L’OCCHIO DEL GRANDE FRATELLO
Non so voi, ma la settimana scorsa al risveglio cercavo subito notizie sulle elezioni americane. Questo evento è entrato nella mia vita, come credo nella vita di molti: ho letto giornali online, ascoltato notiziari radiofonici, e usato compulsivamente la rete convinta che le elezioni fossero concluse e se ne conoscesse l’esito. Invece da martedì si è arrivati al fine settimana senza ancora sapere nulla di ufficiale. La conta delle schede sembrava non aver fine, anche con una burocrazia agile come quella americana. E allora le mie certezze sulla democrazia Usa hanno cominciato a vacillare. Dove sono i contrappesi della costituzione illuminista che dovevano scongiurare la tirannide?
Quando posso permettermi di non aver fretta, approfondisco — ancora oggi — la ricerca sull’andamento del voto utilizzando il ricchissimo sito del New York Times e seguo tutti i dati in movimento. Vedo tutti i pallini blu di Biden assiepati nelle città e tra le persone scolarizzate, e quelli rossi di Trump disseminati nei territori sterminati delle grandi pianure e dei deserti dove nei piccolissimi centri, non sempre affluenti, persone sconosciute, non sempre benestanti, spesso insoddisfatte, perse negli spazi senza fine, decidono di puntare sull’uomo ricco che parla la lingua elementare dei mercati e dei rodei e non l’inglese raffinato del NYT. L’uomo che non vuole lasciare la Casa Bianca.
L’ uomo che non vuole riconoscere la vittoria dell’avversario e minacciando misure legali ha fatto sentire insicuri gli stessi scrutatori, molti dei quali neri e obesi, li si vedeva in tv in maglietta e pantaloncini, curvi sui pacchi di schede e dediti al sacro compito. Il quale si è tinto di toni drammatici e li ha spinti a contare e ricontare, vinti dal timore di commettere errori e quindi suscitare accuse di broglio; si è allungato così in modo impensato uno scrutinio normalmente spedito, usualmente moderno, digitalizzato e dunque poco soggetto a errore. La situazione è apparsa grottesca. La sentiamo come una incrinatura pericolosissima del vivere libero, democratico e cosmopolita di oggi.
Ciò nonostante, noi oggi partecipiamo in modo diretto, in tempo reale, come si dice, a ogni tipo di evento: la tecnologia ci avvicina al mondo intero come mai prima era successo, abbiamo accesso a giornali e notiziari da tutto il mondo, siamo costantemente connessi alla vita sul pianeta, ne possiamo condividere l’esperienza con amici che vivono lontanissimi e ci scrivono in tutte le lingue per esprimere l’incredulità di fronte ai molti avvenimenti di questi giorni. Nonostante la conclamata vittoria di Biden, la democrazia americana è ancora appesa all’arbitrio di un individuo che non soffre limiti – moderno Leviatano incredibilmente incistato in una costituzione moderna ma tutto ciò che fa non sfugge almeno alla nostra possibilità di essere informati. Lo seguiamo da vicino, con i nostri smartphone non gli diamo tregua finché tutto non sarà ufficializzato, finché questo incredibile stallo istituzionale non finirà. Niente è sottratto alla nostra possibilità di sapere, nessun passo può essere fatto senza che chiunque di noi ne sia informato, lo tema o lo magnifichi. Il padrone (ex) della Casa Bianca non può contare sulla nostra acquiescenza.