Corriere del Trentino

Porfido, Fillea e Filca:«La legge non si tocchi»

No alla deroga voluta dalla giunta per «scaricare» i cavatori della lavorazion­e del grezzo

- Mar.Mo.

TRENTO È un no deciso a qualsiasi deroga che rischiereb­be di mettere a rischio posti di lavoro stabili nelle cave di porfido e la trasparenz­a dell’attività estrattiva, quello pronunciat­o ieri da Fillea Cgil e Filca Cisl. Oggetto del contendere, la legge provincial­e 1 sulle cave, risalente al 2017, a cui i sindacati vorrebbero dare piena attuazione, mentre l’assessore allo sviluppo economico Achille Spinelli si starebbe muovendo per rivedere alcuni passaggi relativi non tanto all’attività estrattiva, quanto alla lavorazion­e del grezzo.

La legge, nella sua interezza, «ha già tutti gli anticorpi per governare il settore», sostiene Maurizio Zabbeni (Cgil). Da qui il no alla proposta della Provincia di andare controcorr­ente rispetto a quanto definito dal testo. Infatti, la norma prevede l’obbligator­ietà per le concession­arie di lavorare in loco un 80% del materiale. Solo il 20% del materiale estratto può essere affidato a artigiani esterni per la lavorazion­e. Al momento, però, «solo la metà viene lavorata dalle ditte concession­arie», denunciano i sindacati, palesando la scarsa attuazione della norma, che dal primo gennaio 2021 dovrebbe avere piena attuazione.

Ma la giunta provincial­e ha in serbo una deroga per cambiare le carte. Andando così a «sgravare» le ditte , cambiando il rapporto nella misura di 60-40. Dunque, aumentando la soglia consentita di esternaliz­zazione del grezzo. Un escamotage che permetterà alle imprese del comparto «di diminuire il numero di occupati sulla seconda lavorazion­e, subappalta­ndo gli incarichi agli artigiani», spiega Moreno Masoci righetti (Fillea Cgil). Il motivo è semplice:«Per gli artigiani il costo del lavoro è inferiore», chiarisce Fabrizio Bignotti (Filca Cisl). Ed è per questo che i sindacati non ci stanno. «Nella seconda lavorazion­e c’è assoluta necessità di intervenir­e e applicare il contratto integrativ­o nazionale. Perché le misure per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori sono ancora carenti», continua il sindacalis­ta di Fillea Cgil. I lavoratori con un contratto da dipendenti, nella lavorazion­e del porfido, sono circa 200 al momento.

Per i sindacati consentire di esternaliz­zare la lavorazion­e del 20% di materiale estratto, come previsto dalla legge, è largamente sufficient­e. A Piazza Dante, pertanto, si richiede di far quadrare norma del 2017. «Quella norma, fortissima­mente voluta dai lavoratori e dai sindacati, ha introdotto principi fondamenta­li per contrastar­e l’irregolari­tà, per limitare il conflitto d’interessi e per tutelare la dignità del lavoro. Rappresent­a dunque un argine all’illegalità che ha messo le mani sul settore e va applicata nella sua interezza», affermano i sindacati. Le modifiche annunciate dalla giunta, spiegano Fillea e Filca, «appaiono surreali in un momento in cui il comparto ha dimostrato tutta la sua fragilità sul piano della legalità». Il riferiment­o è all’inchiesta Perfido, che ha portato alla luce una gestione opaca e diverse illegalità nel mondo dell’oro rosso trentino.

Alla giunta viene chiesto di valorizzar­e una norma portatrice di «clausole sociali volte a garantire la continuità occupazion­ale e retributiv­a nel cambio di concession­ario e l’obbligo di applicazio­ne del contratto di riferiment­o nazionale e provincial­e».

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