Marini, l’alcol e i leghisti: non ci fu diffamazione
La giudice: «Critica politica». Il consigliere rilancia: trasformiamola in bar bianco
TRENTO Il linguaggio può essere stato colorito, parole severe che evidenziavano un giudizio netto, ma la frase che ha messo nei guai il consigliere pentastellato rientrano nel diritto di critica politica. È questo, in sintesi, il ragionamento seguito dalla giudice Claudia Miori che ha archiviato l’accusa di diffamazione mossa al consigliere provinciale dei 5 Stelle, Alex Marini. «Le dichiarazioni — scrive — sono state pronunciate nel contesto di una discussione di natura politica, espresse con un linguaggio continente, appaiono caricate di un significato metaforico seppure di segno aspramente critico».
Secondo Miori la frase sembra più che altro un modo di dire con cui si vuole «denigrare, non le persone, ma un comportamento politico dal quale si dissente perché appare, nel taglio interpretativo dell’autore, come assimilabile ai comportamenti degli ubriaconi». Era stato lo stesso pm Carmine Russo a chiedere l’archiviazione, ma i quattro leghisti avevano annunciato battaglia e si erano opposti attraverso l’avvocata Claudia Eccher. Il caso era così finito sul tavolo del gup che ha chiuso il caso. La giudice parla di «critiche aspre» che, però, «non hanno travalicato il limite della continenza», e ricorda una pronuncia della Cassazione secondo la quale «il diritto di critica si concreta nella manifestazione di un’opinione che sarebbe contradditorio pretendere rigorosamente obiettiva».
Il caso era scoppiato a luglio quando il consigliere provinciale, difeso dall’avvocata Rosa Rizzi, in una conferenza stampa, organizzata dalla minoranza sul ruolo di Walter Kaswalder, aveva accusato alcuni consiglieri di snobbare i lavori in aula. In particolare Marini aveva detto che alcuni esponenti della maggioranza sarebbero stati soliti passare tempo al bar interno del Consiglio provinciale. «È evidente — aveva detto — che il Consiglio provinciale viene utilizzato come strumento di propaganda per promuovere le politiche promosse dal presidente della Provincia e della giunta e a conferma di ciò abbiamo vari elementi, il primo è che la maggior parte del tempo i consiglieri di maggioranza lo passano alla buvette a bere, a consumare sostanze anche alcoliche, e in buona quantità...». Parole che avevano scatenato un tormentone in consiglio. I leghisti Mara Dalzocchio, capogruppo dei salviniani nel parlamentino trentino, Devid Moranduzzo, Katia Rossato e Gianluca Cavada lo avevano denunciato per diffamazione.
Ora arriva l’archiviazione che
«Dichiarazioni caricate di significato metaforico»
chiude il caso giudiziario, non quello politico. L’intenzione di Marini — ci tiene a precisare il consigliere — era infatti quella di accendere un dibattito sulla vendita di alcolici nel bar interno al Consiglio provinciale. «Non intendevo diffamare ma mettere in evidenza un problema che è sotto gli occhi di tutti», spiega. «Il fenomeno c’è e va risolto», spiega. La bufera scoppiata l’estate scorsa dopo le esternazioni di Marini hanno modificato un po’ le abitudini. «Ma il fenomeno rimane», chiarisce il consigliere che rilancia l’idea di trasformare la buvette in bar bianco. Marini insiste anche sulla necessità di abbassare il canone di affitto, poi attacca Fugatti: «Il presidente non è stato i grado di gestire la situazione , ha fatto Ponzio Pilato».
Tribunale