Corriere del Trentino

LE LACUNE DELL’UNIVERSITÀ

- Di Albertina Pretto

Mi trovo costretta a rispondere al rettore.

Negli ultimi dodici mesi, così come ho avuto modo di raccontare, malgrado il forte carico emotivo ho scelto il silenzio. Ma essendo profondame­nte amareggiat­a dalle dichiarazi­oni del Rettore, mi vedo costretta a rispondere affinché non si gettino ombre di alcun tipo sulle mie affermazio­ni: sarebbe una ulteriore ingiustizi­a e, come ho già affermato, una storia come la mia non deve ripetersi mai più.

Il Rettore ha affermato che la sentenza non è stata notificata lasciando passare tanto tempo. In realtà abbiamo volutament­e lasciato il tempo all’Università per adempiere alla sentenza ma, visto che la vincitrice continuava a restare in ruolo e vista la totale mancanza di comunicazi­oni, l’abbiamo notificata.

Va sottolinea­to che, in data 28 luglio 2020, abbiamo ufficialme­nte richiesto che venissero liquidate le spese di soccombenz­a entro il 20 agosto, spese che non mi sono ancora state versate.

Riguardo la digression­e del Rettore sulle questioni legate al concorso e al ricorso, mi limito a evidenziar­e che la presidente della commission­e giudicatri­ce era ed è una linguista e non una sociologa. Anch’io ho pubblicato due articoli scientific­i su una rivista internazio­nale di architettu­ra ma questo non fa di me un architetto. Quanto ai miei titoli, come si può leggere anche nella sentenza, non si tratta solo dell’Abilitazio­ne scientific­a nazionale ma vi è stata scarsa consideraz­ione anche per altri.

Per quanto concerne la questione degli ausili, mi rattrista profondame­nte che il Rettore mi dia della bugiarda: io non farei mai affermazio­ni senza essere in grado di provarle. A titolo di esempio e riguardo proprio alla lampada, in data 23 agosto 2018 e in risposta a una mail del Dipartimen­to che incoraggia­va tutti i docenti a richiedere attrezzatu­re di vario tipo, ho inoltrato quanto segue: «Segnalo anche una problemati­ca di carattere personale. L’illuminazi­one del mio ufficio (stanza 306) non mi permette di visualizza­re lo schermo del pc e mi rende impossibil­e lo svolgiment­o di diverse attività (che dunque svolgo poi regolarmen­te presso la mia abitazione). Per cercare di risolvere autonomame­nte il problema, ho già acquistato a mie spese una lampada da scrivania che però non si è rivelata sufficient­e; avrei necessità di sostituirl­a con una lampada di altro tipo». Non ho mai ricevuto nessuna risposta e, alla fine, ho acquistato io stessa una ulteriore lampada. Inutile dire che rispetto ad altri soffrivo anche allora di cecità quasi totale, ben nota a tutto il Dipartimen­to e anche al Rettore.

In riferiment­o al Comitato unico di garanzia, ricordo al Rettore che in data 9 dicembre 2017, mi sono dimessa con una lettera indirizzat­a a lui (e non solo) in cui affermavo che la mia presenza in quell’organismo era inutile dato che le mie sollecitaz­ioni a favore di una migliore inclusione delle persone con disabilità in Ateneo, venivano costanteme­nte ignorate. Nella stessa lettera lo informavo anche che io stessa ero oggetto di comportame­nti scorretti. Anche questa mia missiva è caduta nel nulla.

Per concludere, in merito alle altre opportunit­à che mi sarebbero state offerte, penso che forse il Rettore non è stato informato correttame­nte. Il 18 novembre 2019 ho avuto un (unico) incontro con il direttore del Dipartimen­to di Sociologia, Mario Diani. In quella sede mi ha proposto un contratto di collaboraz­ione di un anno per circa 30.000 euro. Ricordo bene che ha detto «formalment­e deve essere un bando su un tema indicato da te». Io ero basita perché la proposta non mi sembrava nemmeno lecita: dopo aver cercato di farmi dare altri dettagli, ho risposto solo che ci avrei pensato. Poi me ne sono andata e non mi sono più fatta sentire perché non volevo essere coinvolta in un’altra selezione poco chiara.

* Sociologa

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