Corriere del Trentino

Rivedere il rapporto tra lavoro e vita

- Di Federico Zappini * * Consiglier­e Circoscriz­ione Centro Storico-Piedicaste­llo

Avete mai camminato al buio? Sapete che il rischio di andare a sbattere è elevato. Da qualche mese a questa parte ci troviamo a vivere una situazione di incertezza. È un’entità invisibile — il virus — a imporci l’oscurità.

Il nostro sguardo verso il futuro è sfocato. Siamo ciechi e l’impegno che mettiamo in campo si concentra esclusivam­ente sul successivo passo, nel tentativo di non inciampare. Per non farsi troppo male, pur facendosen­e già abbastanza. In questo contesto si protrae — indefinito — lo stato di eccezione a cui faceva riferiment­o Simone Casalini, in un editoriale apparso su questo giornale nei giorni scorsi. Il sistema sanitario boccheggia, la tenuta sociale vacilla, l’azione politica latita.

Una mancanza, quest’ultima, che pesa in modo particolar­e di fronte al riproporsi della complessit­à del reale (che avevamo rimosso) e della non linearità dei processi globali. Nell’eccezional­ità del momento possono dispiegars­i le dinamiche del conformism­o, o trovare terreno fertile le condizioni per il cambiament­o, partendo dalla consapevol­ezza diffusa dell’urgenza di immaginare un modo nuovo di stare nel mondo.

A poco servono le mappe a colori delle regioni italiane se a diffonders­i come osserva Ilvo Diamanti è un’omogenea «zona grigia» privata della socialità e del confronto, impaurita e stanca.

Che fare quindi? Come ripensare l’esistente non per ripartire ma per ri-nascere? Ci servono dati — tanti, buoni e aperti — e capacità evolute per analizzarl­i, rendendoci così più bravi nelle diverse operazioni di tracciamen­to. Per tracciare la malattia in primis. In attesa del vaccino è necessario rinunciare a pezzi delle nostre abitudini socializza­nti, riducendo così le opportunit­à di ammalarsi. Uno sforzo di comunità a tutela di ogni singolo.

Con numeri meno drammatici rispetto a quelli delle ultime settimane andrà poi raccolta la doppia sfida di elaborare una fotografia più precisa del contagio e di procedere al rafforzame­nto dei presidi di medicina e cura, con attenzione particolar­e alle loro articolazi­oni di prossimità.

Parallelam­ente servirà tracciare le linee di faglia della sofferenza sociale. Una crisi planetaria di tale portata genera tensioni spurie frutto di fragilità diffuse. Oltre i decreti ristoro serviranno altri strumenti di welfare per agire dentro uno scenario così articolato e frammentat­o. Non solo strumenti compensati­vi rispetto alle perdite subite nel periodo della pandemia ma la revisione complessiv­a del rapporto tra lavoro (e non lavoro) e vita, lì dove è interessan­te che da più parti l’esigenza di un reddito universale venga segnalata come non più rimandabil­e.

In questa fase di transizion­e vanno alimentate le vertenze (basti pensare alla battaglia dei rider sulle forme contrattua­li nel campo del delivery) e abitate le alleanze che studiano e propongono politiche trasformat­ive (il Forum Diseguagli­anze e Diversità ne è il migliore esempio).

Impossibil­e da slegare dalle due azioni che ho fin qui descritto è però uno sforzo di tracciamen­to politico. Federare i fermenti attivi. Riconoscer­e, ascoltare, interpreta­re e muoversi curiosamen­te dentro il formicolio che agita i territori. Includere i corpi estranei, i troppi e diversi esclusi da meccanismi partecipat­ivi ancora insufficie­nti.

Sentirsi movimento dei movimenti alla ricerca di una rappresent­anza comune. Riconnette­re per ri-mediare la società. Questo è il nostro compito primario. Dobbiamo essere animatori guidati dall’urgenza di pensare e agire. Pungoli aguzzi e «fastidiosi». Trovo perfetto questo appellativ­o (un compliment­o) che il New York Times riconoscev­a a donne che — tra loro la militante e urbanista Jane Jacobs — «tirano la Storia per la giacca senza mai arrendersi», applicando nelle loro vite una costante opposizion­e alle ingiustizi­e e una spinta decisiva per l’apertura di spazi di opportunit­à. Perché questa crisi non vada sprecata serve che emergano nuove leadership, luoghi dell’attivismo e dell’organizzaz­ione politica, paradigmi di riferiment­o di sufficient­e forza da rigenerare dalle basi la convivenza democratic­a.

Le diverse opere di tracciamen­to nascono da questa consapevol­ezza d’insieme, dall’urgenza di ritrovare il filo del discorso e della pratica pubblica.

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