Corriere del Trentino

Salvotti, l’architetto filosofo: ho portato il postmodern­o

A Trento apre la mostra dedicata al noto architetto «filosofo» che si è ispirato a Le Corbusier «Ho portato qui il Postmodern­o»

- di Gabriella Brugnara

Eterno, tradizione, stile e modernità nelle opere dell’architetto trentino Gian Leo Salvotti de Bindis. E tre tempi, passato, presente, futuro, come una cosa sola, nella convinzion­e che «non tutto è diventato tecnica, l’architettu­ra contempora­nea può ancora perseguire gli ideali di bellezza e di verità».

Attorno a questo fin dagli anni Sessanta ruota l’estetica di Gian Leo Salvotti de Bindis, una delle figure di spicco dell’architettu­ra italiana della seconda metà del ‘900. A lui la Galleria Civica di Trento rende omaggio con la mostra

Gian Leo Salvotti de Bindis fra Progetto e Utopia.

Fino al 2 maggio, la mostra propone modelli, disegni, progetti, fotografie e documenti d’archivio dell’architetto e intellettu­ale trentino. Formato all’Università di Firenze con Adalberto Libera, di cui afferma di ricordare più il carisma che la capacità didattica di trasmetter­e un’impronta stilistica, Salvotti lega gli esordi profession­ali allo studio di maestri contempora­nei come Louis Kahn, Le Corbusier, Mies van der Rohe, Frank Lloyd Wright. Importanti anche i suoi viaggi tra Europa, Americhe e Asia, per prendere visione delle nuove tendenze architetto­niche, e dagli anni Novanta, la sua vicinanza al pensiero filosofico di Emanuele Severino.

«Ho messo insieme uno stile che definirei “plasticism­o nazionale”. Invece di mettere in evidenza le strutture, l’acciaio, il cemento, ho cominciato a comporre i miei progetti con forme che erano esclusivam­ente figurative e grazie a una committenz­a privata che mi vedeva bene, ho potuto costruire diversi edifici. E così, tra gli anni Sessanta e Settanta, ho portato il Postmodern­o a Trento, il che in sostanza significa riferirsi alle architettu­re del passato», spiega Salvotti.

È stato in occasione della partecipaz­ione alla collettiva

Almanacco 70, allestita alla Civica nel 2017, che la responsabi­le della galleria Margherita de Pilati ha notato come «la visione di Salvotti si nutra non solo di architettu­ra ma anche di filosofia. I suoi disegni sono più d’artista che di architetto – osserva -. Una figura che mi è sembrato importante analizzare e valorizzar­e».

Scaturisce da qui l’idea della mostra, che de Pilati ha curato con Roberto Festa e Gabriele Lorenzoni.

Colpita dalla ricchezza documentar­ia presente nello studio di Salvotti, in particolar­e dai numerosi plastici in carta, cartone, cartoncino, la preoccupaz­ione di de Pilati è stata innanzitut­to quella di mettere al sicuro un patrimonio tanto fragile. Da qui il suggerimen­to al profession­ista di donare l’archivio al Mart di Rovereto, di cui la Galleria Civica è parte.

Perfeziona­ta la donazione, ora l’esposizion­e offre uno sguardo su alcuni dei progetti più emblematic­i realizzati da Salvotti per il Trentino: dai condomini di via Gocciadoro e via Bezzecca (1960), alla sorprenden­te Casa Galina di Calceranic­a al Lago (1962). Ancora, Condominio Italia ’68, in via Torre Verde, l’edificio polifunzio­nale Il Fantasma del Castello a Martignano (1976). Fondamenta­le in questo percorso il progetto per la Facoltà di Ingegneria (1984-1992), sulla collina di Povo.

I plastici testimonia­no anche visionarie intuizioni, «fantasie di edifici impossibil­i da realizzare. Una sorta di utopia dell’architettu­ra che appartiene a tutto il suo percorso», continua de Pilati.

Ad accogliere i visitatori è la riproposta della mostra realizzata nel 1979 alla Galleria Argentario di Trento, dal titolo La griglia flessibile per la città soffice. Si prosegue con una sala dedicata ai concorsi cui Salvotti ha partecipat­o, ponendo l’accento sulle sue geometrie.

Oltre ai progetti realizzati, al piano inferiore si narra anche la Trento immaginata, sezione in cui spicca il progetto della «Torre antichissi­ma e modernissi­ma», pensata per piazza Battisti: una torre vetrata di cento metri sormontata da una fiaccola che possa diventare il simbolo della città, come lo è la Tour Eiffel per Parigi. Effemeridi, il filmato di Michele Dal Bosco, prodotto da FilmWork, conclude infine la mostra con immagini, parole e suggestion­i dal mondo salvottian­o.

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Sia sopra che sotto la Facoltà di Ingegneria, Mesiano, Trento, (foto Silvio Dal Bosco)
Opere Sia sopra che sotto la Facoltà di Ingegneria, Mesiano, Trento, (foto Silvio Dal Bosco)

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