Con la didattica digitale per le scuole superiori ora i bus sono vuoti
Il dirigente Andreatta: capienza al 20-30%
TRENTO Sembra domenica, ma non lo è. Gli autobus che passano in piazza Venezia e si fermano lentamente alla fermata davanti al Cinema Modena tra le 12.30 e le 13.15 sembrano muoversi in una dimensione temporale diversa da quella del traffico automobilistico del resto della città. Il paradosso è presto spiegato: mancano i ragazzi liceali, rimasti a casa con la didattica a distanza.
«Di solito qui davanti è una distesa di ragazzi — racconta un uomo al chiosco dei kebab — Ora passano solo i pochi che hanno i laboratori, è tutto diverso». L’impressione è confermata anche dai numeri di Roberto Andreatta, dirigente generale della mobilità della Provincia di Trento: «Dopo la Dad siamo passati dal 6070% di occupazione dei posti su bus, corriere e treni a una quota che oscilla tra il 20 e il 30%». Il 10 novembre, secondo giorno di entrata in vigore della Dad per tutte le scuole superiori, l’indice di carico massimo a Povo sul servizio ferroviario era del 35,31%, con tassi analoghi su gomma.
Alessandro e Michael hanno 19 anni e frequentano l’ITT Buonarroti di via Brigata Acqui. Sono due di una classe di 17 ragazzi, tornati eccezionalmente a scuola un giorno per quei laboratori pratici che erano stati sospesi durante la prima ondata e che ora sono stati mantenuti in presenza. «La differenza è abissale — confermano mentre con i compagni si avviano alle rispettive fermate tra via San Francesco e Port’Aquila — Non ci avviciniamo nemmeno alla situazione pre-Covid né tantomeno a quella di settembre e ottobre. Abbiamo un’idea piuttosto completa della situazione perché alcuni di noi prendono linee urbane, altre salgono sulle corriere extraurbane. Ora c’è davvero pochissima gente».
Il controllo operato da Trentino Traporto è attento e visibile: sui due lati della piazza due controllori sono stati incaricati a monitorare le presenze su ogni singolo bus. Orario, matricola, linea e numeri delle persone presenti si inanellano rapidamente in un elenco che segna su carta quello che è già chiaro a una prima occhiata. Quattro persone, otto, in pochi casi si sale sopra i 15 passeggeri a bordo di mezzi che potrebbero caricarne fino a 50 e che a pieno carico in epoca non Covid avrebbero trasportato più di 100 persone.
Dagli Artigianelli in piazza Fiera arriva un piccolo gruppetto di ragazzi tra i 15 e 16 anni. Sono Miriam, Valentina, Ludovica, Christian, Gregorio, Maddalena e Michele, compagni di classe del secondo anno all’istituto delle arti grafiche. Anche loro sono tornati in sede solo per i laboratori che, raccontano, sono stati organizzati per piccoli gruppi in modo da gestire ancora meglio il distanziamento. «Quando sono salita sull’autobus questa mattina è stato incredibile — racconta Valentina, che abita al capolinea sud — non c’era nessuno. Lungo il tragitto è salito qualcuno, ma l’autobus resta sempre vuoto». Una condizione di estrema sicurezza sanitaria ottenuta al prezzo, altissimo, di costringere migliaia di ragazzi a seguire le lezioni a distanza. «Da marzo in poi Trentino Trasporti ha analizzato la provenienza di 24mila studenti delle superiori — spiega Andreatta — Per gradi e affinamenti progressivi si è pervenuti a una offerta di servizio per il trasporto di tutti, soprattutto garantendo ai 19mila della periferia, con 2000 corse al giorno, la possibilità di andare a scuola tutti in presenza con un grado di occupazione dei mezzi non superiore al 65%, ovvero senza occupare posti in piedi. Nel caso in cui fosse concesso dal governo nazionale di riavviare la scuola in presenza negli Istituti superiori al 50 per cento, i mezzi di trasporto pubblico sarebbero del tutto sufficienti a garantire un coefficiente di riempimento non superiore al 50%. E anche il 65% non sarebbe certo stato assembramento. Ma al Governo non è bastato. Devo dire che l’onda di giudizio negativo che ha travolto il trasporto in tutta Italia non era giustificata, soprattutto con il potenziamento proposto qui in Trentino». Sarebbe stato dunque possibile trovare una soluzione intermedia tra sicurezza sui trasporti e diritto allo studio. «Noi lavoriamo per i ragazzi — commenta un’autista — Che siano gli studenti liceali o quelli che salgono a Povo all’università sono loro il nostro obiettivo principale. È strano non vederli più. Il problema stanno diventando le persone anziane. Alcuni salgono sull’autobus vicino a casa e ci rimangono per ore, arrivando fino al capolinea e poi facendosi portare indietro. Lo fanno perché non vogliono stare a casa ma fa freddo per camminare, anche se sono proprio loro che non dovrebbero esporsi a rischi inutili».