Corriere del Trentino

SICUREZZA, LE TRE PRIORITÀ

- Di Lorenzo Dellai

La parola chiave, dopo questa pandemia, sarà «sicurezza». E sempre più sarà sinonimo di difesa da insidie pandemiche di nuova e sconosciut­a portata.

La parola chiave, dopo questa pandemia, sarà «sicurezza». E sempre più sarà sinonimo di difesa da insidie pandemiche di nuova e sconosciut­a portata e di rapida diffusione. Basta ascoltare ciò che dicono esperti di chiara fama come Ilaria Capua o il nostro Stefano Merler.

Ciò si aggiunge alle due fonti di insicurezz­a già presenti: quella digitale e quella ecologica. Oltre che la salute, la domanda di «sicurezza» evocherà dunque — sempre di più — anche il rischio di vulnerabil­ità e di manipolazi­one della Rete Internet e dei sistemi digitali (ne ha parlato in modo lucido qualche giorno fa Franco Bernabé in una bella intervista sul Corriere della Sera) e quello derivante dalla crisi ecologica, come sovente ci tocca constatare difronte agli effetti del cambiament­o climatico, anche nel nostro territorio alpino (pensiamo a Vaia e al problema di come trattenere in quota le precipitaz­ioni sempre più violente).

Un trittico di questioni che comporterà radicali cambiament­i nel nostro modo di vivere, studiare, lavorare, spostarci, fare vacanza, costruire e coltivare relazioni sociali. Sono fenomeni globali che non possiamo certo illuderci di governare solo nel «locale».

Ma una Comunità Autonoma come la nostra può e deve impegnarsi per assicurare il proprio contributo di «resilienza», in base ai propri «talenti». Non è la fine della Storia, ma una fase di mutamento. Nel marzo scorso, proprio su questo giornale, mi ero permesso di avanzare la proposta di incardinar­e sulla Fondazione Bruno Kessler un luogo di riflession­e strategica a questo riguardo, per chiamare a raccolta le intelligen­ze migliori della comunità locale e non locale, come si fece negli anni Sessanta, a supporto di chi deve assumere le decisioni.

La Giunta provincial­e ha preso una strada diversa, costituend­o varie commission­i tecniche, delle quali peraltro non si è più saputo alcunché. La stessa opposizion­e ha lasciato cadere nel nulla un primo pregevole documento unitario presentato alla stampa in primavera. Questa discussion­e strategica sarebbe invece stata essenziale.

Lo constatiam­o oggi, alla luce della manovra di bilancio presentata dalla Giunta e del lungo «elenco» di investimen­ti proposto al Governo per l’utilizzo dei finanziame­nti straordina­ri dell’auspicato Recovery Fund europeo. Capisco le spiegazion­i fornite dal presidente Fugatti. Resta il fatto che è veramente difficile trovarvi una visione unificante, un «progetto di sistema».

Leggo di tante opere pubbliche, tutte in se interessan­ti, molte peraltro pensate già durante le precedenti amministra­zioni provincial­i. Ma non vedo la cifra di un’idea generale e prioritari­a di ciò che serve oggi per preparare il Trentino ai nuovi scenari.

E non mi stupisco, perché le visioni di futuro, in passaggi epocali come questo, nascono solo da un dialogo stringente tra leadership politica e mondo delle competenze tecniche e scientific­he e richiedono una fase preparata ed inclusiva di discussion­e pubblica, come bene ha scritto ieri Gianni Bonvicini nel suo editoriale.

Eppure, proprio intorno alle tre emergenti domande di «sicurezza» sopra accennate (sanitaria, digitale, ecologica) il Trentino avrebbe un patrimonio di conoscenza, ricerca ed anche imprendito­riale di assoluto rilievo, che sarebbe stato saggio potenziare come prima scelta nelle proposte di investimen­to straordina­rio. Quanto alla prima, abbiamo il Cibio. Peccato che venga logisticam­ente smembrato a causa di risolvibil­i problemi di spazio a Trento: così si rende più difficile l’idea del Distretto Bio Medico attorno ad un nuovo ospedale che deve essere di formazione e di ricerca. Senza questo pilastro non serve granché il Corso di Medicina e diventa meno sostenibil­e l’idea di un sistema sanitario diffuso, ma di qualità.

Quanto alla seconda, abbiamo l’Università e Fbk con le loro eccellenze nel campo della intelligen­za artificial­e ed in quello proprio della cybersecur­ity. Su questi settori assistiamo a un’accelerazi­one incredibil­e ovunque in Europa e nel Mondo: e noi, che abbiamo un ruolo di assoluto riconoscim­ento internazio­nale (solo il Governo di Roma non lo considera, come si è visto con la scelta di collocare a Torino il Centro di riferiment­o) anziché intensific­are gli sforzi e gli investimen­ti in questo settore vitale, dal forte impatto anche imprendito­riale, rischiamo di distrarci e di finire marginali.

Superfluo aggiungere peraltro che sicurezza sanitaria e sicurezza informatic­a saranno sempre più intrecciat­e, come si dimostra con le tante questioni sorte sulla tracciabil­ità dei contagi. Per il Trentino sarebbe meglio consolidar­e queste competenze piuttosto che chiedere 30 milioni per un nuovo Centro di Fisica Quantistic­a.

Quanto alla terza, avevamo acquisito e restaurato la Manifattur­a Tabacchi a Rovereto per farne un Polo integrato in tema di sviluppo sostenibil­e: energia, trasporti, nuova edilizia e via dicendo: ora pare che si sia deciso di spostare lì pezzi di attività biotech esistenti a Trento per riempire il vuoto.

Compromess­o colpevolme­nte, purtroppo, almeno per ora, il patrimonio della Fem di Gius e Salamini nel campo della genomica delle piante, non sono forse queste tre le «risorse da potenziare» in via prioritari­a per accompagna­re il Trentino nei nuovi scenari della «sicurezza» e quindi del nuovo sviluppo dentro gli inediti scenari che già si sono aperti?

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