Viaggio al termine della notte
La parola «crisi» porta in sé molti significati: difficoltà, sorpresa, frattura, cambiamento. Ma nel suo essere più profondo, richiama concetti come scelta, decisione, e si configura come una separazione tra un prima e un dopo. E la pandemia che stiamo vivendo è una crisi in cui il confine tra «prima e dopo» sarà segnato dai vaccini.
L’immunologa Antonella Viola, professore di Patologia Generale al Dipartimento di Scienze Biomediche all’ateneo di Padova e direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Pediatrica della Città della Speranza, inizia da oggi per il Corriere del Trentino la rubrica settimanale «Fascia Viola». Uno spazio libero in cui la docente tratterà i temi della pandemia e post pandemia, nelle sue declinazioni scientifiche e più complessivamente sociali, di vita quotidiana, di prospettiva, tra domande e percorsi.
I vaccini sono una delle più grandi scoperte dell’umanità. L’eterna lotta tra ospiti e patogeni, che per lunghissimi anni si è giocata sul piano dell’evoluzione, grazie all’ingegno umano ha potuto trasferirsi su un terreno a noi più congeniale, quello della conoscenza. Da quando un medico di campagna, Edward Jenner, verso la fine del 1700, intuì che il virus del vaiolo bovino (vaccino, da vacca) poteva generare una sorta di immunità nei confronti del più temibile virus del vaiolo che colpiva gli uomini, dando inizio alla pratica di quella che lui stesso chiamò «vaccinazione», i vaccini hanno cambiato il nostro mondo e contribuito a raddoppiare la durata della vita media dell’uomo. Il vaiolo, grazie agli sforzi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei governi di tutto il mondo, è stata la prima malattia della storia a venir dichiarata completamente eradicata. Uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità ha stimato che in Italia, fino al 2012, le sole tre vaccinazioni contro difterite, tetano e poliomielite hanno salvato più di 70.000 vite. Nel mondo, dal 2000, la vaccinazione contro il morbillo ha evitato oltre 20 milioni di morti.
Ecco perché, quando a marzo siamo stati travolti da questo nuovo coronavirus, ci siamo tutti rivolti alla scienza chiedendo un aiuto: un vaccino anti-COVID-19. E la scienza non ci ha traditi. In meno di un anno dalla scoperta del nuovo SARS-CoV2, diversi vaccini sono oggi in fase avanzata di sperimentazione o, come nel caso del vaccino Pfizer, in attesa di autorizzazione. La fine della sperimentazione di fase III della Pfizer è stata la prima vera buona notizia di un anno terribile. E, sebbene la prudenza sia d’obbligo perché le agenzie regolatorie deputate a valutare la sicurezza e l’efficacia del vaccino non si sono ancora espresse, per la prima volta abbiamo potuto iniziare a dare un orizzonte temporale, seppur non immediato, al termine della notte. Se tutto andrà bene, a fine gennaio dovrebbero arrivare le prime dosi per il personale sanitario e gli anziani nelle Rsa. Se tutto andrà bene, entro l’estate altre persone saranno vaccinate, con le priorità che il governo dovrà identificare. L’estate è lontana, soprattutto per chi più duramente è stato colpito dalla crisi, ma non lontanissima. Rispettando le regole, facendo tutti la nostra parte, si potrà cercare di tenere sotto controllo il numero dei contagi, limitando i danni economici e sociali. E se il governo non si sottrarrà al suo compito di dare sostegno alle categorie di lavoratori più colpiti, il viaggio al temine della notte sarà duro, scomodo, doloroso ma affrontabile.
Ciò che può rendere il viaggio impossibile è, invece, la sfiducia nella scienza. Se non ci sarà un’ampia adesione della popolazione alla vaccinazione, tutti gli sforzi fatti finora saranno vani. Il vaccino non è un farmaco da dare a chi è malato, ma uno scudo protettivo per la collettività che funziona solo se non ha crepe. E per non generare crepe, per tornare tutti alla vita normale, per svuotare gli ospedali e riempire nuovamente piazze, cinema e musei è necessario fidarci della scienza e vaccinarci. Quando il vaccino arriverà, sarà sicuro ed efficace perché non sarà il frutto di pochi mesi di lavoro, come sostengono malignamente coloro che ne mettono in discussione la qualità, ma di oltre 200 anni di conoscenza e sperimentazione in questo ambito. Ricerca che non si è mai fermata da quando quel medico di campagna ci ha mostrato la strada per terminare la notte.
Il vaccino non è un farmaco da dare a chi è malato, ma uno scudo protettivo per la collettività che funziona solo se non ha crepe