SAN MARTINO E LA VENDETTA DELLE OCHE TRA LEGGENDA, SIMBOLI E MISTERI
San Martino e l’oca. Ma cosa c’entra l‘oca con San Martino? Secondo Sulpicio Severo, il biografo si San Martino (316-397), oltre al famoso taglio del mantello per darlo al povero, Martino, quello che è diventato santo, è stato oggetto o meglio soggetto, di molte leggende. Si narra che Martino nelle sue peregrinazioni come soldato romano, vide un branco di oche che aspettavano i pesci di un ruscello e veloci tuffavano il becco per divorarsi i pesci. Martino, amante di tutte le creature, cacciò le oche. Ma non finisce qui.
Ancora si narra che Martino, in odore di santità fosse chiamato dal papa che lo voleva nominare vescovo. Martino rifiutò la carica e si nascose in un convento. Ma nel convento si allevavano oche e le oche, forse per rifarsi del fatto che Martino le aveva cacciate, cominciarono a starnazzare palesandone la presenza. Così ogni anno, in memoria del tradimento delle oche, una viene sacrificata per la festa di San Martino. Molto probabilmente la storia è molto diversa.
La tradizione di cibarsi dell’oca nel giorno dedicato a San Martino affonda le proprie radici nei secoli. L’oca, come il maiale, costituì per secoli la riserva di grassi e proteine della cucina contadina. Dagli Egiziani ad Omero (non dimentichiamo i capponi di Don Abbondio del Manzoni), l’oca fu sempre ritenuta come ricchezza, ma anche un buon guardiano. Di qui le famose oche del tempio di Giunone sul Campidoglio.
I barbari che saccheggiarono Roma nel 390, sotto la guida di Brenno, consideravano le oche simbolo dell’aldilà e guida dei pellegrini. Una zampa d’oca era il marchio di riconoscimento dei mastri costruttori delle cattedrali gotiche.
A favorire la diffusione dell’allevamento delle oche furono, attorno al 1400, alcune comunità ebraiche di rito aschenazita, che si stabilirono, provenienti dall’Europa del nord, nelle regioni settentrionali della penisola, anche nel Veneto, dove San Martino è tuttora celebrato, mangiando l’oca e offrendo ai bambini dolci a forma di san Martino a cavallo con accanto l’oca, Ora questa colonia di ebrei, non potendo consumare maiale per motivi religiosi, sollecitarono i loro macellai a preparare oche da arrostire e prelibati salumi.
Molto più vicino a noi, o alla nostra infanzia, chi non ricorda il Gioco dell’Oca?
Secondo Fulcanelli il gioco dell’oca è il labirinto popolare dell’Arte Sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera. La sua struttura a spirale conduce al raggiungimento del centro, meta del cammino sapienziale dell’iniziato. La spirale del gioco ha senso sinistrorso, dunque porta ad un ritorno, una risalita alle origini. Le caselle segnate con l’oca permettono di abbreviare il percorso raddoppiando il punteggio ottenuto con il lancio dei dadi.
E poi c’è la storia dell’oca zoppa che segue la caccia selvaggia, subito dopo la figura di Odino. Non dimentichiamo i misteri di Mamma Oca, maestra di ogni ermetismo. Molti misteri e simbologie. Come si penetra nel mistero? Facendolo proprio.