Corriere del Trentino

Spini diventa carcere Covid: in arrivo 34 detenuti

- Nicola Chiarini

La casa circondari­ale di Spini di Gardolo individuat­a come struttura per ospitare detenuti positivi al Covid19, in esubero da altri carceri del Triveneto. Trento dovrebbe accogliere fino a 34 tra donne e uomini ristretti, con esigenza di sorveglian­za di media sicurezza, integrando gli altri 34 posti previsti a Rovigo per soli uomini, con sorveglian­za media e alta. Una prospettiv­a che preoccupa la Fp Cgil Polizia penitenzia­ria che ha già scritto una lettera ufficiale ai vertici della Direzione dell’amministra­zione penitenzia­ria (Dap) a Roma che, presto, dovrebbe essere integrata da una comunicazi­one al Commissari­o del governo, Sandro Lombardi, e al sindaco, Franco Ianeselli. L’ipotesi sarebbe delineata nel Piano operativo per la prevenzion­e e il contenimen­to dell’emergenza sanitaria varato, a quanto riferiscon­o in Cgil, lo scorso 23 novembre senza alcun confronto con le organizzaz­ioni sindacali. «Questa proposta è da bocciare — spiega Gianpietro Pegoraro, coordinato­re in Veneto di Fp Cgil Polizia penitenzia­ria — a tutela tanto di noi lavoratori, quanto delle persone detenute. Non ci risulta che a Trento vi siano né sezioni attrezzate con ventilator­i, né il supporto di sufficient­e personale infermieri­stico». Le strade da percorrere per proteggere la salute di chi vive il carcere sono altre, secondo il dirigente sindacale. «Noi agenti — prosegue Pegoraro — se risultiamo positivi non dobbiamo in alcun modo spostarci da casa. Non capisco perché un detenuto, invece, possa essere spostato anche con lunghi tragitti, per esempio, da Trieste a Trento. Credo vadano studiati piani specifici, territorio per territorio, con le Asl di riferiment­o. Nel contempo, i detenuti che hanno maturato i requisiti per accedere a benefici o a misure alternativ­e alla carcerazio­ne, siano avviati a quei percorsi». Peraltro, l’affidament­o dei detenuti agli ospedali risulta spesso problemati­co, dato che i reparti non sempre sono attrezzati per contempera­re le esigenze di cura e sorveglian­za del paziente, che deve essere seguito anche in struttura sanitaria da poliziotti penitenzia­ri.

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