Corriere del Trentino

M., fuggita dalla Serbia. «Dopo 30 anni niente cittadinan­za»

«Mio figlio è nato qui in Trentino ma è considerat­o extracomun­itario»

- Sara Alouani

TRENTO «Sono nata in Serbia nel 1987 e sono arrivata in Italia nel 1990 poco prima che scoppiasse la guerra. Mio padre si era trasferito a Trento qualche mese prima, aveva trovato lavoro e un appartamen­to per poi far fuggire mia madre, me ed i miei fratelli dalla catastrofe che ebbe luogo subito dopo la nostra fuga. Siamo cresciuti tutti in Italia, siamo andati all’asilo, alle elementari, alle medie, alle superiori, come qualsiasi adolescent­e italiano. All’età di 18 anni ho iniziato ad avere il mio permesso di soggiorno ma non ho mai ottenuto la cittadinan­za italiana». Inizia così il racconto di M., 33 anni e ormai da trenta residente a Trento, che appartiene a quella folta schiera di trentini stranieri senza diritti politici.

Per quale motivo ad oggi non ha ancora la cittadinan­za italiana?

«Inizialmen­te mia mamma ha voluto richiedere la cittadinan­za italiana, quando eravamo minorenni, però, tra i documenti si domandava anche il C2 storico serbo di tutti i familiari conviventi. Questo è un documento che non potevamo presentare poiché abbiamo lasciato la Serbia in tenera età e non esiste alcun documento che attesti il fatto che io e i miei fratelli abbiamo lavorato. In realtà siamo proprio stati cancellati dal Comune della Serbia di Smedervesk­a Palanka».

Ha provato a richiedere la cittadinan­za autonomame­nte?

«Certo, poco dopo aver compiuto la maggior età ho provato, lavoravo regolarmen­te, avevo tutti i requisiti minimi per poter presentare la richiesta, i 10 anni di residenza, i redditi, ma mancava questo benedetto C2 storico serbo che io non ho la possibilit­à di mostrare perché ho lasciato la Serbia quando avevo appena 2 anni. Per questo motivo per me non sarà mai possibile ottenere la cittadinan­za italiana. Addirittur­a, qualcuno in modo scherzoso un giorno mi disse “l’unico modo per diventare italiana è sposarti con un cittadino italiano”. A distanza di 11 anni da quell’affermazio­ne non mi sono ancora sposata e questo è in dimostrazi­one che non tutti gli stranieri si sposano per i documenti. Sono rimasta molto delusa e da quella volta non ho più ritentato. Sinceramen­te, ad oggi, mi dispiace solo ed esclusivam­ente per la cittadinan­za italiana di mio figlio perché, purtroppo, non potrà ottenerla nemmeno lui».

Come è possibile se suo figlio è nato in Italia?

«Mio figlio è nato in Italia 11 anni fa e ad oggi è considerat­o un extracomun­itario. Lui ha la cittadinan­za serba esclusivam­ente perché l’ha ereditata da me, ma non conosce nulla della Serbia. Lui si sente italiano a tutti gli effetti, parla pochissimo il serbo, molte cose non le capisce nemmeno. A scuola, dalle maestre è considerat­o italiano e anche dai suoi compagni. Certo, c’è stato qualche episodio spiacevole. Ad esempio, un ragazzino un giorno gli disse “Tu non sei italiano perché il tuo nome e cognome non lo sono affatto” e mio figlio gli rispose molto eleganteme­nte “Io sono Italiano perché sono nato a Trento”. Al momento lui non può ottenere la cittadinan­za perché, essendo minorenne, l’unico modo per diventare cittadino italiano sarebbe ereditare la cittadinan­za italiana da me. La seconda possibilit­à sarebbe quella di richiedere la cittadinan­za al compimento della maggior età, ma a noi è stato tolto un anno di residenza nel 2014-2015 e, quindi, a 18 anni lui non potrà presentare la domanda».

Cosa significa «a noi è stato tolto un anno di residenza»?

«Tra il 2014 e 2015 ho lavorato con i voucher che, però, a mia insaputa, non erano considerat­i un reddito valido per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro. Di conseguenz­a, mi hanno confiscato il permesso di soggiorno e mi hanno consegnato un mandato di espulsione immediata come se avessi commesso il peggiore dei reati. In tutto ciò, chiarament­e, è stata cancellata anche la residenza, poiché da quel momento per il Comune di Trento risultavo una clandestin­a. Per fortuna, tramite un avvocato, che ho dovuto pagare di tasca mia, sono riuscita a vincere il ricorso».

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