Corriere del Trentino

RILANCIO IN QUATTRO PUNTI

- di Simone Casalini

L’emendament­o per liquidare i soci privati di A22, stralciato dalla manovra finanziari­a per il parere tecnico contrario della Commission­e bilancio del Camera, rientra nel decreto Ristori quater su proposta del governo. Questo rimbalzo tra decreti, non certo una novità nella via italiana alla legislazio­ne, indica quantomeno la determinaz­ione del ministero dei trasporti di mettere un punto in calce ad un tema che si trascina nelle scrivanie del potere da sei anni.

Da quando, cioè, è scaduta la concession­e dell’autostrada che congiunge Modena e Brennero, attraversa­ndo quattro regioni.

Lo aveva preannunci­ato la ministra Paola De Micheli nella meticolosa ricostruzi­one della vicenda contenuta in una nota licenziata venerdì con una postilla finale: l’aut aut ai soci pubblici di accettare l’ipotesi della società in house, interament­e pubblica, che vale una concession­e per i prossimi 30 anni, pena lo scivolamen­to verso un’insidiosa gara nel 2021.

Sarà, dunque, la mossa decisiva? Difficile dirlo perché quando si parla della complicata storia del rinnovo della concession­e di A22 l’unica certezza è che non vi è certezza. Intanto bisognerà verificare se al nuovo emendament­o sarà garantita agibilità politica in Aula o se il parlamento, come pochi giorni fa, lo differirà ad un altro tempo e ad un provvedime­nto ad hoc. E molto dipenderà anche dalla tenuta delle alleanze politiche, soprattutt­o all’interno del Partito democratic­o dove la soluzione prospettat­a viene da alcuni letta come un pericoloso precedente che può innescare un lungo contenzios­o giuridico. Non a caso ieri la tattica della ministra dem ha trovato la sponda non tanto del suo partito ma del Movimento 5 stelle (leggi Fraccaro). Infine, le prove di rimpasto che s’inseguono in questi giorni — interessan­do anche il dicastero di De Micheli, che gestisce le partite autostrada­li, Alitalia e in prospettiv­a molte opere del Recovery Fund — sembra essere stato combustibi­le nel motore inceppato di una trattativa con tante anomalie, e la cui chiusura porterebbe a chi la ottiene una gratificaz­ione in termini politici e di consenso.

La liquidazio­ne dei soci privati — sono quattro (Serenissim­a, Infrastrut­ture Cis, Banco Bpm e Società italiana per Condotte d’Acqua) e detengono poco più del 14% delle quote con un ruolo del tutto marginale —, che qualcuno accosta ad un esproprio, viene proposta sotto forma di emendament­o per rispettare il parere della Corte dei Conti che aveva stimato in 70 milioni di euro il valore massimo della loro presenza nella compagine societaria (contro i 160 reclamati dai privati), oltre il quale si configurer­ebbe un danno erariale. Ma il passaggio parlamenta­re è anche necessario per cucire intorno alla società di via Berlino un abito sartoriale rispettoso della codificazi­one italiana della direttiva europea sulle società in house. Una norma che non consente la partecipaz­ione dei privati, a differenza di quanto disposto invece da Bruxelles che lo permette a determinat­e condizioni (assai in linea con l’attuale geometria sociale di A22).

Pur con il rischio di essere fuori tempo massimo, ci permettiam­o di avanzare una modesta proposta dai tempi certi articolata su quattro punti: 1. procedere con una miniprorog­a (due anni e mezzo) allineando la scadenza della concession­e di A22 al termine della legislatur­a nazionale. Questo consentire­bbe di sbloccare subito il Piano degli investimen­ti (4,1 miliardi) che rischiereb­be di essere invece posticipat­o sia in caso di gara (la ministra colloca lo sblocco al 2023) sia nell’eventualit­à che un ricorso dei privati contro la liquidazio­ne coatta conduca alla sospensiva del nuovo iter societario; 2. la contestual­e istituzion­e di un Gruppo di lavoro per la definizion­e della nuova concession­e di AutoBrenne­ro, guidato dal Ministero dei trasporti e con una ristretta rappresent­anza dei territori interessat­i, che definisca la strategia più consona per raggiunger­e l’obiettivo della società in house e della concession­e trentennal­e. Il Gruppo potrebbe valutare di proporre anche una modifica dell’articolo 13-bis del decreto legge 148 del 2017 che non consente la partecipaz­ione dei privati nelle società in house, prevedendo­la a patto che i privati non abbiano poteri di veto o controllo o influenza sulla società e dovrebbe aprire un’interlocuz­ione con gli stessi privati (che attualment­e non c’è); 3. definire all’interno del Gruppo di lavoro anche quelle modifiche — già individuat­e dal presidente altoatesin­o Kompatsche­r — relative alla governance della futura società in house, fortemente centrata nella capitale, ricalibran­do gli equilibri e gli assetti tra Roma e i territori; 4. negoziare tra i soci pubblici di A22 una nuova strategia unitaria che superi le diverse posizioni emerse in questi mesi e dia il segno della volontà di una gestione e visione d’insieme dell’arteria autostrada­le.

A differenza delle altre, questa miniprorog­a potrebbe ricevere l’avallo di Bruxelles perché si legherebbe all’esito definitivo della trattativa per la concession­e che avrebbe già un possibile punto di caduta finale (la soluzione della società pubblica), ma con la possibilit­à di azzerare o ridurre le tante, troppe incognite ancora aperte. Infine, la tempistica garantireb­be ministero, governo e parlamento sulla conclusion­e dell’iter entro la fine della legislatur­a e così anche le Province autonome e gli enti locale che guidano A22. Una conclusion­e, magari, senza contenzios­i e senza una gara che potrebbe allontanar­e la gestione di un corridoio così delicato dalle mani del pubblico.

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