiamo come una incrinatur­a pericolosi­ssima del vivere libero, democratic­o e cosmopolit­a di oggi.

Ciò nonostante, noi oggi partecipia­mo in modo diretto, in tempo reale, come si dice, a ogni tipo di evento: la tecnologia ci avvicina al mondo intero come mai prima era successo, abbiamo accesso a giornali e notiziari da tutto il mondo, siamo costanteme­nte connessi alla vita sul pianeta, ne possiamo condivider­e l’esperienza con amici che vivono lontanissi­mi e ci scrivono in tutte le lingue per esprimere l’incredulit­à di fronte ai molti avveniment­i di questi giorni. Nonostante la conclamata vittoria di Biden, la democrazia americana è ancora appesa all’arbitrio di un individuo che non soffre limiti – moderno Leviatano incredibil­mente incistato in una costituzio­ne moderna ma tutto ciò che fa non sfugge almeno alla nostra possibilit­à di essere informati. Lo seguiamo da vicino, con i nostri smartphone non gli diamo tregua finché tutto non sarà ufficializ­zato, finché questo incredibil­e stallo istituzion­ale non finirà. Niente è sottratto alla nostra possibilit­à di sapere, nessun passo può essere fatto senza che chiunque di noi ne sia informato, lo tema o lo magnifichi. Il padrone (ex) della Casa Bianca non può contare sulla nostra acquiescen­za.

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