SCUOLA, GLI EFFETTI DEL COVID
La perdurante pandemia costringe tutti a limitare l’orizzonte del nostro sguardo, a osservare con insistenza i numeri della quotidianità. Confina le nostre azioni e reazioni dentro un angusto recinto e con fatica riusciamo a immaginare un futuro prossimo venturo, consapevoli che dovremo fare i conti con le conseguenze della pandemia anche dopo la sua auspicata sconfitta. Se riflettiamo, ancora una volta, sulla situazione che vivono tuttora gli studenti della scuola superiore, nuovamente affidati alla didattica a distanza, con le luci e le ombre che sono parte ineliminabile di tale esperienza, e cerchiamo di andare oltre le evidenze di cui ormai ci si occupa senza pause; se ci sforziamo di capire anche i segnali sottotraccia, i punti non illuminati, le assenze non censite, non possiamo non accorgerci della ferita dolorosa che già segna un aspetto non indifferente della vita sociale degli adolescenti. Mi riferisco a una delle conquiste più significative, recepita normativamente già con il Dpr numero 249/1998 con lo «Statuto delle studentesse e degli studenti», che di fatto ha posto le basi e promosso i successivi sviluppi per una «partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola» degli allievi.
Con quel riconoscimento finalmente diventava patrimonio condiviso l’esigenza di garantire alla componente studentesca uno spazio autonomo di iniziativa, di analisi e di lettura di propri bisogni e attese, nel rispetto di regole condivise collegialmente, ma svincolati dalla stretta tutela degli adulti, diventando parte integrante di una stagione formativa che non ha perso, nonostante vicissitudini e contraddizioni, il suo valore e necessità.
Questo spazio che, semplificando, si è realizzato nelle assemblee di classe, in quelle di istituto, nelle consulte, nei collettivi è ora congelato, non se ne parla neppure (quasi fosse un orpello oppure un fastidio di cui, meno male, ci si è potuti liberare), non ha voce. Gli adulti non si preoccupano di questa perdita, gli stessi studenti ne tengono flebile memoria. Credo che tale disinteresse non si possa giustificare solo alla luce della contingenza. Già prima c’erano segnali di una stanchezza non risolta; non sempre gli studenti eletti come rappresentanti dai compagni avevano capacità organizzativa, sensibilità politica e strumenti intellettuali per esprimere una volontà, un progetto, un’idea di scuola non convenzionale. Ma ci sono state tante esperienze e anni pieni di voglia di fare, di generosità, di partecipazione vissuta pienamente e con intelligenza. Ogni scuola poteva, attraverso questa partecipazione, definire meglio la propria storia, misurarsi con la realtà originalmente, dialogare con altre componenti scolastiche per condividere un percorso da protagonisti. La possibilità di esserci e di contare faceva premio anche sulle deficienze di alcuni comportamenti, sulla superficialità di studenti non particolarmente attenti, su trasgressioni non condivisibili e/o censurabili.
La scuola della partecipazione era una palestra attrezzata per educare a una responsabilità non solo individuale, non solo per descrivere atteggiamenti o mode. Era favorito l’impegno, la ricerca di temi non scontati, la consapevolezza che dentro la scuola potevano convivere in un equilibrio non effimero scelte difficili e momenti più rilassati, dibattito e creatività, passioni e rigore. Per tanti studenti, particolarmente motivati e in grado di guardare oltre il quotidiano, la partecipazione è stata un tirocinio vero, non una scorciatoia, verso l’essere cittadini, verso l’assunzione di successive responsabilità che superavano il dato personale per farsi volano di istanze e sentimenti diffusi e, più tardi, sono stati chiamati a incarichi onerosi facendo tesoro anche di quell’esperienza.
Ora siamo costretti a scrivere di tutto ciò usando i tempi del passato e questa forzata cifra ben rappresenta il senso di smarrimento. In questo momento prevalgono emergenza e sicurezza, presidio accidentato dei processi di insegnamento e apprendimento. Però, a partire dagli adulti che hanno a cuore la scuola e passando per gli studenti, bisogna resistere e prepararsi per ripristinare, aggiornandolo, il diritto/dovere della partecipazione attiva, un’eredità che non dovrebbe mai mancare nella stagione più critica e anche più affascinante nel cammino per diventare grandi.